Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Toh, chi si rivede ! Il Hilarion Capucci fermato al largo di Gaza
Testata:Corriere della Sera - Il Giornale - Il Foglio - La Repubblica - L'Unità - Il Manifesto - Liberazione - Il Messaggero Autore: Francesco Battistini - la redazione - Gian Micalessin - la redazione Titolo: «Torna il vescovo con la kefiah Ma la nave non arriva a Gaza - Hamas, soldi in valigia confiscati -La denuncia: Hamas ruba gli aiuti umanitari distribuiti dall'Onu -»
Torna il vescovo con la kefiah Ma la nave non arriva a Gaza - Hamas, soldi in valigia confiscati -La denuncia: Hamas ruba gli aiuti umanitari distribuiti dall'Onu - 4-3-1, è lo schema delle condizioni di Gerusalemme e di Hamas per stabilizzare il dopoguerra a Gaza- Bloccata una nave con aiuti per Gaza
Da pagina 18 del CORRIERE della SERA del 6 febbraio 2009, riportiamo l'articolo di Francesco Battistini "Torna il vescovo con la kefiah Ma la nave non arriva a Gaza " Con un plauso al giornalista per la completezza dell'informazione data al lettore su Hilarion Capucci e sulla sua vicenda:
GERUSALEMME — Per accorciare la galera, nel 1977, aveva cambiato aria. Per rischiare di tornarci, ieri mattina, ha cambiato carico. Niente armi, solo aiuti umanitari. Niente da fare, comunque: che porti alla causa palestinese razzi katyusha o sacche di plasma, il molto reverendo Georges Gabudjii in arte monsignor Hilarion Capucci, 87 anni a marzo, sulla sua rotta trova sempre un gendarme israeliano. Stavolta l'hanno bloccato al largo di Gaza. Stava a bordo d'una nave con bandiera togolese salpata da Tripoli del Libano, passata per Cipro e diretta nelle acque proibite della Striscia. Sua eccellenza, più i volontari del Free Gaza e un paio di giornalisti, venti persone. Nonostante l'età e la brezza, all'ora fatale monsignor Capucci era sul ponte dell' Al-Ikhwa (fratellanza) e non s'è perso nulla: gli allerta via radio della Marina («attenzione, non siete autorizzati a entrare »), gli sciò via megafono, i colpi d'avvertimento, l'abbordaggio di due motovedette, i mitra puntati, le urla e le botte, il fermo, la nuova espulsione. Dicono l'abbia presa con spirito e abbia salutato con tono di sfida: «Ci rivediamo». Chi si rivede. L'infinita vita del vescovo con la kefiah riemerge come un relitto. Un nome quasi dimenticato, che basta però a muovere le pigre acque della solidarietà araba, a fare dell' Al-Ikhwa un vessillo, a scuotere l'audience di Al Jazeera con la testimonianza del reporter: «Stanno aprendo il fuoco contro la nave!... Alcuni soldati sono saliti, ci puntano le armi!... Ci stanno picchiando!...». Picchiano un quasi novantenne? «La normale energia nei confronti di chi opponeva resistenza », dice un portavoce israeliano. «No, maltrattamenti a un alto prelato», protesta Amr Moussa, leader della Lega araba. E la Siria, e il premier libanese Fuad Siniora, e Hamas: «Un atto di pirateria ». Un affannarsi d'unanime solidarietà che nessun'altra nave Free Gaza, e ce ne sono state diverse, ha mai suscitato. Tutto merito di Capucci. Siriano di nascita, «palestinese nell' anima». Uno che preferiva «una morte degna a una pace ingiusta » e quand'era patriarca della microchiesa melchita di Gerusalemme, nominato dal Papa, fu fermato sulla sua Mercedes con targa diplomatica stracarica di 200 detonatori, 400 kg d'esplosivo, 5 bombe a mano, due kalashnikov, quattro pistole e decine di caricatori. Uno che, si scoprì, aveva trasportato anche i tre razzi che dovevano uccidere Henry Kissinger al King David. Monsignor Capucci, altro che i lefebvriani, fu vescovo capace di ridurre al minimo i rapporti Vaticano Israele: condannato a 12 anni, dopo tre venne graziato su intercessione di Paolo VI, spedito a Roma a patto che non tornasse più in Medio Oriente e non s'occupasse più di politica. Promesse mai mantenute: per trent'anni, Capucci non ha fatto che comiziare. Una volta, fu perfino invitato a una festa al Quirinale. E prima che cominciasse la seconda intifada, nel 2000, con preveggenza si presentò al confine col Libano e lanciò un sasso verso Israele, al motto: «Il terrorismo è una lebbra, ma spesso è l'unica risposta possibile». Monsignore ma non troppo, messo a riposo nel '99 da Wojtyla, Capucci torna sul ring e il quotidiano Yedioth Ahronot si chiede a quale scopo. Tenere la scena, probabilmente. Forte di quella strana immunità che ne ha fatto, talvolta, un prezioso interlocutore di soggetti difficili: l'Iran degli ayatollah, l'Iraq di Saddam, l'Arafat con la pistola, gli arabi che terrorizzavano di bombe la Parigi anni '80... «Ci rivediamo », ha salutato: magari intorno a un tavolo, a casa di Hamas?
Da pagina 19 del CORRIERE "Hamas, soldi in valigia confiscati ":
GAZA — Uno dei mediatori di Hamas impegnati nella trattativa per una tregua con Israele grazie all'intermediazione del Cairo è stato fermato dalle guardie di frontiera egiziane di Rafah mentre tentava di portare a Gaza 9 milioni di dollari e 2 milioni di euro in contanti in valigia. La somma è stata sequestrata. Il mediatore Ayman Taha (foto) è stato rilasciato. I 6 membri di Hamas dovrebbero tornare al Cairo nel fine settimana per le trattative. In due occasioni, a giugno e novembre 2006, l'Egitto consentì all'allora ministro degli Esteri Mahmoud Zahar (Hamas) di portare a Gaza 20 milioni in contanti per pagare i salari degli impiegati pubblici (difficili i trasferimenti bancari a causa delle sanzioni). Le sanzioni restano in vigore. Israele ha autorizzato ieri l'Anp a trasferire 43 milioni di dollari per pagare il proprio staff a Gaza.
Da pagina 16 del GIORNALE, "La denuncia: Hamas ruba gli aiuti umanitari distribuiti dall'Onu", di Gian Micalessin:
Hamas ha fame di soldi, aiuti e potere. E così mentre un suo dirigente viene pizzicato alla frontiera egiziana con nove milioni di dollari e due milioni di euro nelle valigie, i poliziotti fondamentalisti di Gaza confiscano, armi in pugno, coperte e razioni alimentari dell’Onu. Le vicende sono le due facce della stessa medaglia. L’invio di contanti, probabilmente iraniani, serve a dimostrare che Hamas è in grado, come a suo tempo Hezbollah, di sanare le ferite della guerra e gestire la ricostruzione. Il tentativo di far transitare quel denaro dalla frontiera rivela l’emergenza finanziaria in cui versa l’organizzazione dopo il bombardamento dei tunnel di Rafah.
La «rapina» di coperte e generi alimentari di proprietà dell’Unwra, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi, serve a riaffermare il potere assoluto sulla Striscia e la volontà di controllare ogni attività politica e sociale, a partire dai soccorsi. Stavolta i primi a denunciare lo scippo umanitario sono i rappresentanti dell’Onu che durante l’operazione Piombo Fuso chiedevano la fine degli attacchi israeliani. Martedì notte, secondo Christofer Gunness, portavoce Unwra nella Striscia, decine di gendarmi fondamentalisti hanno fatto irruzione nei magazzini dell’organizzazione puntando le armi sui sorveglianti e depredando 3.500 coperte e 400 razioni alimentari destinate agli sfollati accampati sulla spiaggia di Gaza.
Ahmed Al Kurdi, ministro per gli affari sociali di Hamas, rivendica la razzia spiegando che coperte e cibo vanno distribuiti non solo agli sfollati, ma a tutti gli abitanti seguendo i programmi decisi dal suo governo. «Siamo l’unica entità capace di garantire una supervisione equa della distribuzione, siamo gli unici responsabili del milione e mezzo di palestinesi di Gaza, siamo gli unici in grado d’impedire distinzioni discriminatorie», sostiene Kurdi rivendicando il controllo assoluto della popolazione. John Holmes, capo delle operazioni umanitarie dell’Onu definisce inammissibile la confisca dei generi di prima necessità e ne chiede l’immediata restituzione. «L’Onu non può accettare che una delle parti in conflitto si renda responsabile della sottrazione degli aiuti», dichiara Holmes avvertendo che la razzia rischia di bloccare la distribuzione di ogni soccorso. L’uomo d’oro di Hamas sorpreso dalle guardie egiziane mentre cercava d’introdurre nella Striscia il tesoretto del movimento altri non è che Ayman Taha, il responsabile della delegazione arrivata in Egitto per discutere le condizioni per il cessate il fuoco. Quei soldi, visto il no a qualsiasi intesa in grado di far riaprire i valichi, servivano a garantire la gestione della Striscia e i rifornimenti essenziali. Taha e i suoi capi dovranno, invece, rassegnarsi alla perdita. I 35 milioni confiscati al premier di Hamas Ismail Haniyeh nel dicembre 2006 vennero girati dalle autorità egiziane sui conti dell’Autorità Palestinese controllati da Fatah.
Monsignor Hilarion Capucci, il vescovo cattolico melchita sorpreso dagli israeliani nel lontano 1973 a trasportare armi per l’Olp e condannato a 12 anni torna intanto a far parlare di sé. L’87enne vescovo di Gerusalemme, in «esilio» a Roma dopo il rilascio ottenuto nel 1976 da Papa Paolo VI, è ricomparso nella cabina di un’imbarcazione sequestrata ieri dalla Marina israeliana mentre cercava di rompere il blocco di Gaza. Stavolta a bordo c’erano solo cibo e medicine e l’irriducibile vescovo potrà, probabilmente, ritornare presto all’esilio romano.
Da pagina 2 dell'inserto del FOGLIO, "4-3-1, è lo schema delle condizioni di Gerusalemme e di Hamas per stabilizzare il dopoguerra a Gaza"
Gerusalemme. La prossima settimana gli israeliani andranno alle elezioni del dopoguerra contro Hamas a Gaza, senza sapere ancora come sarà il dopo guerra. Ieri i responsabili politici dell'organizzazione islamista hanno lasciato il Cairo senza aver detto “sì” alla tregua di lungo periodo con Israele, che l’Egitto sta tentando di mediare dal 18 gennaio. Mohammed Nasr, uno dei negoziatori di Hamas, ha dichiarato che il governo di Gerusalemme vuole evitare la completa riapertura dei valichi con la Striscia, la principale richiesta degli islamisti in cambio di un cessate il fuoco di un anno e mezzo. In realtà, Israele avrebbe offerto di far passare sin da subito il 75 per cento delle merci, condizionando il resto alla liberazione del caporale Gilad Shalit, nelle mani di Hamas da oltre due anni e mezzo. Il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, ieri ha spiegato di essere pronto a “decisioni difficili per riportarlo a casa”. Domani, secondo un funzionario egiziano citato dall’agenzia Mena, i negoziatori di Hamas torneranno al Cairo per dare “la risposta finale” alla bozza di accordo sul cessate il fuoco. Ma il puzzle dei piccoli scambi tra Hamas e Israele, mediati dall’Egitto, non è ancora completo. A pochi giorni dalle elezioni e con il Likud e Yisrael Beiteinu favoriti dai sondaggi, né la leader di Kadima, Tzipi Livni, né quello dei Laburisti, Ehud Barak, possono permettersi di fare concessioni che sarebbero percepite come una vittoria degli islamisti. La logica del blocco – il diritto di chiudere i valichi e le ispezioni minuziose – serve a rafforzare l’autorità del presidente palestinese Abu Mazen, dimostrando alla popolazione della Striscia che vivere sotto Hamas, anziché Fatah, ha un prezzo. Israele è contrario a inserire il cemento armato e l’acciaio – materiali necessari alla ricostruzione, ma utilizzati dagli islamisti per fabbricare bunker e missili – nella lista delle merci autorizzate a entrare a Gaza. E’ escluso che il governo di Gerusalemme accetti la richiesta di Hamas di liberare prigionieri palestinesi di peso come Marwan Barghouti, perché sarebbe un colpo politicamente mortale per Abu Mazen. Per Hamas, invece, sono inaccettabili la creazione di un “perimetro di sicurezza” di 500 metri all’interno della Striscia e la presenza delle forze dell’Autorità palestinese (Ap) al valico di Rafah. L’Egitto ha fissato a giovedì prossimo la data entro cui chiudere, ma la maggioranza degli analisti ritiene che ci vorrà più tempo. Comunque, Israele sarebbe disponibile solo a un “sì” verbale, riservandosi di discutere sui dettagli più tardi. Il puzzle del dopo Gaza è complicato dalle iniziative internazionali, incentrate sulla costituzione di un governo di unità nazionale, ritenuto necessario a gestire i miliardi della ricostruzione e far progredire il processo di pace. L’Egitto vorrebbe avviare i colloqui per la riconciliazione il 22 febbraio e arrivare a un accordo tra Fatah e Hamas entro il 2 marzo, data della Conferenza dei donatori per la ricostruzione a Gaza. Nonostante l’ennesima campagna di persecuzione contro i membri del Fatah, Abu Mazen ripete che “tutte le porte sono aperte” agli islamisti. Interrogato dal Foglio durante la sua visita mercoledì al Parlamento europeo, il presidente ha spiegato che “Hamas non ha interesse a far esplodere in due la nazione palestinese”, salvo poi dover riconoscere che “la scissione della nostra nazione” c’è stata nel giugno 2007 con “il colpo di stato” a Gaza. La presa del potere di Hamas nella Striscia aveva posto fine al primo tentativo di governo di unità nazionale. Rispetto ad allora, e nonostante il maggior impegno promesso, la posizione degli Stati Uniti è sempre la stessa: “Le condizioni poste a Hamas non sono cambiate e non cambieranno”, ha spiegato la segretaria di stato americana, Hillary Clinton. Oltre alla “fine del lancio di razzi contro Israele”, Washington esige il riconoscimento di Israele e il rispetto degli accordi firmati dall’Autorità palestinese (tre condizioni: Israele ne chiede una in più, il disarmo). Ufficialmente l’Europa è sulla stessa linea, ma il presidente francese, Nicolas Sarkozy promuove un approccio a una condizione, più flessibile. “Molte capitali non vogliono ripetere la politica di isolamento di Hamas, perché è contro-produttiva”, spiegano a Parigi. Il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, vede Hamas come “interlocutore” e ha spiegato che la rinuncia alla violenza è “l’elemento fondamentale” delle condizioni per avviare un dialogo formale. Lo scambio immaginato a Parigi – il riconoscimento politico di Hamas se darà il suo assenso a un governo “di consenso” – non fa i conti con Israele, a prescindere dal risultato elettorale. Oltre alla fine della violenza, il riconoscimento del diritto a esistere e il rispetto degli accordi con l’Anp, Gerusalemme di fatto pretende il disarmo di Hamas. Ieri, a Copenaghen, europei e americani non sono riusciti a rispondere alla richiesta di Israele di cambiare il mandato delle loro forze nel Mediterraneo per abbordare le navi e sequestrare le armi a destinazione di Gaza. Nel frattempo, la delegazione di Hamas di ritorno dal Cairo è stata fermata al valico di Rafah con nove milioni di dollari e due milioni di euro nascosti nelle sue valigie.
Da pagina 19 di REPUBBLICA "Bloccata una nave con aiuti per Gaza" ,traffico articolo dal quale Capucci risulta essere stato "detenuto negli anni ´70 in Israele per traffico d´armi ". A ragion veduta, dato che venne sorpreso con il carico nel bagagliaio, particolare che viene omesso
GAZA - La Marina israeliana ha bloccato una nave libanese carica di aiuti diretta verso la striscia di Gaza. La "Barca della Fratellanza" aveva a bordo monsignor Hilarion Capucci (detenuto negli anni ´70 in Israele per traffico d´armi a favore dell´Olp). Secondo le forze armate israeliane a bordo della nave bloccata non c´erano però armi. Al valico di Refah è stato fermato e poi rilasciato un mediatore di Hamas, Ayman Taha: viaggiava verso Gaza con nove milioni di dollari e due milioni di euro, che sono stati sequestrati.
Nell'articolo di Umberto De Giovannangeli pubblicato a pagina 25 dell'UNITA', Capucci viene definito "attivista pro-palestinese", senza chiarire quale sia stato il suo passato. ("Israeliani bloccano nave per la Striscia con aiuti. Protesta Damasco")
Nell'articolo di Michele Giorgio pubblicato a pagina 10 del MANIFESTO, Capucci è un ex detenuto di 86 anni, perseguitato dagli israeliani. Già il titolo è un programma: "Israele assalta nave di aiuti".
A pagina 9, la redazione di LIBERAZIONE prova a far meglio: "Tel Aviv spara alla nave umanitaria. Damasco: E' un atto di pirateria" è il titolo dell'articolo di Sara Volandri.
Non vi sono stati in realtà né un "assalto", né pirateria. La nave è stata fermate ed ispezionata.
Per Eric Salerno, che scrive sul MESSAGGERO, Capucci nel 1974 "era stato stato arrestato, sbattuto in carcere e condannato a 12 anni con l'accusa di aver contrabbandato armi ai palestinesi". Accusa, lo ripetiamo, basata sul fatto che l'arcivescovo era stato colto in fragrante. ("Israele blocca la nave di aiuti: abordo, monsignor Capucci")
Segnaliamo che gli aiuti, trasportati a bordo della Brotherhood, Israele ha già assicurato che li farà pervenire ai cittadini di Gaza, via terra. E speriamo che, almeno questi, non vengano sequestrati dai capi di Hamas come loro solito, per usarli secondo le loro personali necessità, salvo vendere il resto a prezzi fuori mercato ai poveri palestinesi.
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