L'Iran con la bomba nucleare è un pericolo per Israele, ma non tutti lo credono. Di seguito riportiamol'articolo " Iran, Obama rompa gli indugi " di Christopher Hitchens a pag. 28 del CORRIERE dellaSERA, due articoli da pag. 11 di REPUBBLICA (" Quelle 82 tonnellate di uranio arricchito sotto la tutela di Putin " di Vincenzo Nigro e " L´Iran può fare la bomba : l´allarme dei militari Usa " di Vanna Vannuccini) e da pag 21 dell'UNITA' l'articolo " La Casa Bianca frena i militari Usa. L'Iran non è vicino all'atomica " di Gabriel Bertinetto.
CORRIERE della SERA - Christopher Hitchens : " Iran, Obama rompa gli indugi"
Hitchens sostiene che l'Iran non sgancerebbe mai la bomba atomica su Israele perchè, in questo modo, colpirebbe anche gli arabi israeliani e cancellerebbe anche gli stati arabi limitrofi. Hitchens non si ricorda che ai fondamentalisti poco importa se a morire sono anche gli arabi pur di raggiungere il loro obiettivo dichiarato (la cancellazione di Israele). Basta ricordare degli scudi umani palestinesi di Hamas. Notiamo che l'autore non esprime preoccupazioni sul destino atomico degli israeliani. Degli arabi si che si preoccupa. Ne prendiamo atto. Ecco il pezzo:
Ci sono rappresentanti di governi totalitari che, stranamente, di tanto in tanto si esprimono con brutale schiettezza, in tono quasi confidenziale. Chiamo a testimoniare un alto funzionario del governo di Robert Mugabe, secondo quanto riferito recentemente dal New York Times riguardo la messinscena del giuramento di Morgan Tsvangirai come primo ministro dello Zimbabwe. Dopo la cerimonia, riferisce Celia W. Dugger: «Un vecchio dirigente di Zanu-Pf, appartenente alla nomenklatura del partito, a condizione di restare anonimo, ha commentato così la nomina di Tsvangirai: "Non durerà, ve lo garantisco. E' una mossa per guadagnar tempo"».
Era quanto immaginavo anch'io, ma spesso è utile sentir confermare i propri sospetti. Allo stesso modo, nessuno immagina per un solo istante che le parole lusinghiere riservate dai leader iraniani alla proposta di «colloqui diretti» con il governo americano siano nient'altro che l'identico tentativo di fare melina, mentre le centrifughe girano al massimo, e di guadagnare (o meglio, sprecare) tempo fino ad avere sotto mano un quantitativo sufficiente di materiale fissile, prima di gettar via finalmente la maschera. Le stime variano, ma sembra assai plausibile che l'Iran farà qualche annuncio per la fine dell'anno. Ciò significherà che tutti gli accordi internazionali, tutti i negoziati con istituzioni quali l'Unione Europea, tutte le «ispezioni» svolte dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica saranno stati, in realtà, una colossale presa in giro. Ci faremo travolgere dalle risate dei mullah. E da quel giorno in poi, per tutti i secoli a venire, saremo costretti a trattarli con i guanti bianchi. Ci aspetta un mondo davvero meraviglioso.
Per decenni ci siamo chiesti che cosa accadrebbe se e quando un'arma apocalittica finisse nelle mani di un gruppo di fanatici religiosi o di un regime irrazionale. Stiamo per scoprirlo. Non credo affatto che i mullah tenteranno all'istante di incenerire lo Stato ebraico, e questo per diversi motivi. Innanzitutto, la teocrazia iraniana è profondamente corrotta e gestisce un Paese, potenzialmente ricco, con l'unico scopo di arricchire i suoi esponenti. Un conflitto nucleare con Israele è l'ultima cosa a cui starà pensando. Secondo, anche ammettendo gli argomenti sbandierati dalla retorica ufficiale del regime, con i suoi toni messianici e jihadisti, resta il fatto che un'arma termonucleare sganciata sul nemico sionista annienterebbe anche i palestinesi e distruggerebbe la moschea di Al-Aqsa.
Né mi pare che i mullah siano disposti a cedere gli ordigni nucleari, ottenuti con tante fatiche, ai loro vari fiancheggiatori, come Hezbollah, né a cercare uno scontro nucleare con gli Stati Uniti o l'Europa occidentale. Quello che certamente faranno, tuttavia, sarà sfruttare il possesso della bomba atomica per un qualche ricatto nucleare contro gli Stati del Golfo confinanti, la maggior parte dei quali arabi e sunniti, anziché persiani e sciiti, ma con almeno uno (il Bahrain) che ospita una cospicua popolazione sciita ed è geograficamente vicino all'Iran.
Davanti al rischio spaventoso di una sfida nucleare regionale, che si vuol camuffare con il nome di «ambiguità strategica», il governo Bush è riuscito, come in tanti altri casi, a raccogliere il peggio di entrambe le situazioni. Gli uomini di Bush, se chiamati a esprimersi sulle ambizioni nucleari di Teheran, bisbigliavano in tono cupo e misterioso: «Non lasceremo questo problema in eredità al prossimo governo». Ma, come avrete potuto notare… Eppure, si spera che il governo Obama non incorra nell'errore opposto, quello di sostituire un atteggiamento «conciliante» con una politica che si riveli incapace tanto di proposte ragionevoli quanto di concrete minacce. Durante il nulla di fatto degli anni di Bush, i reattori iraniani continuavano a rombare e le centrifughe a girare mentre, in qualche angolino, si sviluppavano o si collaudavano missili (e succedevano cose strane in un impianto nucleare siriano poco distante, costruito grazie all'assistenza della Corea del Nord).
L'idea di negoziati diretti e trasparenti con l'Iran non è errata in principio, ma tutto dipende da quali saranno i nostri partner reali o potenziali. Se vuole, il presidente Obama potrà rivolgersi direttamente al popolo iraniano dal podio delle Nazioni Unite (come avevo consigliato a Bush), per dire che se gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare la nazione iraniana a sviluppare reattori nucleari a scopi civili, non sono tuttavia disposti a tollerare le incessanti infrazioni dell'Iran negli accordi con gli enti internazionali. Obama spiegherà al popolo iraniano che il sostegno fornito dai mullah a Hezbollah e a Hamas è alla radice del prolungato isolamento dell'Iran. Potrà aggiungere — come ho suggerito tempo addietro — che nella corsa cieca agli armamenti la teocrazia ha trascurato di preparare il Paese all' eventualità di un forte terremoto nei prossimi anni, mentre gli Stati Uniti sono pronti a fornire, da subito, le loro competenze in campo sismologico.
Esistono, in altre parole, diverse opzioni e stadi intermedi tra le polarità estreme del conflitto con l'Iran e la muta passività davanti al disprezzo dei mullah per la legge internazionale. Ma il tempo vola e lo «spazio» della trattativa si restringe: occorre pertanto affermare da subito, e con grande chiarezza che, se si arriverà allo scontro, non sarà stato per volontà di Obama.
La REPUBBLICA - Vincenzo Nigro : " Quelle 82 tonnellate di uranio arricchito sotto la tutela di Putin "
Nigro minimizza i rischi dell'Iran in possesso della bomba atomica, sostenendo che la Russia effettuerà controlli sulle scorie e sugli impianti nucleari. Inoltre scrive : " Un esperto del ministero degli Esteri italiano che segue la partita dice che «con gli ispettori della Aiea in Iran, passare dal 3 al 90 per cento di arricchimento dell´uranio è praticamente impossibile» ". Chi sarebbe questo esperto? Esiste? Ha un nome? Inoltre non ci sembra il caso di fare troppo affidamento sugli ispettori dell'Aiea per controlli, dato che sono stati già abbindolati una volta dall'Iran per quanto riguarda la quantità di uranio in suo possesso. Ecco il pezzo:
ROMA - L´Iran ha la bomba? Ce l´avrà? In quanti anni? Ma poi la vuole davvero? In media una volta al mese l´Iran e il suo programma nucleare ritornano sulle prime pagine dei giornali per allarmi, avvertimenti, minacce e valutazioni sul tempo che manca agli ayatollah per farsi la bomba nucleare. Nessuno sa per davvero cosa abbiano in testa l´ayatollah Khamenei e i capi dei vari apparati della semi-democrazia iraniana. Quello che invece è noto sono i rapporti e le valutazioni dell´Aiea, l´agenzia per il controllo del nucleare dell´Onu. Rimangono misteriose le reali intenzioni della dirigenza iraniana, mentre invece sono molto chiare le condizioni politiche, lo scenario in cui gli iraniani giocano e continueranno a giocare questa carta nucleare per rafforzare il loro regime.
Ieri la stessa amministrazione americana è stata capace di smentire se stessa, col Segretario alla Difesa e il capo di Stato maggiore a dire l´uno il contrario dell´altro. Sia Robert Gates che l´ammiraglio Mullen parlavano dello stesso quantitativo di uranio arricchito (1010 chilogrammi) che l´ente iraniano per l´energia atomica è riuscito a processare nei suoi impianti. Sono stati gli ispettori della Aiea a certificare la quantità e il grado di arricchimento, che sarebbe del 3 per cento. Rispondendo la settimana scorsa alle domande dei giornalisti, un direttore dell´agenzia ha però aggiunto che «con quel quantitativo di uranio e con la tecnologia per l´arricchimento raggiunta l´Iran non è ancora in grado di costruirsi una sola bomba atomica».
Un esperto del ministero degli Esteri italiano che segue la partita dice che «con gli ispettori della Aiea in Iran, passare dal 3 al 90 per cento di arricchimento dell´uranio è praticamente impossibile». Il 90 per cento è il livello dal quale partire per la fase successiva, quella della "weaponizzazione", ovvero la trasformazione dell´uranio in un ordigno utilizzabile militarmente. Già per arricchire l´uranio al 90 per cento l´Iran dovrebbe importare o dotarsi di tecnologie molto più sofisticate e affidabili di quelle che ha utilizzato sino ad oggi. Il processo di "weaponizzazione" sarebbe ancora più complicato.
Proprio in questi giorni, però la Russia ha consegnato l´ultimo carico delle 82 tonnellate di uranio arricchito a basso livello che serviranno a far funzionare il reattore di Bushehr. Se l´Iran avesse la tecnologia e disponesse di quel quantitativo di uranio, allora sì che le cose sarebbero più serie. Ma il reattore russo di Bushehr è gestito dai russi sotto il controllo dell´Aiea, e soprattutto la Russia non ha nessuna intenzione di permettere che l´Iran si doti a breve o a lungo periodo dell´atomica.
Certo, la Russia di Putin ha tutto l´interesse a usare l´Iran contro gli americani. Negli ultimi mesi Mosca, soprattutto dopo la guerra in Georgia, sembrava aver ritrovato la volontà di creare problemi agli Usa per difendere i suoi interessi nel Caucaso e nell´ex Europa orientale. Quale strumento migliore se non l´Iran con il suo nucleare per destabilizzare l´Iraq e l´Afghanistan occupati dagli americani e non permettere una pace stabile neppure in Palestina? Mosca ha sempre giocato a rallentare il gioco delle sanzioni contro l´Iran, proprio per permettere a Teheran di continuare ad essere un problema per Israele e quindi per gli Usa.
Eppure storicamente la Russia in Iran è stato il grande rivale della Gran Bretagna nel gioco per il controllo dell´area che dal Caucaso va all´Asia centrale. L´impero zarista, l´Urss e la Russia di Eltsin e Putin sono stati prima un nemico ma poi solo un alleato inaffidabile per l´Iran, e gli iraniani hanno sempre avuto difficoltà a ricorrere ai russi negli ultimi 30 anni come carta da giocare contro americani e britannici. Se addirittura l´Iran dovesse raggiungere uno status nucleare, o se soltanto Teheran si consolidasse troppo nel Caucaso e nell´Asia centrale, Mosca avrebbe ottenuto un risultato paradossale: per fermare gli Usa in crisi, avrebbe contribuito a far crescere un rivale con cui potrebbe negoziare molto più difficilmente. Ecco perché, per ora, è molto improbabile che quelle 82 tonnellate di uranio arricchito custodite dai tecnici russi a Bushehr finiscano nelle mani dei tecnici iraniani.
La REPUBBLICA - Vanna Vannuccini : " L´Iran può fare la bomba : l´allarme dei militari Usa "
Vannuccini, in chiusura del suo pezzo, scrive : " E Obama, nonostante le buone parole, non ha tolto dal tavolo l´opzione militare, e nemmeno ha preso le distanze dai finanziamenti, decisi dal Congresso, dei gruppi di opposizione che si propongono di rovesciare la Repubblica islamica. Non è proprio quello che s´intende con "rispetto reciproco". Ci sembra quasi dispiaciuta perchè Obama, nonostante abbia avviato una politica di apertura nei confronti dell'Iran, non è ancora abbastanza "rispettoso" nei riguardi di Ahmadinejad e, anzi, non ha abbandonato del tutto l'opzione militare se L'Iran continuerà con la sua politica aggressiva. L'Iran avrà diritto al "rispetto reciproco" con gli Usa e l'occidente in generale quando interromperà la sua politica aggressiva e contro Israele e l'occidente. Ecco il pezzo:
L´Iran ha abbastanza combustibile nucleare per fabbricare una bomba, ha detto in un´intervista alla Cnn il capo di Stato maggiore interforze degli Stati Uniti, ammiraglio Mullen. «Penso proprio che siano in grado di farla», ha risposto ad una domanda se l´Iran può costruire una bomba. Ma poco dopo, in un´intervista alla Nbc, il capo del Pentagono, Robert Gates, ha gettato acqua sul fuoco: «Sono ancora lontani dal possedere riserve, non sono vicini ad un´arma in questo momento, perciò resta un po´ di tempo», ha assicurato.
Questa eclatante contraddizione su quale sia lo stato effettivo dello sviluppo della capacità nucleare dell´Iran non riguarda solo i due massimi responsabili della sicurezza degli Stati Uniti. Da mesi circolano rapporti che concordano sul fatto che l´Iran si stia avvicinando alla capacità di produrre una bomba, ma discordano ampiamente sui tempi, e sul vero significato di "capacità". Discordano perfino su quanto materiale fissile sia necessario per fare una bomba. Secondo David Albright, dell´istituto di Washington ISIS, la tonnellata di uranio debolmente arricchito di cui secondo le stime dell´Aiea dispone oggi l´Iran (esattamente 1010 kg) basta e avanza per costruire un ordigno nucleare. Gli esperti dell´Aiea (Agenzia internazionale per l´energia atomica) invece sostengono che sono necessari almeno 1700 kg. In più, anche ammesso che l´Iran abbia già effettivamente il materiale fissile sufficiente, questo non significa ancora che abbia in mano un´arma funzionante - i passi successivi per arrivarci sono molteplici, e ognuno di essi difficile da nascondere agli ispettori dell´Agenzia dell´Onu (a meno che l´Iran non facesse il rischiosissimo passo di cacciarli). Diplomatici e analisti a Teheran sottolineano anche gli aspetti politici: il regime iraniano, dicono - o quanto meno una parte di esso, visto la molteplicità delle voci con cui anche Teheran si esprime - è ben consapevole che l´acquisizione della capacità nucleare potrebbe alla fine mettere a rischio proprio la sopravvivenza della Repubblica islamica molto prima di quella dei suoi nemici.
A Teheran, la molteplicità delle voci e degli intendimenti, acuita dall´avvicinarsi delle elezioni presidenziali, trova ogni giorno nuove conferme. Ieri si è saputo che una giornalista, Roxana Saberi, che si era trasferita sei anni fa dagli Usa in Iran dove lavorava per diverse radio e tv americane, è stata arrestata un mese fa. In precedenza erano stati incarcerati per diversi mesi altri americani di origine iraniana.
I nuovi toni usati dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nella sua prima conferenza stampa dopo l´inaugurazione avevano fatto sperare che il lungo braccio di ferro con Teheran potesse finire: «Credo che ci sia almeno la possibilità di arrivare a un rapporto di reciproco rispetto e a dei passi avanti", aveva detto il presidente. E il presidente del parlamento iraniano Larijani aveva assicurato a Monaco che la questione nucleare «non è un problema irrisolvibile, se smettiamo entrambi di trincerarci ognuno dietro le proprie posizioni». Ma gli ostacoli sono alti. Il regime iraniano ha fatto del programma nucleare il simbolo dell´indipendenza nazionale. E Obama, nonostante le buone parole, non ha tolto dal tavolo l´opzione militare, e nemmeno ha preso le distanze dai finanziamenti, decisi dal Congresso, dei gruppi di opposizione che si propongono di rovesciare la Repubblica islamica. Non è proprio quello che s´intende con "rispetto reciproco".
L'UNITA' - Gabriel Bertinetto : " La Casa Bianca frena i militari Usa. L'Iran non è vicino all'atomica "
Il titolo dà per scontato che le affermazioni dell'ammiraglio Michael Mullen siano false. L'Iran non è vicino all'atomica. Allora ci chiediamo perchè continui ad aprire centrali nucleari e come mai abbia mentito sulla quantità di uranio in suo possesso... Ecco il pezzo:
A poche ore di distanza l’uno dall’altro il capo di stato maggiore delle forze armate americane ed il ministro della Difesa di Obama rilasciano dichiarazioni molto diverse sul contenzioso nucleare con l’Iran. Intervistato dalla Cnn, l’ammiraglio Mike Mullen afferma di ritenere che Teheran abbia accumulato combustibile nucleare a sufficienza per fabbricare almeno un ordigno. «Penso francamente che possano realizzarla», risponde Mullen ad una specifica domanda del giornalista. E aggiunge: «Un Iran dotato di armi nucleari, lo penso da tempo, è una realtà molto negativa per la regione e per il mondo».
Al mattino la Repubblica islamica è diventata un pericolo forse imminente. Al pomeriggio la minaccia si ridimensiona drasticamente. Il capo del Pentagono Robert Gates compare sugli schermi della Nbc e sullo stesso argomento contraddice palesemente le affermazioni del suo generale. «Al momento gli iraniani non sono vicini ad un accumulo (di materiale fissile) tale da poter costruire una bomba, e quindi abbiamo ancora tempo». Per fare cosa? Per convincerli a rinunciare all’arricchimento dell’uranio, cioè a quel tipo di lavorazione che può essere indirizzata non solo a produrre energia per usi civili ma anche per fabbricare armi atomiche.
SANZIONI ED INCENTIVI
Mentre l’alto ufficiale si era limitato ad insistere sul pericolo costituito dalla Repubblica islamica, Gates mette l’accento sul nuovo approccio politico che caratterizza l’amministrazione Obama rispetto a Bush. Quest’ultimo insisteva frequentemente sul ricorso all’eventuale opzione militare, cioè ad un intervento bellico per distruggere le installazioni nucleari iraniane. Senza escluderla del tutto, Obama preferisce mettere l’accento sul dialogo. Gates lo ricorda, sottolineando che da parte statunitense «c’è un’attenzione persistente al modo in cui ottenere che gli iraniani si tirino fuori da un programma nucleare militare». La sfida, sostiene Gates, consiste nel trovare un equilibrio fra le sanzioni già varate dall’Onu (e altre eventualmente ancora da decidere) per mettere pressione agli ayatollah e gli incentivi da offrire per coinvolgerli nel dialogo con Stati Uniti ed europa. Il calo dei prezzi del petrolio potrebbe aiutare l’Occidente, secondo il capo del Pentagono, perché il programma atomico «ha dei costi, e loro sono alle prese con problemi economici in patria».
Il botta e risposta a distanza fra il ministro della Difesa e il capo delle forze armate lascia capire quali resistenze possa trovare fra i vertici militari la nuova politica avviata da Obama nei confronti di Teheran, così come sembra accadere riguardo all’Iraq.
L’AIEA
Le affermazioni dell’alto ufficiale americano sembrano prendere lo spunto, forzandone però il senso in una sola direzione, da un recente rapporto dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica). Gli scienziati iraniani, secondo il documento, sono ormai in grado di costruire una bomba, anche se non nell’immediato. Dispongono di una quantita di uranio sufficiente allo scopo. Prima però il materiale dovrebbe subire un processo di arricchimento.
E non è chiaro quanto tempo sia teoricamente necessario perché la trasformazione sia completata. Anzi gli ispettori dell’Aiea non hanno verificato sinora alcun passo significativo in avanti nell’arricchimento dell’uranio.
Sull’Iran affiorano divergenze fra governo e vertici militari americani. Il capo di stato maggiore interforze Mike Mullen dichiara che Teheran è in grado di costruire una bomba atomica. Il ministro della Difesa Gates lo smentisce.
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