Iran : è morto in prigione un blogger 29enne processato lo scorso novembre con l´accusa di aver insultato i leader della Repubblica islamica e di aver fatto propaganda contro lo Stato. Questa è la politica di Ahmadinejad nei confronti degli oppositori al suo regime.
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 20/03/2009, a pag. 3, l'editoriale dal titolo " Blogger di tutto il mondo, svegliatevi! " e da La REPUBBLICA, a pag. 18, la cronaca di Vanna Vannuccini dal titolo " Iran, pugno del regime su Internet muore in cella il blogger ribelle ". Ecco gli articoli:
IL FOGLIO : " Blogger di tutto il mondo, svegliatevi! "
Si chiamava Omid Reza Mirsayafi. Dicono si sia suicidato. E’ morto ieri nella prigione iraniana di Evin. Ventinove anni, Mirsayafi era stato condannato nel novembre scorso a due anni e mezzo di carcere per attacchi al capo della Repubblica islamica Ali Khamenei. Era stato giudicato da un tribunale rivoluzionario, in un regime in cui il diritto è l’apparato della forca. Da quando è al potere Mahmoud Ahmadinejad i casi di dissenso in rete, e di repressione e giustizia sommaria, si sono moltiplicati. Accade anche in Cina, in Egitto, altrove nei confini della barbarie politica e civile. Ma nessuno in realtà pensa alle tragedie on line come a tragedie autentiche, la violenza che si abbatte sul weblog publisher in rivolta contro la tirannia ha stranamente un’altra densità rispetto alla testimonianza e al martirio di chi pubblica nella pagina scritta. Il caso di Anna Politkovskaja ha emozionato l’opinione mondiale, sebbene poi le reazioni si scontrino con il muro di gomma dell’impotenza. Quelle dei blogger dissidenti sembrano storie da playstation, non bucano né la rete né lo schermo né i giornali, e la figura del diarista elettronico in rivolta contro l’autoritarismo evoca un contesto di individualismo, di isolamento personale, di clandestinità avvolta in una sinistra trasparenza virtuale. La rete diventa una popolosissima gabbia per canarini e ogni tanto uno dei suoi abitanti cade abbattuto senza particolare strepito o scandalo. Bisogna cambiare questo andazzo. Attraverso il tam tam, il passaparola, sarebbe giusto lanciare una campagna globale di attiva e militante solidarietà politica con i blogger in lotta per la libertà civile, per i diritti umani, e spesso per la vita. La rete è il luogo del massimo contagio informativo oggi possibile, i siti scritti e audiovisivi, e i social network, stanno acquisendo un posto perfino imbarazzante o ingombrante nella vita collettiva e in quella privata, individuale, di centinaia di milioni di persone. La rete arriva dovunque, ma che cosa porta? Bisogna imparare a battere il tamburo, a emettere luce e suono oltre la cortina di sordità e di opacità di un mezzo postmoderno che non si è ancora conquistato uno statuto pieno e significativo. Come mobilitare la rete in modo efficace per colpire l’immagine e gli interessi di quei regimi che perseguitano chi abita il suo spazio: ecco una questione da affrontare, che vale almeno quanto la chiacchiera, la frivolezza e la vanità di tanti video e di tanti post.
La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " Iran, pugno del regime su Internet muore in cella il blogger ribelle "
La rivoluzione khomeinista ha appena celebrato i suoi trent´anni, ma i giovani iraniani sono su internet più che nelle moschee. Il governo di Ahmadinejad ha presentato nel luglio scorso al parlamento un progetto di legge che prevede la pena di morte per i blogger e per coloro nei cui siti web «viene propagandata la corruzione, la prostituzione e l´apostasia». Il parlamento non l´ha ancora approvato, ma nel frattempo la repressione sui blogger si è inasprita ed è culminata ieri con la morte nel carcere di Evin - per suicidio, secondo i responsabili della prigone - di un giovane blogger di Teheran, Omid Mirsayafi. Allo stesso tempo, con tipica mossa del regime che reprime in modo selettivo, in modo da non provocare una reazione generale e apparire tollerabile alla maggioranza, è stata tolta la censura su Facebook che da mesi era oscurato.
La notizia della morte di Omidreza Mirsayafi, 29 anni, è stata data dall´avvocato del giovane, Mohammad Ali Dadkhak, il quale è stato informato da un medico, compagno di prigionia del suo cliente. «Ancora la difesa non ha ricevuto una notifica ufficiale dalla prigione di Evin», ha detto il legale, che ha chiesto l´apertura di un´indagine sul decesso. Il medico gli ha detto di aver inutilmente e ripetutamente avvertito le autorità carcerarie del grave stato di salute in cui si trovava il giovane.
«Riteniamo le autortà iraniane interamente responsabili per la sua morte. Omidreza era stato ingiustamente arrestato e in carcere non ha avuto le cure necessarie», ha detto Dadkhak.
Il blogger era stato processato nel novembre scorso con l´accusa di aver insultato i leader della Repubblica islamica e di aver fatto propaganda contro lo Stato. L´Iran ha arrestato in questi mesi diverse decine di persone (le ultime 26 nei giorni scorsi) con l´accusa di complotto contro la Repubblica islamica. Rimandato a casa dopo il processo, Mirsayafi era stato poi convocato di nuovo il 7 febbraio dal Tribunale della Rivoluzione e incarcerato. Poche settimane prima era stato arrestato, durante una visita a Teheran, anche Ali Derakhshani, che è considerato il padre dei blogger iraniani, il primo che sul suo blog aveva insegnato a usare un software in persiano invece che in inglese, provocando così un´esplosione di bloggers.
Il persiano è oggi la quarta lingua del mondo su internet, sette milioni di iraniani sono regolarmente su internet e solo a Teheran ci sono più di 5.000 internet point. Aveva fatto scalpore qualche mese fa un blogger che aveva inviato una lettera aperta a Khamenei chiedendo: «Sua Santità, si è mai innamorato? Ha mai guardato il rosso di un bicchiere di vino?» Mentre un altro diceva: «La benedizione che ci ha portato la Repubblica islamica è che oggi da noi non c´è più nulla di sacro».
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