I lavori per la formazione del nuovo governo procedono in Israele, ma oggi sono pochi i commenti sui giornali italiani. Solo sull'UNITA' c'è una cronaca dettagliata dell'incontro Livi-Netanyahu, a pag. 28, di Umberto De Giovannangeli, dal titolo " Israele, il gran rifiuto di Livni,verso un governo delle destre ". Sia nel titolo che nell'articolo di Udg, la solita disinformazione sul partito "Israele Beitenu", che non è corretto collocare insieme ai partiti religiosi, essendo il partito di Liebermen il più netto oppositore in quando laico. Ma nache i termini destra e sinistra,in Israele hanno un significato diverso che da noi. Purtroppo molti giornalisti lo dimenticano.Nella pagina accanto, sempre di Udg, una intervista ad Abu Ala, nella quale l'ex premier palestinese ripete le solite affermazioni su un prossimo governo israeliano che potrebbe non volere uno Stato palestinese, cosa non vera sia che la guida sia di Netanyahu che di Livni. Ecco l'articolo:
E venne il giorno del «grande rifiuto di Tzipi». Il Likud si appresta a formare un governo omogeneo di destra, sostenuto dai partiti confessionali , dopo il fallimento del nuovo incontro fra il premier designato Benjamin Netanyahu e la leader di Kadima, Tzipi Livni. Dopo un colloquio di circa un’ora inungrande albergo di Tel Aviv, i due dirigenti politici si sono presentati separatamente di fronte alla stampa per accusarsi a vicenda di non aver mostrato l’elasticità necessaria per dar vita aun governo allargato, così come consigliato loro ancora la settimana scorsa dal capo dello Stato Shimon Peres. ACCUSE RECIPROCHE Netanyahu e la Livni non hanno esplicitamente escluso nuovi incontri. Mail tono irritato della loro voce, unito al contenuto delle loro dichiarazioni, ha generato la convinzione generale che gli approcci fra Likud e Kadima per un governo congiunto si sono ieri del tutto arenati. All'origine del groviglio politico vi sono i risultati delle elezioni politiche del10 febbraio,da cui Kadima è emerso come il partito di maggioranza relativa (precedendo di appena un seggio il Likud), maprivo della possibilitàmatematica di raggiungere una maggioranza in Parlamento. L’ostacolo principale nel colloquio fra Netanyahu e la Livni (il secondo in una settimana) è continuato ad essere lo Stato palestinese. Per il leader del Likud si tratta di una minaccia potenziale alla sicurezza di Israele, alla luce della forte ascesa politica di un movimento radicale come Hamas e al parallelo declino delle forze pragmatiche nell’Olp e in al-Fatah. Per la Livni, al contrario, proprio la costituzione di uno Stato palestinese accantoad Israele, èmotivo di fiducia: anche perché, a suo parere, è appunto quello l’unico modo per garantire anche in futuro che Israele avrà uncarattere prevalentemente ebraico e non si trasformerà in una entità bi-nazionale. DIALOGO TRA SORDI In mattinata un dirigente del Likud, Benny Begin (figlio del fondatore del partito Menachem Begin) aveva espresso il timore che la Livni avanzasse scuse pretestuose per esimersi dall’entrare in un governo allargato cosa che a suo parere sarebbe invece auspicabile per procedere ad una riforma istituzionale e affrontare le ripercussioni locali della crisi economica mondiale. «La formula dei “due Stati per i due popoli”- ha replicato la Livni dopo l’incontro con Netanyahu - non è affatto uno slogan privo di contenuto. È una questione di principio, di sostanza, non un espediente». Netanyahu, a quanto pare, è disposto solo ad impegnarsi di proseguire il processo di pace: una formula vaga, agli occhi di Kadima, che rischia di isolare Israele di fronte al Quartetto (Usa, Ue, Russia, Onu). Netanyahu, da parte sua, ha accusato Kadima di comportarsi in maniera irresponsabile «mentre Israele attraversa un’ora particolarmente critica». Il leader del Likud ha elencato svariati passi da lui compiuti per facilitare la formazione di un governo allargato: «Madalla signora Livni - ha lamentato con amarezza - è giunto un rifiuto totale». «Israele ha comunque bisogno di un nuovo governo, e lo avrà presto» ha concluso Netanyahu, lasciando intendere che ormai dovrà dar forma a un governo di destra sostenuto dai partiti confessionali.
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