Hollywood chieda scusa, chiede l'Iran, e alcune attrici americane, in visita nel paese della teocrazia dei mullah, prontamente ubbidiscono e si velano il capo. Invece di essere l' Iran khomeinista a doversi scusare per essere diventato in trent'anni lo sponsor del terrorismo mondiale, è lo stesso Iran a pretendere delle scuse, sostendendo di essere stato "diffamato" dai film prodotti da Hollywood. Fra i tanti (ma comunque troppo pochi) che abbiamo visto, ne citiamo uno solo, quale esempio per tutti, "Mai senza mia figlia " del 1991, con una bravissima Sally Field nella parte di una donna americana sposata a un iraniano, che riesce a fuggire dalla schiavitù nella quale era stata costretta a vivere dal marito diventato un fanatico musulmano, e riacquistare la libertà per sè e la figlia. Un film che dovrebbe essere rimesso in circolazione, tanto la storia che racconta è sempre attuale. Chi si appresta a rilasciare patenti di credibilità ad Ahmadinejad osservi con attenzione la strategia che sta mettendo in pratica. Colpevolizzare l'Occidente è facile, se l'America ha avuto un presidente come Carter qualcosa vorrà pur dire. Oggi su REPUBBLICA, Alix Van Buren, prende le difese dell'Iran contro l'America, niente di nuovo sul quotidiano diretto da Ezio Mauro. Oggi sappiamo con certezza che tra non molto i mullah avranno l'arma atomica, un ricatto che verrà rivolto all'Occidente intero, anche se oggi c'è chi si consola pensando, a torto, che il pericolo sarà solo Israele a correrlo. Vedremo in questi giorni quale sarà l'atteggiamento dei paesi democratici verso Ahmadinejad.
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/03/2009, l'articolo " Bening con il velo, ma Teheran: si scusi " (pag. 15) e dal GIORNALE l'articolo " Teheran Arrestata una giornalista americana " sulla giornalista americana imprigionata in Iran da giorni senza che se ne sappia il motivo. Ecco gli articoli:
La REPUBBLICA- Alix Van Buren : " Hollywood ci chieda scusa - Teheran va alla guerra del cinema "
C´era da aspettarselo: una schiera di attori hollywoodiani in trasferta diplomatica a Teheran, capitanati dall´eclettica Annette Bening candidata all´Oscar per American Beauty, ha incassato la reprimenda del regime degli ayatollah per "gli insulti e le accuse architettati" dalla Fabbrica dei sogni californiana "ai danni dell´Iran", con la richiesta di porgere "pubbliche scuse" avanzata da Javad Shamaqdari, consigliere artistico della presidenza.
C´era da aspettarselo, scrivono le penne più caustiche della cinematografia Usa nel canzonare "l´ingenuità" dei luminari della Academy of Motion Pictures sbarcati lì tre giorni fa per condurre seminari sull´arte del far cinema. Del resto, lo stesso presidente Ahmadinejad qualche tempo fa s´era scagliato a parole contro la "guerra psicologica" ordita dall´America a scapito di quel Paese, e aveva snocciolato un elenco di "200 e più pellicole" ritenute diffamanti di una cultura e una storia "fra le più ricche e antiche". E il portavoce del ministero degli Esteri faceva sapere in aggiunta che Hollywood ha in cantiere "30 pellicole confezionate apposta per colpire l´identità e l´integrità religiose e culturali dell´Iran, assecondando una precisa agenda politica".
Però qualcosa di recente era cambiato, poiché l´iniziativa della delegazione hollywoodiana capita appena un mese dopo l´ingresso alla Casa Bianca di Barack Obama. E benché attori e sceneggiatori descrivano il viaggio come un´occasione "puramente culturale e informativa", la tentazione è di interpretarlo come un primo passo diplomatico agevolato dallo star system, grande elettore di Obama.
Il rosario iraniano delle lamentele è lungo, e non sempre infondato: fra le opere giudicate più irriverenti c´è l´ultimo successo di Mickey Rourke, The Wrestler: il candidato all´Oscar affronta un lottatore di nome Ayatollah, il quale brandisce una bandiera dell´Iran che reca impressa l´Alef, la lettera simbolica di Allah. Nel duello finale il vessillo, spezzato a metà, viene lanciato verso una folla plaudente. E poi: solo due anni fa il polpettone epico 300 sbancava nelle sale col racconto della battaglia delle Termopili fra Persiani e Greci di 2500 anni fa. I Persiani, molti protestarono, erano dipinti come un popolo "animalesco e selvaggio", nonché "empio e lascivo", e le petizioni fiorirono. Infine: pochi film sono universalmente osteggiati a Teheran, dai conservatori come dai progressisti, quanto Mai senza mia figlia del 1991, con Sally Field, tratto dal racconto della fuga di un´americana sposata a un iraniano. S´è guadagnato la fama del titolo "più detestato" in Iran dopo I versi satanici di Salman Rushdie.
Resta il fatto che, malgrado i kolossal hollywoodiani siano molte volte banditi o censurati dalle autorità, le cassette e i dvd sono fra i più gettonati sul mercato clandestino molto frequentato dai giovani.
CORRIERE della SERA - Cecilia Zecchinelli : " Bening con il velo, ma Teheran: si scusi "
In attesa che l'Iran «dischiuda il pugno» e l'America gli «tenda la mano» (parole recenti e bene auguranti di Barack Obama), le relazioni tra i due arci-nemici sembrerebbero già improntate a una maggior distensione. Ma ancora relativa. Lo hanno capito i nove «delegati» arrivati venerdì a Teheran da Hollywood per alcuni seminari sul cinema (tra loro gli attori Annette Bening e Alfre Woodard, il produttore William Horberg e l'ex presidente dell'Universal Pictures, Tom Pollock), a cui come prima cosa è stato chiesto di «chiedere scusa».
Scusa alla Repubblica Islamica e al suo popolo, a nome dell'industria cinematografica Usa intera, che finora non aveva mai inviato nel Paese una delegazione tanto numerosa e rappresentativa (anche se singoli attori come Sean Penn avevano compiuto sporadiche visite). Il motivo, non nuovo ma ribadito ieri con forza dal consigliere artistico del presidente Ahmadinejad, Javad Shamaqdari: gli «insulti» contenuti in varie pellicole che in un modo o l'altro hanno offeso l'Iran, o l'antica Persia. In prima fila, sul banco dei film imputati, c'è 300 e la sua versione della mitica battaglia delle Termopili in cui gli antenati degli odierni iraniani sono dipinti con ben poca benevolenza. Colpevole anche The Wrestler,
dove Mickey Rourke spezza l'asta della «bandiera degli Ayatollah». «Incontrare ufficialmente qualcuno che ti insulta è fallimentare», ha dichiarato Shamaqdari, lasciando intendere che niente scuse, niente seminari.
In realtà, il programma della delegazione hollywoodiana sta proseguendo tranquillo. «Sono dichiarazioni solo a uso interno —, commenta il noto analista politico indipendente Saeed Laylaz —. La visita è stata ovviamente approvata dal governo. Perché nessuno può arrivare qui senza il suo consenso. Nemmeno da Hollywood».
Il GIORNALE - " Teheran Arrestata una giornalista americana "
Una giornalista americana di origine iraniana, Roxana Saberi, è stata arrestata in Iran ed è in carcere da un mese.La giornalista, che ha 31 anni, è nata negli Stati Uniti da padre iraniano e madre giapponese. Sei anni fa si è trasferita nella Repubblica islamica, da dove inviava servizi per diverse emittenti, tra cui la Npr e la Bbc.
E a Teheran entra nel mirino anche Hollywood. Una delegazione della capitale del cinema, presente in Iran per una missione culturale, si è sentita dire da Javad Shamaghdari, consigliere culturale di Ahmadinejad, che, prima di poter incontrare rappresentanti del cinema iraniano, essa deve presentare le scuse a nome di tutta l’industria cinematografica americana per la produzione di «film con insulti e accuse contro la nazione iraniana e la rivoluzione islamica negli ultimi 30 anni».Tra le pellicole citate da Shamaghdari, «The Wrestler», interpretato da Mickey Rourke e vincitore del Leone d’oro a Venezia.
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