La polemica sul negazionismo continua anche oggi, 13/02/2009. Di seguito l'articolo pubblicato dalla STAMPA di Giacomo Galeazzi sulle dichiarazioni del Papa riguardo il negazionismo e l'antisemitismo e sui preparativi per il suo viaggio in Israele (previsto per maggio) e l'intervista di Alessandra Farkas sul CORRIERE della SERA a Elie Wiesel, critico col Papa.
Ecco i testi:
La STAMPA - Giacomo Galeazzi : " Il Papa - guai a negare la Shoah"
CITTA’ DEL VATICANO
«Preparo la visita in Israele, terra sacra per i cristiani e gli ebrei. La Shoah fu un crimine contro Dio e gli uomini». Benedetto XVI incontra i leader delle organizzazioni ebraiche Usa, annuncia il viaggio in Terra Santa, condanna come «intollerabile» il negazionismo e incassa il sì dei rabbini («E’ benvenuto»). Come l’incidente di Ratisbona (provocato dalla citazione papale anti-Maometto), il caso dei lefebvriani sembra avere come epilogo un viaggio apostolico che assume la valenza della riconciliazione con il mondo ebraico.
Nel settembre 2006 il discorso di Benedetto XVI in Germania sollevò le violente critiche del mondo musulmano. Furono necessarie puntualizzazioni del Vaticano, prese di posizione del cardinal Bertone, dichiarazioni di Ratzinger in persona. Gli ambasciatori dei paesi musulmani furono ricevuti a Castel Gandolfo. Ma solo il viaggio del Papa in Turchia a fine 2006, con lo storico momento di raccoglimento nella moschea blu di Istanbul, sancì, anche visivamente, il rispetto che Benedetto XVI tributa all’Islam e il valore che attribuisce al dialogo con i musulmani.
Lo stesso copione si sta ripetendo ora, dopo la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani (tra cui il negazionista britannico Richard Williamson) che ha scatenato le proteste del mondo ebraico. Dopo le precisazioni della sala stampa vaticana, le condanne e le prese di distanza, più o meno vigorose, di svariati episcopati nazionali, le critiche aperte di alcuni cardinali, una dettagliata nota della Segreteria di Stato vaticana e una prima denuncia del Papa, ieri il discorso risolutivo. Ricevendo per la prima volta una delegazione ebraica dopo lo scoppio del caso, Benedetto XVI ha annunciato, a sorpresa, il suo viaggio in Israele a maggio, sinora mai confermato ufficialmente dal Vaticano, al punto da far emergere molte speculazioni sul suo annullamento.
Inoltre, il Pontefice ha condannato con nettezza ogni negazionismo della Shoah (è «intollerabile e del tutto inaccettabile» negare o minimizzare questo «crimine contro Dio e contro gli uomini») e ogni antisemitismo cattolico (la Chiesa è «profondamente e irrevocabilmente impegnata in questo»).
Benedetto XVI ha anche fatto propria la richiesta di perdono di Karol Wojtyla per «coloro che nel corso dei secoli hanno causato sofferenza» al popolo ebraico. Ma nel ricordare la visita in una terra «sacra a cristiani ed ebrei», non ha menzionato i musulmani per i quali quella parimenti è terra sacra. La notizia del viaggio è stata subito accolto con favore dai rabbini stessi presenti all’udienza («Benvenuto!», ha detto il presidente della conferenza delle organizzazioni ebraiche americane, Alan Solow, fiducioso che il Papa aiuterà a contrastare chi vuole la distruzione di Israele) e dal museo della Shoah di Israele («Il Papa rafforzerà questo messaggio importante e univoco sull’importanza della rievocazione dell’Olocausto durante la sua prossima visita allo Yad Vashem a Gerusalemme in maggio», commenta il museo). «Dopo l’episodio dei lefebvriani è molto importante la visita in Israele», osserva il rabbino David Rosen, consulente del Gran Rabbinato di Gerusalemme e uomo-ponte del dialogo ebraico-cattolico.
E se il vescovo negazionista, come ha fatto sapere, non ritratta? «Il Vaticano è stato categorico, non sarà accettato nella Chiesa finché non rinnega le sue posizioni», risponde Rosen. Williamson ora tace. Dopo che gli era stato ingiunto il silenzio, il vescovo nel suo blog si autodefinisce «Dinoscopus» e si fa raffigurare metà vescovo e metà dinosauro, quasi a suggerire che la tradizione cattolica, al giorno d’oggi, è in via di estinzione.
CORRIERE della SERA - Alessandra Farkas : " Parole lodevoli, ora i fatti "
NEW YORK — «Quelle parole sono lodevoli eppure non bastano a ricucire lo strappo provocato dal caso Williamson».
Al telefono da un hotel in Florida, dove per ragioni di sicurezza è registrato sotto falso nome, Elie Wiesel riflette sul mea culpa offerto ieri da Benedetto XVI alle comunità ebraiche. «Ciò che il Papa ha detto è estremamente positivo e sono molto felice che egli abbia denunciato i negazionisti e l'antisemitismo», precisa lo scrittore e Premio Nobel sopravvissuto ad Auschwitz. «Per quanto riguarda Williamson non ha fatto abbastanza ».
Cosa avrebbe dovuto fare?
«Scomunicarlo nuovamente. L'implicazione logica delle sue parole era concludere dicendo: "Williamson è stato erroneamente reintegrato nella chiesa, pertanto lo allontaniamo di nuovo fino a quando non mostrerà pubblicamente rimorso per ciò che ha detto"».
Molti, sia ebrei che cattolici, si sono detti soddisfatti per un incidente che giudicano chiuso.
«Ritengo che il Papa abbia parlato dietro le forti pressioni internazionali di gente come me e come la cancelliera tedesca Angela Merkel. Resta il fatto che il negazionista Richard Williamson oggi è un vescovo ufficiale della Chiesa cattolica».
Secondo il Segretario di Stato del Vaticano il Papa non era al corrente delle tesi di Williamson.
«Prendo per buono ciò che dice il Papa riguardo al passato, anche se il Vaticano è organizzatissimo e mi sembra impossibile che gli siano sfuggite le esternazioni di Williamson pubblicate sulle prime pagine dei giornali prima della revoca della scomunica. Però oggi il Papa sa e dovrebbe trarne le conclusioni di fronte al mondo».
Pensa che la sua visita in Israele dovrebbe essere sospesa?
«Sono un ebreo e non do consigli ai cattolici. È una decisione che spetta agli israeliani e al Vaticano».
Cosa pensa della decisione del rabbino Eric Yoffie, leader dell'influente Union for Reform Judaism, di restare a casa giudicando insanabile la frattura?
«Capisco il suo allarme quando definisce inquietante e gravissimo che un Papa, per giunta tedesco, prenda iniziative che temperano la gravità del negazionismo in un momento in cui l'antisemitismo riesplode in tutta Europa».
Alcuni cattolici americani progressisti temono un ritorno all'era pre-Concilio Vaticano II.
«Spero che si sbaglino perché quella è una pietra miliare nei rapporti tra le due fedi. Due grandissimi pontefici della mia era — Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II — hanno aperto le porte al mondo ebraico e sarebbe rovinoso richiuderle ».
Cosa servirebbe a questo punto per colmare il divario?
«Spetta al Papa intervenire. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati grandi Papi perché hanno agito: il primo creando il Concilio Vaticano II, il secondo visitando Yad Vashem (il Museo dell'Olocausto a Gerusalemme, ndr) e il Muro del Pianto. Benedetto XVI ha offerto parole belle e buone e lo applaudo per questo. Ma adesso servono i fatti ».
È ottimista sul futuro?
«Penso che siamo alle prese con una vera contraddizione storica. Da una parte i rapporti ebrei-cattolici non sono mai stati migliori, dall'altra il caso Williamson li minaccia ben più di quanto non abbiano fatto lo scandalo del convento Carmelitano ad Auschwitz e quello della preghiera in latino per convertirci. Aspettiamo con trepidazione ».
Pensa che alla fine Williamson sarà cacciato?
«Se il dilemma di Benedetto XVI oggi è scegliere tra ultraconservatori cattolici ed ebrei, ci mostri cosa vuole fare. I prossimi giorni saranno un banco di prova: spero che faccia la cosa giusta ».
A sinistra il rabbino Arthur Schneier di New York, grande amico di Informazione Corretta, e leader della lotta per la liberazione degli ebrei dell'Unione Sovietica (ex !).
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