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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera - Il Foglio - Il Giorno - La Repubblica - L'Unità Rassegna Stampa
14.02.2009 Una buona lettura, l'analisi di A.B. Yehoshua
e articoli da Corriere della Sera, Foglio, Giorno, Repubblica e Unità

Testata:La Stampa - Corriere della Sera - Il Foglio - Il Giorno - La Repubblica - L'Unità
Autore: Avraham Yehoshua - Davide Frattini - Francesco Battistini - Lorenzo Bianchi - Alix Van Buren - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «La destra fa bene a Israele - Israele, i laburisti nel rebus di governo - E la destra si spacca, sui matrimoni civili»

I risultati delle elezioni e le incertezze sulla formazione del futuro governo israeliano: il commento di Abraham Yehoshua sulla STAMPA, le cronache di Davide Frattini e Francesco Battistini dal CORRIERE della SERA, e alcune brevi da FOGLIO, GIORNO, REPUBBLICAUNITA'.

La STAMPA - Abraham Yehoshua : " La destra fa bene a Israele "

Europei e americani interessati ai problemi del Medio Oriente non possono analizzare e comprendere i risultati delle ultime elezioni in Israele unicamente in base al solito criterio: sinistra opposta a destra, colombe che sostengono il processo di pace e la formula «due Stati per due popoli» contro falchi che lo osteggiano.
Più che in molti altri Paesi, infatti, in Israele i conflitti politici e ideologici non rispecchiano soltanto i rapporti di forza e i contrasti su opinioni e valori interni alla società israeliana, ma sono significativamente influenzati dalle posizioni e dall’atteggiamento degli arabi in generale e dei palestinesi in particolare. Il successo della destra israeliana alle recenti elezioni è dunque anche dovuto all’aggressività di Hamas a Gaza e di Hezbollah in Libano dopo il ritiro unilaterale da quelle zone operato dai governi di centro-sinistra. Ironicamente, si potrebbe affermare che queste organizzazioni terroristiche potrebbero reclamare un posto nella futura coalizione di Netanyahu per il «lavoro» svolto a suo favore negli ultimi anni. Sarebbe quindi un errore pensare che la svolta a destra dell’elettorato israeliano segni un ribaltamento ideologico. Tutto sommato è più questione di Stato d’animo che di ideologia.
Da 42 anni sono schierato a sinistra. Dalla guerra dei Sei giorni sostengo il diritto di autodeterminazione del popolo palestinese entro i confini del 1967. Dalla metà degli Anni 70 riconosco gli esponenti dell’Olp come i rappresentanti del popolo palestinese e asserisco la necessità di condurre un negoziato di pace con loro a patto che riconoscano lo Stato di Israele.

Posso dunque testimoniare che l’intero sistema politico israeliano è in continuo e lento movimento verso le posizioni di pace della sinistra. Non dimentichiamo che fino a una decina di anni fa anche Tzipi Livni e molti esponenti di Kadima erano membri del Likud e sostenitori dell’ideologia del «Grande Israele» prima di moderare le loro convinzioni. E al di là delle sue posizioni razziste e nazionaliste anche «Israel Beitenu» di Avigdor Lieberman, partito sostanzialmente laico, è a favore di concessioni territoriali ai palestinesi, non tanto come riconoscimento dei loro diritti ma per limitare il loro numero entro i confini di Israele. Quindi, malgrado il rammarico e l’amarezza per la svolta a destra dell’elettorato israeliano, occorre capire che questo risultato è determinato più dall’umore della gente che da ferme convinzioni ideologiche.
Nel 2003 un nuovo partito denominato «Shinui», assertore di un’ideologia strenuamente antireligiosa, aveva ricevuto l’ampio sostegno degli elettori in un periodo in cui i ricatti politici dei partiti religiosi indisponevano molti di loro. Questo partito nel frattempo è sparito dal panorama politico e il suo posto è stato preso dalla formazione di ultradestra di Lieberman che mescola scaltramente laicità e nazionalismo e gode del favore di numerosi israeliani di origine russa. Nel 2006 era stato il turno di un bizzarro partito per i diritti dei pensionati, completamente scomparso dopo il voto dell’altro ieri, di ottenere non pochi seggi in Parlamento.
Gli israeliani non sono dunque autonomi nelle loro decisioni ma interagiscono con chi li circonda e dipendono dalle posizioni e dalle azioni dei loro nemici. Talvolta la loro reazione ad ansie e timori è giustificata, talaltra eccessiva, ma sempre contrassegnata da un senso di sfiducia di base. Ciò che avviene in Israele dipende inoltre dalle posizioni del governo degli Stati Uniti e dalle promesse della comunità europea di garantire la sicurezza dello Stato ebraico.
Quindi, nonostante i comprensibili timori per il rafforzamento della destra, non dobbiamo dimenticare che il nuovo governo americano e la comunità europea hanno la forza, il dovere e anche il diritto di spingerci verso grandi concessioni sia sul tema della pace con la Siria sia su quello della creazione di uno Stato palestinese. E come nel caso dell’accordo di pace con l’Egitto, siglato nel 1979 da un leader storico della destra, Menachem Begin, è forse più opportuno che sia un esecutivo di destra, supportato dalle fazioni di sinistra della Knesset, a fare future concessioni piuttosto che un governo composto unicamente da partiti di sinistra.

Invitiamo i nostri lettori a leggere l'intervista di A.B.Yehoshua sul giornale francese LE TEMPS, nella nostra sezione INTERNATIONAL.

CORRIERE della SERA - Davide Frattini : " Israele, i laburisti nel rebus di governo "

TEL AVIV — Poche ore dopo la notte elettorale, un ospite arriva a casa di Tzipi Livni. Avigdor Lieberman conosce bene la villetta al nord di Tel Aviv e la famiglia che ci abita. E' stato lui tredici anni fa a offrire il primo lavoro governativo a Tzipi, quando il leader ultranazionalista guidava l'ufficio del primo ministro: Benjamin Netanyahu. Lieberman e Livni sono amici. La figlia di Rahel Toledano, un importante attivista in Yisrael Beitenu, è un'assistente del ministro degli Esteri. Tzipi e Avigdor hanno ballato insieme al suo matrimonio.
Nei negoziati informali cominciati subito dopo il voto, nessuno balla da solo. Un ministro di Kadima — rivela Ben Caspit, prima firma del quotidiano Maariv — starebbe trattando in segreto un asse tra il suo partito, il Likud e i laburisti. Ehud Barak, leader della sinistra, sarebbe d'accordo, Netanyahu avrebbe dato il via libera, Livni sarebbe all'oscuro. Anche perché in Kadima cresce il numero di deputati favorevole alla scelta di andare all'opposizione.
Haim Ramon e Dalia Itzik (transfughi laburisti, quando Ariel Sharon aveva fondato il partito di centro) starebbero cercando di convincere Tzipi. Lei ha posto come condizione la rotazione al vertice, due anni a testa con Bibi.
Il terzetto taglierebbe fuori le richieste dei religiosi (lo Shas innanzitutto) e potrebbe incamerare nella coalizione un Lieberman ridimensionato. L'idea di un governo di unità nazionale piace agli americani — i consiglieri di Barack Obama avrebbero contattato Netanyahu per convincerlo — ed è sostenuta da Javier Solana, Alto rappresentante europeo per la politica estera. Piace anche a Bibi. Nelle interviste pre-elettorali, aveva ammesso che il suo più grande errore nel 1996 era stato non formare una coalizione ampia ed essere rimasto bloccato da un governo di destra. Sarebbe pronto a lasciare a Kadima tre ministeri chiave (Finanze, Esteri, Difesa).
Gli ultraortodossi vogliono fermare l'ingresso di Lieberman. Temono le sue riforme laiche, con l'introduzione delle unioni civili, che andrebbe a toccare il monopolio del rabbinato sui matrimoni. Livni è disposta ad appoggiare il progetto di Yisrael Beitenu, Netanyahu si ritroverebbe vincolato dall'eventuale accordo con lo Shas.
Le consultazioni cominciano mercoledì, quando Shimon Peres riceve alla residenza presidenziale i leader dei partiti per ascoltare le loro preferenze. Chi viene indicato per l'incarico ha 42 giorni per formare una coalizione. Lieberman dice di aver già deciso il suo uomo (o donna) e avrebbe chiesto a tutti e due una nuova azione militare contro Hamas, per rovesciare l'organizzazione al potere a Gaza.
Israele sta negoziando (attraverso il Cairo) una tregua di un anno e mezzo con i fondamentalisti. L'accordo potrebbe essere annunciato domani. In risposta ai lanci di razzi contro Sderot, i jet ieri hanno bombardato ancora i tunnel del contrabbando al confine con l'Egitto e un missile ha ucciso un militante della Jihad islamica. «Stava preparando un attacco terroristico », hanno commentato i portavoce dell'esercito.
Se Livni e Barak decidono di non entrare al governo, sarà lei a guidare l'opposizione, perché guida la formazione con più deputati. «In quel caso, Barak dovrà rinunciare al ruolo di ministro della Difesa ombra », spiega Yossi Verter su
Haaretz. Per legge il capo dell'opposizione ha accesso ai dossier dei servizi segreti e viene tenuto informato dal premier durante le operazioni militari.

CORRIERE della SERA - Francesco Battistini : " E la destra si spacca, sui matrimoni civili "  

GERUSALEMME — 07.324.45050. Di tutti i numeri usciti sulla ruota di Avigdor «Yvette» Lieberman, fenomeno della destra israeliana, è quello che i suoi elettori ricordano di più.
La stanza d'un call center di Gerusalemme, due voci gentili che rispondono: il nuovo telefono amico per chi vuole sposarsi in Israele. Lo inaugurano adesso, sotto San Valentino, e gl'ideatori tengono a dire d'essere di sinistra, di non aver nulla a che fare con Lieberman, ma in fondo vogliono la stessa cosa: «Aiutare chi non ha origini ebraiche purissime e non riesce a far convalidare il suo matrimonio dai rabbini ortodossi, che sono poi quelli che contano». Un problema vero, in Israele. Perché l'Halakha, l'insieme delle leggi religiose ebraiche, stabilisce almeno 24 cause d'inefficacia, prima fra tutte quella di sposare un gentile, ovvero un non ebreo. Perché ci sono almeno trecentomila immigrati russi, d'incerte radici o di coniuge non ebreo, che da sposati non hanno lo stesso trattamento di chi è ebreissimo. Perché è a questi sposi frustrati che Lieberman ha promesso di rivedere la legge: scatenando la furia degli ultrà religiosi e rendendo problematica, forse impossibile, una coalizione di destra intorno a Bibi Netanyahu.
Scene da un matrimonio. O da un divorzio. La triplice della destra — l'Yisrael Beitenu d'Yvette che acchiappa i russi, lo Shas di Ely Yishai che raggruppa i sefarditi, l'Unione per la Torah che richiama gli askenaziti — va d'accordo su molto, dalla pace alla sicurezza, ma è sul diritto coniugale che finisce per dividersi.
«Voglio una società moderna basata sulla tradizione ebraica e sul sionismo », dice Lieberman: un proclama «laico» che apre alle correnti riformate (leggi: ebrei americani) e urta la sensibilità degli ortodossi, fortissimi in Israele, veri esegeti del diritto di famiglia, contrari alle unioni civili e alle conversioni fast food di chi non ha i requisiti stabiliti dal rabbinato. Accade talvolta che anche matrimoni fra ebrei, celebrati all'estero, in Israele siano irregolari perché contro qualche comma dell'Halakha. O che, tema delicato, i figli di matrimoni misti siano accettati come ebrei dai rabbini riformati, ma non dagli ortodossi. Shas e Unione per la Torah non vogliono mollare sul punto, hanno deciso di fare blocco a sé, 16 seggi della Knesset, e d'impedire qualsiasi riforma che somigli a un'eresia: «Nessun divieto, la gente si sposi come vuole — spiega Yishai —. Ma se vogliono appartenere al popolo eletto, perché dovremmo cambiare le regole a loro uso? Nessuna religione lo fa. Ed è la fedeltà alle nostre radici che ci ha preservati nei secoli». Le migrazioni hanno cambiato il Paese, però. Ed è anche sull'introduzione del matrimonio civile, che Lieberman punta: «Lui vuole solo aiutare una parte di chi non riesce a sposarsi — dice Avihay Ben-Haim, l'inventore del telefono amico per i cuori fuorilegge — vuole tutelare i suoi russi: gente che sta in relazioni miste. Il suo obbiettivo è raggiungere un compromesso con lo Shas. Ma ci sono tanti matrimoni fra ebrei, penso anche ai matrimoni fra omosessuali, che se non hanno il benestare del rabbino è come se non esistessero». I consigli dispensati dalle voci amiche sono quelli che un po' tutti conoscono: sposarsi con rito civile nella vicina Cipro, rivolgersi ai rabbini più illuminati, ricorrere a contratti stipulati da un avvocato per attribuire diritti e doveri ai coniugi... «Questo Stato impedisce di vivere un amore in modo formale. Chi ci telefona, ha la possibilità perlomeno di dichiararlo». Alla tedesca, magari: Ich liebe Lieberman.

Il FOGLIO: pubblica un articolo in prima pagina dedicato alle elezioni e alle ipotesi sul prossimo governo israeliano.

Il GIORNO: Lorenzo Bianchi intervista Yael Dayan, molto critica con Avigdor Lieberman.

La REPUBBLICA: Alix Van Buren intervista Avraham Burg, ex portavoce della Knesset ora non più residente in Israele, ma in Francia. La decisione di REPUBBLICA di intervistare sulle elezioni un personaggio completamente screditato e che, con Israele, non ha più nulla a che fare (se non per gli inviti rivolti ai cittadini Israeliani di abbandonare il loro Stato) non ci stupisce e conferma la sua linea pregiudizialmente ostile.

L'UNITA' : Umberto De Giovannangeli intervista Avigdor Lieberman, lasciando trasparire dall'intonazione del pezzo la sua antipatia verso l'uomo politico. Lo accusa di non volere la pace con i palestinesi e di razzismo.
Sempre sull'UNITA' un articolo di Moni Ovadia critica la destra israeliana e parla del " sempre più abbandonato popolo palestinese". A Ovadia consigliamo di smetterla di fare demagogia e, a proposito della destra, di leggere l'articolo di Abraham B. Yehoshua pubblicato dalla STAMPA di oggi e ripreso da Informazione Corretta in questa pagina.

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