Il nuovo premier israeliano sarà Netanyahu. La notizia è riportata dai quotidiani di oggi, 20/02/2009. Di seguito la cronaca di Aldo Baquis sulla STAMPA, un articolo dal FOGLIO e uno dal MANIFESTO. Ecco i pezzi
La STAMPA - Aldo Baquis : " Israele, l’incarico a Netanyahu " (pag. 14)
TEL AVIV
Benyamin Netanyahu (Likud) ha vinto, sarà il prossimo premier di Israele. Tzipi Livni, la dinamica leader di Kadima, è determinata a passare all’opposizione non volendo «rappresentare la foglia di fico in un governo di estrema destra». Oggi Shimon Peres vedrà separatamente Netanyahu e la Livni per un’ultima verifica: quella di un governo di unità nazionale. La mediazione fra due partiti non rientrerebbe in teoria nelle prerogative post-elettorali del capo dello Stato: ma né il Likud né Kadima se la sono sentita di respingere l’invito al Palazzo dello statista più autorevole di Israele.
Israele era rimasto disorientato dalle elezioni politiche del 10 febbraio da cui la Livni era emersa con una maggioranza relativa (28 deputati su 120, uno più del Likud), mentre Netanyahu poteva vantare alla Knesset il sostegno teorico della maggioranza dei deputati confessionali o di destra, 65 in tutto. A sbloccare la situazione è stato ieri Avigdor Lieberman (leader di Israel Beitenu, terzo partito in ordine di grandezza) che dopo giorni di incertezza ha infine suggerito a Peres di affidare a Netanyahu l’incarico di formare un nuovo governo.
Un’ora dopo 80 mila attivisti di Kadima hanno ricevuto nei loro telefoni cellulari la reazione della loro leader: «Passiamo all’opposizione. Firmato: Tzipi». «Oggi - ha poi elaborato la Livni - sono state gettate le basi di un governo di estrema destra guidato da Netanyahu. Quella non è la nostra strada, non abbiamo niente da spartire con un governo del genere. Non siamo stati eletti solo per dare credibilità a un governo di estrema destra».
Il tono era duro. Ma Peres probabilmente ha notato che la Livni non ha del tutto sbattuto la porta. Oggi vorrà verificare per esempio in quale circostanza un governo di Netanyahu non sarebbe «ipso facto» di estrema destra. Se le due liste nazionaliste (Unione nazionale e Casa ebraica) restassero all’opposizione, il governo pilotato dal Likud sarebbe egualmente bollato come «di estrema destra»?
Netanyahu esclude un’alternanza con la Livni alla carica di premier. Eppure, se Kadima entrasse in un governo di unità nazionale, potrebbe offrire incarichi chiave (vicepremier, esteri, difesa) e un «diritto di veto» su iniziative sgradite. Fonti di Kadima assicurano che il partito è compatto dietro la Livni, pronto a intraprendere il lavoro di opposizione parlamentare nella persuasione che un governo omogeneo di destra avrebbe breve durata e sarebbe condannato in partenza al fallimento. Le stesse fonti escludono che il numero due di Kadima, Shaul Mofaz, possa tornare al Likud, con alcuni deputati, in cambio della carica di ministro della Difesa.
Mentre la politica israeliana ribolle, tutto langue invece nei contatti indiretti fra Israele e Hamas per una tregua a Gaza e per uno scambio di prigionieri. Anche ieri da Gaza sono stati sparati razzi verso il Neghev, e l’aviazione israeliana ha colpito tunnel di contrabbando al confine fra Gaza ed Egitto. Il fatto nuovo è giunto su iniziativa del senatore democratico John Kerry che, dopo una visita alla città israeliana di Sderot (spesso bersagliata dai razzi palestinesi) ha poi attraversato il confine ed è entrato a Gaza. Il capo della commissione esteri del Senato americano ha visitato le zone colpite nella Operazione Piombo Fuso, ma si è astenuto da qualsiasi contatto con esponenti del governo di Hamas. Il quale ha egualmente manifestato una pacata soddisfazione per la visita, coincisa peraltro con rivelazioni stampa secondo cui Hamas ha già avuto contatti diplomatici discreti con Francia e Gran Bretagna.L’avvocato e dissidente egiziano Ayman Nour - l’unico politico che abbia mai osato sfidato il «faraone» Hosni Mubarak in un’elezione presidenziale - incarcerato nel gennaio 2005, ieri è stato liberato per «ragioni di salute». Appena pochi mesi dopo le elezioni Nour era stato incriminato per aver falsificato documenti necessari alla creazione del suo partito, Al Ghad (liberale). Accusa per altro da lui sempre respinta. Alcuni osservatori spiegano la decisione con «l’effetto Obama». Lunedì infatti il «Washington Post» aveva scritto che la scarcerazione di Nour è una condizione perché Obama riceva il presidente egiziano. Il partito Al Ghad ha solo sei deputati su 454. Nour, che ha 44 anni e soffre di diabete, ha commentato: «Sono stato sorpreso dalla mia liberazione». E ha comunque garantito di essere stato liberato grazie senza alcun «accordo» o «condizione». Washington ha espresso soddisfazione per la liberazione.
Il FOGLIO - " Lieberman dice 'Netanyahu premier' ma pensa a Obama" (pag.3)
Gerusalemme. Sono passati dieci giorni dalle elezioni inconcludenti e il politico israeliano più ragionevole è Avigdor Lieberman – anche se la stampa internazionale non riesce a scriverne senza citare il suo passato di buttafuori immigrato e il suo presente di ultranazionalista accusato di razzismo antiarabo. Ieri il leader di Yisrael Beitenu – Israele casa nostra, terza forza nel paese – ha sciolto la suspense post elezioni e ha indicato al presidente Shimon Peres il nome del prossimo primo ministro di Israele: Benjamin Netanyahu. Però – ha aggiunto – poniamo una condizione: vogliamo un governo largo che includa anche Kadima, lo schieramento di centro guidato dal ministro degli Esteri, Tzipi Livni. Secondo un uomo del suo partito, citato da Reuters, Lieberman è preoccupato che un governo di Israele considerato troppo di destra finisca per avere frizioni con l’Amministrazione Obama e per questo lancia la riconciliazione. Gli altri due partiti non se ne danno per inteso. Il Likud vede l’endorsement di Lieberman come il ritorno delle cose nel loro alveo naturale, dopo il carnevale delle ipotesi di alleanza cominciato dopo le elezioni quasi pareggiate – a Kadima 28 seggi, al Likud 27 – del 10 febbraio scorso. L’alleanza con l’ultradestra è considerata un destino politico che attendeva soltanto le elezioni per compiersi. Lieberman e Netanyahu non si stanno per nulla simpatici, ma per il moldavo è più facile spiegare ai propri elettori un patto finale con i cugini di destra che con Tzipi Livni. Il Likud ha fatto quasi finta di non sentire la condizione posta – l’ingresso di Kadima nel governo di larghe intese inclinato a destra – e ora usa toni da provocazione: “Tocca a Tzipi Livni decidersi, Netanyahu le ha già fatto con magnanimità l’offerta di unirsi a noi e al nostro governo”, dice il likudista Yisrael Katz. Con i partiti della destra religiosa – lo Shas e l’Unione ebrea della Torah ne hanno vinti 16 – Netanyahu ha una maggioranza di 65 seggi su 120 alla Knesset. Benvenuto Lieberman, e scordiamoci pure di Livni. Anche se ieri il partito ha annunciato un imminente incontro tra i due capi di Likud e Kadima. Kadima ha scelto il ruolo di opposizione. Lo ha fatto con una certa rassegnazione, anche se con i numeri ha vinto le elezioni. “Sapevo fin dall’inizio che questa sarebbe stata la scelta di Lieberman, non capisco perché tutti si mostrano sorpresi”, dice il ministro dell’Interno Meir Sheetrit. Nel partito e fuori, tutti sapevano anche che Livni aveva “vinto soltanto una battaglia, non la guerra”, e che, come ha scritto Haaretz, “ha sbaragliato soltanto la sinistra”. Nei giorni scorsi la leader e ministro degli Esteri aveva sperato nella rotazione di governo, un’alternanza tra lei e Netanyahu, come nel 1984 tra Likud e Labour, ma l’ipotesi era stata presto accantonata. Livni, in visita nel sud del paese assieme al senatore democratico John Kerry, dice che non si presterà a “fare la foglia di fico di un governo della paralisi. Rappresentiamo molte cose di cui Israele ha bisogno, dall’avanzamento del processo di pace e la lotta al terrorismo alle questioni interne che devono essere affrontate, e non intendo cambiare la traiettoria del partito, anzi, intendo rimanerne alla testa”. Per oggi il presidente Shimon Peres ha convocato i due antagonisti, Netanyahu e Livni, per tentare una mediazione. Da una parte vede fin troppo bene la debolezza strutturale della nuova maggioranza di destra. Lieberman ha un programma laico – fra le altre cose, vuole introdurre il matrimonio con rito civile – ed è ostile alla linea politica della destra religiosa, che chiede un riconoscimento maggiore del rabbinato nella società israeliana. Netanyahu ha uno schieramento friabile. Dall’altra crede nella possibilità di un ripensamento di Livni: se ricevesse adeguate garanzie sul programma, e ministeri di peso, potrebbe rinunciare a fare opposizione e accettare un posto di governo. Le trattative potrebbero ancora durare settimane.
Il MANIFESTO : l'articolo " Lieberman: sì a Netanyahu " (pag. 10) di Michele Giorgio riferisce di presunti timori dell'amministrazione Obama circa la risoluzione del conflitto israelo - palestinese e la nascita dello Stato palestinese. Ci chiediamo su quali elementi si basino le affermazioni di Giorgio, dal momento che non ci sono state dichiarazioni ufficiali del presidente americano. Inoltre sia Lieberman sia Netanyahu non hanno mai affermato di non desiderare la nascita dello Stato palestinese. Giorgio è in grado di predire il futuro? Se sì, in base a cosa?
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