La decisione di Benyamin Netanyahu di includere nel governo Avigdor Lieberman, ha suscitato le reazioni negative di molti quotidiani. Di seguito riportiamo dalla STAMPA di oggi, 17/03/2009, a pag. 16, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo "Lieberman : i due Stati idea superata ", dalla REPUBBLICA, a pag. 4, l'articolo di Alberto Stabile dal titolo " Israele, Lieberman sarà ministro degli Esteri l´Unione europea teme per il negoziato di pace ", dal MANIFESTO, l'editoriale di Zvi Schuldiner dal titolo " Israele senza futuro " e, a pag. 11, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Accordo quasi fatto, esteri a Lieberman ", dall'UNITA', a pag. 9, un articolo e l'intervista a Yasser Abed Rabbo, segretario del Comitato esecutivo dell’Olp di Umberto De Giovannangeli dai titoli " Patto tra Likud e ultra destra. Agli esteri Lieberman " e " Sono ostili alla pace. Tutto più difficile " , e sempre a pag. 9, l'articolo di Tobia Zevi dal titolo " Sterzata in Israele " preceduti da una nostra critica. Ecco gli articoli:
La STAMPA - Aldo Baquis : " Lieberman : i due Stati idea superata "
Nel suo pezzo, Aldo Baquis afferma che Lieberman è contrario ai due Stati, mentre la proposta di Lieberman è modificare i confini dei due Stati, includendo in Israele le città abitate solo da ebrei e lasciando allo Stato palestinese quelle abitate solo da arabi. Era il progetto di Sharon, quando ha lasciato il Likud per fondare Kadima. Quindi niente di nuovo. Una proposta accettata anche da una parte della sinistra. Una soluzione logica adottata anche da altri Stati. Ecco l'articolo:
La formula della «Pace in cambio dei Territori»? È un «principio errato». Il conflitto israelo-palestinese è forse centrato su questioni territoriali ? «Ma niente affatto, questi sono assunti ormai superati». La convinzione che concessioni territoriali da parte di Israele possano favorire soluzioni negoziate con i palestinesi? «Un errore cardinale». Dalla settimana prossima, se i programmi di governo di Benyamin Netanyahu (Likud) si realizzeranno in pieno questi concetti saranno illustrati alla comunità internazionale dal nuovo ministro degli Esteri di Israele: Avigdor Lieberman, 51 anni, l’energico leader del partito di destra radicale Israel Beitenu.
Fino ad alcuni anni fa il suo partito esprimeva in particolare l’elettorato di origine russa. Ma alle elezioni di febbraio si è imposto a sorpresa dopo Kadima e Likud, con 15 seggi su 120, superando i laburisti di Ehud Barak. Una forza politica giovane e dinamica grazie alla quale Lieberman spera, se le cose andranno per il verso giusto, di vincere le elezioni del 2013 e di essere proiettato nell’ufficio del primo ministro.
Il futuro immediato è invece meno roseo. Ieri la magistratura ha annunciato che dovrà nuovamente interrogarlo per sospetti di corruzione e riciclaggio di fondi. Un’indagine che si trascina da anni ma che ha avuto, pare, recenti ed allarmanti sviluppi.
Nato a Kishinev (Moldova) Lieberman ha avuto un’ infanzia piuttosto atipica in quanto i genitori insistevano per esprimersi solo in idioma yiddish. Personaggio dalla forte connotazione fisica, si porta curiosamente dietro dall’infanzia il soprannome leggiadro di «Yvet»: un omaggio postumo alla nonna Eva.
Il flirt con la destra radicale israeliana risale all’inizio degli anni 80, nel campus universitario di Gerusalemme: prima una breve frequentazione con il gruppo anti-arabo del Kach, quindi la scelta del Likud allora guidato con mano ferrea da Menachem Begin. A lanciarlo nell’alta politica sarebbe stato Netanyahu, reduce dalle Nazioni Unite dove aveva brillantemente servito come ambasciatore.
La sinistra lo vede da sempre come fumo negli occhi. Non gli perdona le sue uscite provocatorie fra cui una proposta del 2003 (poi accantonata) per un trasferimento in massa della popolazione araba, o la minaccia - in una intervista del 2001 - di bombardare la diga di Assuan se gli egiziani muovessero guerra ad Israele. Più di recente Lieberman ha destato sorpresa quando ha dichiarato che sarebbe disposto a lasciare la propria casa nella colonia di Nokdim (Betlemme) nel contesto di accordi di pace con i palestinesi. Ma le probabilità di un trasloco sono trascurabili, perché la sua visione politica è improntata ad un abissale scetticisimo.
Il conflitto con i palestinesi, afferma, è solo un tassello di uno scontro ciclopico fra l’Islam estremo e l’Occidente: Israele ha la sfortuna di trovarsi in prima linea, ma non ne è all'origine. La coesistenza fra minoranze etniche, in questa regione, non è fattibile: occorre procedere come a Cipro, con una netta separazione geografica. Il concetto di «due Stati per due popoli» è respinto da Lieberman «perché significa uno Stato palestinese accanto ad uno Stato ebraico-arabo». Occorre allora annettere le maggiori colonie ebraiche ad Israele ed includere nella Cisgiordania zone prevalentemente arabe dello Stato Ebraico. Gli arabi che restassero comunque in Israele dovrebbero esprimere fedeltà allo Stato, «come viene richiesto ai Baschi in Spagna».
Nel cilindro del nuovo capo della diplomazia israeliana non ci sono illusioni di accordi a breve termine con i palestinesi o con la Siria, ma si trovano comunque sorprese : la richiesta di Israele di adesione all’Ue e alla Nato, sperando che essa assumere il controllo di Gaza una volta abbattuto Hamas, e un «rafforzamento delle relazioni strategiche» fra Gerusalemme e Mosca. Ieri, all’idea di dover lavorare con Lieberman, alcuni dirigenti europei hanno mostrato primi brividi. «Israele dovrà appoggiare la soluzione dei due Stati», hanno rilevato Javier Solana e Benita Ferrero Waldner, «altrimenti potrebbero esserci conseguenze». Lieberman non si sgomenta per così poco: le sue convinzioni, sostiene, sono condivise dalla maggioranza degli israeliani divenuti come lui pessimisti dopo che i ritiri dal Libano (2000) e da Gaza (2005) hanno portato non la pace ma al contrario un rafforzamento degli integralisti filo-iraniani di Hezbollah e Hamas.
La REPUBBLICA - Alberto Stabile : " Israele, Lieberman sarà ministro degli Esteri l´Unione europea teme per il negoziato di pace "
Stabile critica Lieberman, convinto che sia contrario alla nascita dello Stato palestinese. Cosa falsa. Lieberman, semmai, condivide le opinioni di molti in Israele, che oggi vedono in una possibile presa del potere in Cisgiordania da parte di Hamas un grave pericolo. In quanto alle sue dichiarazioni circa lo spostamento dei confini dei due Stati, vale quanto abbiamo scritto prima per Baquis. Ecco l'articolo:
GERUSALEMME - È uno strano patto di coalizione quello siglato nella notte fra domenica e lunedì da Benyamin Netanyahu e Avigdor Lieberman. Punto uno: il capo di Israel Beitenu (Lieberman) sarà vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Punto due: le due parti considerano la creazione di un governo di unità come un «imperativo nazionale». Punto tre (non messo per iscritto, ma fatto trapelare): se tale governo di unità vedrà la luce, Lieberman è pronto a rinunciare all´incarico di ministro degli Esteri.
Si direbbe che la tanto sbandierata maggioranza di destra, vittoriosa alle elezioni del 10 febbraio (65 deputati su 120), al momento di assumersi le proprie responsabilità abbia avuto paura di sé stessa, degli americani, della crisi economica globale e degli estremismi che covano al suo interno. Al punto che l´accordo stretto tra Netanyahu e Lieberman, anziché rappresentare il pilastro del nuovo esecutivo, ne certifica la fragilità, prefigurandone la dissoluzione.
Nulla sembra per ora indicare che Tzipi Livni, la corteggiatissima signora di Kadima che Netanyahu vorrebbe come partner di una maggioranza di unità nazionale, intenda cedere alle pressioni del leader del Likud. «Unirsi a una ristretta coalizione di governo e fare da foglia di fico per sostenere una politica diversa - ha ribadito ieri - non è certamente la cosa giusta da fare». Netanyahu, infatti, resta sordo alle due richieste della Livni: promuovere una soluzione del conflitto coi palestinesi basata sulla formula dei «due stati», e accettare il principio della rotazione alla guida del governo.
Ma più Netanyahu rende concreta l´ipotesi di dar vita a un governo della sola destra (ipotesi che ha adoperato come leva durante il negoziato) più sembra, lui stesso, non crederci. Nonostante la sua intransigenza, i segnali che il premier incaricato va raccogliendo sono scoraggianti. Un governo israeliano che respinga nei fatti, oltre che a parole, un negoziato coi palestinesi basato sulla formula dei «due stati», lo metterebbe in conflitto con gli Stati Uniti. E non solo. Anche l´Alto Rappresentante della Ue per la Politica Estera e la Difesa, Javier Solana, ha lasciato ieri intendere che l´Europa avrebbe qualche problema a trattare con un governo che non fosse pronto a continuare il negoziato. Per non dire poi dei Paesi arabi moderati, come l´Egitto, il cui ministro degli Esteri, Abul Geit, ha denunciato il pericolo rappresentato dal governo di destra, e delle proteste che covano tra gli arabi-israeliani, con il deputato Ahmed Tibi che ha invitato la comunità internazionale a boicottare Lieberman come ministro degli Esteri.
Di certo, non è facile immaginare come Lieberman potrebbe rivolgersi al suo omologo egiziano, dopo aver detto, in un accesso polemico dei suoi, che, per quanto lo riguarda, «Mubarak può anche andare all´inferno». Tanto più che raìs egiziano, assieme al re Abdallah di Giordania, è uno dei due soli leader arabi in pace con lo Stato ebraico.
Il MANIFESTO - Zvi Schuldiner : " Israele senza futuro "
Schuldiner scrive: " La fragile democrazia israeliana, nella quale i cittadini palestinesi non godono di una reale uguaglianza, potrebbe scivolare verso un sistema ancora più discriminatorio. ". La democrazia israeliana non è fragile e lo dimostra il fatto che al governo si alternano forze politiche diverse. Ecco l'articolo:
Il Likud, il partito del futuro premier israeliano Netanyahu, e il partito Israel Beitenu capeggiato da Avigdor Lieberman hanno annunciato che arriveranno a un accordo sulla formazione della futura coalizione di governo. Il risultato del negoziato non è chiaro, e infatti continuano le trattative segrete del Likud con il partito centrista Kadima per una coalizione ampia che non si basi unicamente sulla destra radicale. È il caso d’intendersi: persino Netanyahu sembra capire che un governo d’estrema destra non lo porterà da nessuna parte. E di spiegarsi: se non si mette in piedi la coalizione ampia e bisognerà includerlo nel governo, Lieberman è un moderato se lo si confronta ad alcuni dei possibili alleati. Fondamentalisti, coloni dei Territori occupati, seguaci del defunto rabbino razzista Kahane: anche loro faranno parte della coalizione. Meno conosciuti all’estero, sono l’aria peggiore che si respira e che minaccia il futuro di Israele. Nel passato Israele ha rotto le relazioni diplomatiche con l’Austria quando il partito di Heider entrò nella coalizione di governo. L’Austria non romperà le relazioni diplomatiche con Israele,mapeggio ancora è molto probabile che nell’immediato futuro le capitali europee preparino un ricevimento ufficiale per il nuovo ministro degli esteri Avigdor Lieberman. L’intera coalizione ha segnato una vittoria elettorale sulla base dell’atmosfera di guerra, ed è molto difficile che una coalizione di ultradestra possa cambiare pelle. Parte dei suoi possibili componenti hanno una chiara ideologia razzista, ultranazionalista e bellicista. Nel campo dei diritti civili, l’integralismo di Lieberman lo porta a richieste di taglio nazionalista etnocentrico. La fragile democrazia israeliana, nella quale i cittadini palestinesi non godono di una reale uguaglianza, potrebbe scivolare verso un sistema ancora più discriminatorio. Lieberman e chi lo appoggia vogliono che uno stato che non è leale verso i suoi cittadini esiga da alcuni di loro una lealtà viziata dall’etnia.Una cittadinanza condizionata sarà l’inizio della distruzione del tessuto democratico che ancora resta nella società israeliana. Il possibile futuro ministro degli esteri Lieberman ha già insultato Mubarak e gli egiziani, minacciando di voler distruggere la diga di Assuan. Lieberman dice di essere pragmatico e potrebbe anche parlare di due stati per due popoli, ma ciò vorrebbe dire a suo giudizio che nello stato palestinese vanno considerati i cittadini arabi d’Israele. E il pericolo della coalizione non è solo Lieberman. Apparentemente il futuro ministro della difesa sarà Moshe «Boogy » Yaalon, in passato comandante dell’esercito, che da anni considera di fatto la pace impossibile e l’uso della forza l’unico mezzo per riformare le menti dei palestinesi. Per un ministero da dove potrebbero ripetersi provocazioni militari ed escalation del «circolo del sangue». Sembra chiaro che anche Netanyahu capisce che questa coalizione lo porterà in unastrada senza uscita eper questo mantiene negoziati segreti con Tzipi Livni.Ma non è solo questione di componenti del governo. Ingioco è la gravità delmomentoche vive Israele, la sua possibile proiezione per l’intera regione: forze oscurantiste, fondamentaliste, ultranazionaliste e belliciste dominano oggi Israele e potrebbero essere il detonatore che incendierà tutta l’area. Non sarebbe il primo caso in cui un’élite nazionalista delirante porta il suo stesso paese alla perdizione. Chi può fermare questa pazzia?
Il MANIFESTO - Michele Giorgio : " Accordo quasi fatto, esteri a Lieberman "
Giorgio scrive: " Secondo indiscrezioni le linee politiche concordate dal Likud e da Yisrael Beitenu non parlano esplicitamente di alcun negoziato con i palestinesi. Promettono invece che Israele «non tratterà con organizzazioni terroristiche» e che l’obiettivo strategico di Israele sarà di abbattere il potere diHamas a Gaza. ". Di chi sono le indiscrezioni di cui scrive Giorgio?I palestinesi hanno tutto da guadagnare dalla distruzione del potere (illegittimo) di Hamas, colpevole della guerra a Gaza e della morte dei civili palestinesi (usati come scudi).
Poi scrive : " Il nuovo governo vede inoltre nei programmi nucleari iraniani «un pericolo immediato, che va sventato, per la sicurezza di Israele». La retorica abbonda ma non è detto che l’ormai probabile governo di destra israeliano si avventuri automaticamente in massicci attacchi militari contro Gaza o l’Iran" . Non ci sembra che i programmi nucleari dell'Iran e le dichiarazioni di Hamas siano " retorica ", ma problemi concreti per Israele. Ecco l'articolo:
Lieberman è sempre più vicino all’incarico di ministro degli esteri dello stato di Israele. Il leader del partito di estrema destra Israel Beitenu e il premier incaricato Benyamin Netanyahu (Likud) hanno sottoscritto domenica sera un’intesa che assicura all’ultranazionalista giunto dalla Moldavia l’importanteministero degli esteri e altri quattro dicasteri per il suo partito, tra i quali quello per la sicurezza nazionale. Si tratta della realizzazione del programma tracciato da Lieberman negli anni passati e che lo ha condotto, lo scorso 10 febbraio, a conquistare la posizione di terza forza politica di Israele (dopo Kadima di Tzipi Livni e Likud di Netanyahu). La nomina definitiva condizionata agli accordi che Netanyahu dovrà comunque raggiungere con altre forze dell’estrema destra e i partiti religiosi se vuole formare una coalizione di maggioranza. Ma al momento tutto indica che il premier incaricato non riuscirà a far entrare Kadima nel nuovo esecutivo – la Livni vuole un impegno del leader del Likud per la soluzione dei «due stati » – e che Lieberman sarà il suo principale partner di governo. Secondo indiscrezioni le linee politiche concordate dal Likud e da Yisrael Beitenu non parlano esplicitamente di alcun negoziato con i palestinesi. Promettono invece che Israele «non tratterà con organizzazioni terroristiche» e che l’obiettivo strategico di Israele sarà di abbattere il potere diHamas a Gaza. Il nuovo governo vede inoltre nei programmi nucleari iraniani «un pericolo immediato, che va sventato, per la sicurezza di Israele». La retorica abbonda manon è detto che l’ormai probabile governo di destra israeliano si avventuri automaticamente in massicci attacchi militari contro Gaza o l’Iran. Tenuto sotto osservazione potrebbe adottare una linea prudente, anche per evitare di entrare in rotta di collisione con l’Amministrazione Obama che da un lato ha rinnovato l’alleanza strategica con Israele ma dall’altro vuole qualche progresso al tavolo delle trattative. Vale la pena anche di ricordare che il governo «pacifista » uscente guidato da Olmert e Livni e sostenuto da Stati uniti ed Europa, ha scatenato due guerre – in Libano (2006) e a Gaza a inizio anno –mentre il negoziato con i palestinesi ricominciato ad Annapolis alla fine del 2007 su pressione di George Bush non ha raggiunto alcun risultato concreto sui nodi del conflitto. La nomina sempre più vicina di Lieberman a ministro degli esteri, ha suscitato reazioni europee, palestinesi e arabe. L’Unione europea, per bocca del responsabile per la politica estera Javier Solana, si è detta pronta a lavorare con il governo Netanyahu purché esso sia a sua volta pronto a «proseguire sulla strada che prevede la creazione di uno Stato palestinese» accanto a quello ebraico. In caso contrario, ha avvertito Solana, «la situazione saràmolto diversa», lasciando intravedere un (improbabile) raffreddamento delle relazioni con lo Stato ebraico. Duri i commenti dell’Egitto, uno dei bersagli preferiti di Lieberman che qualche anno fa invocò un attacco nucleare contro la diga di Assuan e qualche mese fa ha pronunciato parole offensive nei confronti del presidenteHosni Mubarak. L’accordo tra il Likud e Yisrael Beitenu – ha detto il ministro degli esteri Ahmad Abul Gheit - costituisce un fattore pericoloso per la pace nella regione. In evidente riferimento a Lieberman, Gheit ha ammonito che se i ministri del futuro governo di Netanyahu attueranno ciò che hanno detto in passato a proposito della continuazione della colonizzazione dei territori palestinesi, «ci troveremodavanti a difficoltà molto serie». Il presidente palestinese Abu Mazen non è sceso in campo ma il suo ministro degli esteri, Riad Malki, ha fiaccamente messo in guardia dalla pericolosità della coalizione delle destre in Israele. Hamas non ha commentato l’accordo Likud-Yisrael Beitenu. Il movimento islamico è impegnato in quelle che appaiono come le fasi finali della interminabile trattativa con il governo Olmert per uno scambio tra centinaia di detenuti politici palestinesi e il caporale israeliano Ghilad Shalit catturato nel 2006 da un commando palestinese. I due negoziatori di Olmert, Ofer Dekel e Yuval Diskin, ieri sera sono tornati a Tel Aviv e secondo l’inviato della radio pubblica israeliana, le trattative non sono ancora concluse. Anche un portavoce di Hamas a Gaza, Ayman Taha, ha detto che restano ancora diversi ostacoli da superare prima di concludere un accordo. Oggi il governo israeliano si riunisce in seduta straordinaria per fare un punto della situazione su Shalit e per prendere eventuali decisioni.
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli " Patto tra Likud e ultra destra. Agli esteri Lieberman "
Udg dà per scontato che il nuovo governo israeliano non offra " igaranzie sul processo di pace con i palestinesi - nel solco della soluzione «due popoli, due Stati»," Nè Netanyahu nè Lieberman hanno mai dichiarato di essere contrari alla nascita dello Stato palestinese. Ma l'esempio di quanto è successo a Gaza non può essere sottovalutato-
Ecco l'articolo:
Lo aveva promesso in campagna elettorale: il futuro d’Israele «dipenderà da noi». Così sembra essere. L’ombra di Avigdor Lieberman,leader di Israel Beitenu (Ib) e tribuno della nuova destra radicale laica israeliana, è da ieri a un passo dal vertice della diplomazia dello Stato ebraico. Il suggello, largamente annunciato è giunto l’altra notte: un accordo con il premier incaricato Benyamin Netanyahu ha messo nero su bianco che sarà lui - col suo inconfondibile accento russo e gli echi della sua retorica anti-araba - il ministro degli Esteri di un futuro governo di sole destre, che a questo punto appare più vicino che mai.
NEL SEGNO DI AVIGDOR
L’intesa non chiude ancora la porta a una coalizione più ampia, aperta ai centristi di Kadima - della ministra degli Esteri uscente Tzipi Livni - e ai malconci laburisti di Ehud Barak. Ma tutto fa pensare che l'asse Netanyahu-Lieberman sia ormai formato. E che, almeno per il momento, sia destinato ad allargarsi a una coalizione con i soli partiti minori - confessionali e non - del fronte destro: forte della maggioranza parlamentare dopo il voto del 10 febbraio, per quanto di una maggioranza ristretta a non più di 65 seggi sui 120 della Knesset.
Una maggioranza a cui Kadima «non intende fare da foglia di fico», ha ribadito ieri Livni. Tanto meno in mancanza di garanzie sul processo di pace con i palestinesi - nel solco della soluzione «due popoli, due Stati», rispetto alla quale il governo di destra rischia di finire in rotta di collisione con l'imprescindibile alleato americano, nell'era Obama - e di quella rotazione alla premiership che la leader centrista potrebbe vedersi offrire di qui a pochi mesi su un piatto d'argento in caso di crisi.
TZIPI RESISTE
Fra il Likud (il partito della destra tradizionale capeggiato da Netanyahu) e Israel Beitenu i giochi intanto sembrano decisi. La formazione di Lieberman, terza forza del Paese, avrà cinque dicasteri-chiave: Esteri, Sicurezza Interna, Infrastrutture,Turismo e Integrazione degli immigrati. Intesa anche sulla piattaforma programmatica, che glissa sul processo di pace coi palestinesi moderati dell’Anp, mentre conferma «l'obiettivo strategico di rovesciare il governo (islamico) di Hamas» a Gaza e l’impegno a «compiere ogni sforzo, specialmente nei riguardi della comunità internazionale, per prevenire l'armamento atomico dell'Iran».
Le attenzioni, in questa fase, si concentrano tuttavia sulla sorte del ministero degli Esteri, destinato a finire in mano al turbolento e chiacchierato Lieberman: al centro fra l’altro di una indagine per presunte malversazioni finanziarie che lo porterà nei prossimi giorni ad essere nuovamente interrogato dalla polizia. Fra gli analisti e i veterani della diplomazia israeliana c'è chi già prevede un catastrofico «danno d'immagine» per il Paese. Ma c'è anche chi - dal vecchio «falco» Moshe Arens alla «colomba» Shlomo Ben Ami - liquida come «sciocchezze» i timori di boicottaggi. E prova magari mettere in luce il lato pragmatico dell’ex sovietico Lieberman, piuttosto che quello incendiario da comizio.
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " Sono ostili alla pace. Tutto più difficile "
Yasser Abed Rabbo, intervistato da Udg, dichiara " «Lieberman è il teorizzatore della deportazione forzata dei palestinesi dalla Cisgiordania. Cos’altro aggiungere: Israele sta andando verso la formazione di un governo decisamente ostile al rilancio del processo di pace»." e Udg non si precipita di certo a contraddirlo. Aldo Baquis, Umberto De Giovannangeli e Yasser Abed Rabbo hanno preso la stessa cantonata : ritengono che Lieberman voglia "deportare" i palestinesi dalla Cisgiordania, quando, in realtà, ha proposto semplicemente uno spostamento dei confini .
Ecco l'articolo:
«Se non fossimo davanti a una tragedia, ci sarebbe da sorridere: a ministro degli Esteri un falco che pensa di poter risolvere la questione palestinese sganciando bombe atomiche su Gaza e realizzando una deportazione di massa degli abitanti della Cisgiordania». A parlare è Yasser Abed Rabbo, segretario del Comitato esecutivo dell’Olp, tra i più autorevoli dirigenti palestinesi. «Non solo noi palestinesi ma l’intera comunità internazionale - afferma Rabbo - dovrà fare i conti con un governo israeliano di estrema destra che nel suo orizzonte strategico non ha certo un accordo di pace fondato sul principio di due Stati per due popoli».
Sarà dunque Avigdor Lieberman il prossimo ministro degli Esteri d’Israele. Qual è il suo primo commento?
«Lieberman è il teorizzatore della deportazione forzata dei palestinesi dalla Cisgiordania. Cos’altro aggiungere: Israele sta andando verso la formazione di un governo decisamente ostile al rilancio del processo di pace».
Ma Lieberman ha fama di «pragmatico», come il premier incaricato Benjamin Netanyahu...
«L’estrema destra israeliana ha considerato un traditore Yitzhak Rabin e ha accusato di avventurismo “filo palestinese” persino il primo ministro uscente (Ehud Olmert). La verità è che con un governo Netanyahu-Lieberman verrà meno un partner con cui negoziare la pace...».
Siamo dunque entrati in un vicolo cieco?
«Purtroppo sembra di sì, a meno che...».
A meno che?
«Usa ed Europa non agiscano all’unisono per evitare il peggio. Un governo israeliano che si dica apertamente contrario al principio dei due Stati è un governo che può destabilizzare l’intero Medio Oriente. Sta innanzitutto al presidente statunitense Barack Obama evitare questa pericolosa deriva. Con un governo di falchi la pace è una prospettiva irrealizzabile».
L'UNITA' - Tobia Zevi : " Sterzata in Israele "
Zevi scrive di aver provato un senso di smarrimento quando ha saputo che il futuro governo israeliano sarà composto anche da Israel Beitenu e che " il neo-premier aveva dato ampie rassicurazioni sulla sua volontà di riprendere il processo di pace. ". Chi gli avrà mai detto che il processo di pace sarà bloccato da Lieberman ? quando non ha mai dichiarato di volerlo interrompere ? Forse la giovane età di Zevi gli impedisce di sapere che la pace con l'Egitto la fece un altro demonizzato dalla sinistra, un certo Begin... Forza Tobia, un paio di libri di storia non ti faranno certo male !
Basta salire sull’autobus, o andare in palestra, per sentirne parlare. La «fine delle ideologie». E così, dietro a questo concetto passe-partout, nascondiamo l’incapacità di interpretare un mondo in supersonico cambiamento, di cui non riusciamo ad immaginare il futuro. È questa incertezza – al di là del precariato edei problemi nel farsi una famiglia – che preoccupa i giovani: davvero, anche con la crisi globale, il Pil del pianeta cresce a ritmi sostenuti, più elevati che mai nella storia? E quindi, mentre più di metà dell’umanità muore di fame, in realtà stiamo tutti meglio? E poi l’ambiente. Bruceremo tutti per via dell’effetto serra, o verremo sommersi dalle acque prodotte dai ghiacciai, oppure più semplicemente continueremo a vivacchiare, sempre più numerosi e sempre più urbanizzati? Su molte grandi questioni non otteniamo una risposta chiara, e questo provocaunsenso di smarrimento. Lo stesso che ho provato quando ho saputo che Avigdor Lieberman sarà il prossimo ministro degli Esteri d’Israele. Per carità, era prevedibile che il secondo governo Netanyahu avrebbe virato a destra. Ma il neo-premier aveva dato ampie rassicurazioni sulla sua volontà di riprendere il processo di pace. Ed Obama pareva provocare una ventata nuova in tutta la regione: una Siria più autonoma e più pragmatica, l’ipotesi di un governo palestinese unitario, un isolamento maggiore dell’Iran e dei suoi satelliti Hezbollah e Hamas. Ipotesi difficili, ma che autorizzavano un minimo d’ottimismo. La notizia di ieri sembra andare in un’altra direzione. Main Medio Oriente tutto può cambiare molto in fretta, e forse a questa speranza dobbiamo aggrapparci. Del resto, qui danoi, Bossi minacciava di armare trecentomila uomini di fucile,ma– al di là degli slogan turpi, buoni per prendere i voti – governa, mediando e contrattando giorno dopo giorno.
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