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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera - Il Giornale - La Repubblica Rassegna Stampa
05.02.2009 Continua la polemica sul vescovo negazionista
E Andrea Tornielli continua a credere al "complotto"

Testata:La Stampa - Corriere della Sera - Il Giornale - La Repubblica
Autore: Gian Enrico Rusconi - Maria Antonietta Calabrò - Andrea Tornielli - Marco Politi
Titolo: «La Chiesa tentata dal passato - Fermo richiamo del Papa : ' Il negazionista ritratti ' - Il Vaticano: sulla Shoah Williamson ritratti o non sarà più vescovo -E ora in Curia è caccia al colpevole così è nata la catena degli errori»

La polemica  sulla decisione del Papa di revocare la scomunica ai vescovi lefebvriani, tra i quali il negazionista Williamson, continua anche oggi, 05/02/2009, sulle pagine dei quotidiani.
Di seguito pubblichiamo l'editoriale di Gian Enrico Rusconi " La Chiesa tentata dal passato " pubblicato sulla STAMPA di oggi e la cronaca di Maria Antonietta Calabrò " Fermo richiamo del Papa : ' Il negazionista ritratti ' " pubblicata sul CORRIERE della SERA. Ecco i due articoli:

LA STAMPA - Gian Enrico Rusconi " La Chiesa tentata dal passato "

Finalmente il Vaticano ha richiesto in modo netto ed esplicito al vescovo Williamson di ritrattare le sue tesi negazioniste. Era ora - e condividiamo la soddisfazione generale.
Ci chiediamo se questo ripensamento vaticano dopo tante incertezze sia - non da ultimo - il risultato della prese di posizione della cancelliera Angela Merkel. Questa aveva chiesto in forma ferma, pubblica ed esplicita al Papa un «chiarimento convincente», raccogliendo il consenso unanime dei suoi concittadini. «È una questione di principio», ha detto. Non è una faccenda interna alla Chiesa. L’operazione vaticana di riabilitazione di Williamson rischiava infatti di offendere profondamente la società civile e religiosa tedesca che del ricordo dell’Olocausto ha fatto un momento fondante della religione civile della nuova Germania. Era incomprensibile che «il Papa tedesco» non avesse interiorizzato questa realtà. Ma è anche apprezzabile che in un’Europa politica imbarazzata o indifferente sia stata la cancelliera tedesca a sollevare senza timidezze il problema.
Le prime impacciate repliche d’ufficio da parte vaticana misuravano tutta la distanza tra la presunzione di un’istituzione che si crede inattaccabile e la reazione compatta di una società politica matura, religiosamente e civilmente.

L’iniziativa della Merkel, infatti, seguiva di ventiquattr’ore un’impressionante manifestazione pubblica di critica - sugli schermi televisivi dei telegiornali - da parte dei più alti uomini della Chiesa cattolica tedesca. Critica ponderata, sofferta, rispettosa, ma ferma. Ha raggiunto il suo obiettivo.
Rimane l’interrogativo di perché il Papa abbia esitato tanto. Davvero non era al corrente delle convinzioni di Williamson? O non ne aveva valutato a pieno la portata dirompente? È stato mal consigliato? Da chi?
Questa volta la questione non è riconducibile a una trappola mediatica. C’è il precedente della prolusione a Ratisbona di qualche anno fa, dove una maldestra citazione sulla malvagità del maomettanesimo scatenò una bufera di proteste del mondo islamico. Allora il Pontefice rettificò il suo discorso, dichiarando di essere stato frainteso e ricucendo i buoni rapporti con l’Islam. Riaffermò la sua stima e affetto nei suoi confronti, senza ovviamente mutare di una virgola la tesi ineccepibile dell’incompatibilità delle due teologie cristiana e islamica.
Questa volta la questione è più complessa. Le tesi negazioniste di Williamson, ripetute pubblicamente senza batter ciglio, nascondono un impressionante antigiudaismo (teologico?) esplicito o latente nella comunità dei lefebvriani. Non solo. Ma alcuni membri della comunità sembrano dar voce a un aperto disprezzo - in nome della Verità - verso tutte le altre religioni e verso le altre confessioni cristiane.
Non c’è bisogno di essere esperti della dottrina della Chiesa per capire che siamo alla negazione delle tesi del Concilio Vaticano II. Anzi all’esibizione di quel rifiuto. Che senso ha allora la «fraterna apertura» nei confronti della Comunità di san Pio X? I suoi membri hanno forse mostrato segni di resipiscenza o fatto gesti di umiltà verso la Chiesa? Non sembrerebbe.
A questo punto viene il dubbio che in Vaticano ci sia qualcuno che apprezza proprio l’intransigenza dogmatica e il gusto della pura e semplice restaurazione liturgica e cultuale tradizionale. Rispetto ad essa, tutto il resto diventa opinione personale, compresa la negazione dell’Olocausto. Questo atteggiamento tradisce una logica del primato assoluto dell’istituzione ecclesiale che rischia di essere fatale per la Chiesa.
Forse lo sgradevole episodio del vescovo Williamson è un avvertimento agli uomini di Chiesa che si guardino dai pericoli della autoreferenzialità. È bene che ascoltino le voci e gli argomenti anche di chi sta fuori della Chiesa.

CORRIERE della SERA  - Maria Antonietta Calabrò " Fermo richiamo del Papa : ' Il negazionista ritratti ' "

ROMA — Alla fine è intervenuta la Segreteria di Stato. Ma la nota esprime come ha dichiarato al Tg1 il portavoce vaticano padre Lombardi, la posizione stessa del Papa. Il vescovo negazionista Richard Williamson, uno dei quattro lefebvriani cui è stata revocata la scomunica lo scorso 21 gennaio, o sconfesserà pienamente e totalmente le tesi negazioniste espresse sui campi di concentramento e le camere a gas durante il secondo conflitto mondiale, oppure resterà fuori dalla Chiesa cattolica.
In questo modo, dopo quindici giorni in cui la Santa Sede è stata esposta a critiche provenienti da ogni parte del mondo, ultima quella della cancelliera tedesca Angela Merkel, il Vaticano ha posto un ultimatum: o ci sarà una piena ritrattazione oppure non ci sarà posto per il vescovo britannico. Williamson ha già espresso delle ambigue scuse al Papa senza però mettere in discussione una virgola di quanto aveva affermato. Dichiarazioni di cui il Papa — sostiene la nota — non era a conoscenza «nel momento della remissione della scomunica». Mentre il prete lefebvriano, Abrahamowicz, ha già detto che non ritratterà perché è stato travisato.
Proprio ieri mattina il ministero degli Esteri israeliano (che finora non aveva mai voluto commentare la vicenda definendola estranea ai rapporti tra i due stati) ha espresso ufficialmente il «rincrescimento e la preoccupazione dello Stato di Israele» per «la riabilitazione del vescovo negazionista dell'Olocausto, Richard Williamson». Un fatto, prosegue il comunicato, che «offende ogni ebreo, in Israele e nel mondo, e umilia la memoria di tutte le vittime e i sopravvissuti dell'Olocausto. Noi ci attendiamo che la Santa Sede rinneghi decisamente tutti i negazionisti dell'Olocausto,in generale, ovunque siano, e in particolare il vescovo Williamson». Apprezzando le precedenti affermazioni vaticane come «un primo passo nella giusta direzione », conclude il ministero degli Esteri, «noi ci aspettiamo più esplicite e inequivocabili decisioni e affermazioni su questo caso». La «risposta» della segreteria di Stato vaticana non si è fatta attendere e ha anche precisato che «lo scioglimento dalla scomunica ha liberato i quattro Vescovi da una pena canonica gravissima, ma non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa Cattolica». Così come i quattro vescovi «non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano lecitamente un ministero in essa».

Anche Il GIORNALE tratta l'argomento pubblicando  " Il Vaticano: sulla Shoah Williamson ritratti o non sarà più vescovo ",  un articolo di Andrea Tornielli , il quale, nonostante debba riportare le smentite circa la fantomatica cospirazione ai danni del Papa (bufala alla quale lui aveva immediatamente prestato fede, si veda   " Andrea Tornielli ha trovato le due colpevoli", da INFORMAZIONE CORETTA del 5 febbraio 2009)  non rinuncia all'idea del complotto (demo-pluto-giudaico-omo-massonico ? ) scrivendo a conclusione del suo articolo:

"
Ali Fegan, il giornalista dell’emittente svedese Stv, ha negato l’esistenza di qualsiasi «complotto» ai danni di Benedetto XVI nel documentario con l’intervista a Williamson da lui curato, come invece ipotizzato nel dossier fatto circolare in questi giorni in Vaticano e anticipato dal Giornale. Anche se nei sacri palazzi più d’uno continua a ipotizzare che non tutta l’attuale tempesta sia scoppiata per pura coincidenza ".

Su La REPUBBLICA, più realisticamente, Marco Politi ricostruisce le  la catena di errori della Curia vaticana, alla base della vicenda Williamson. Da pagina 17
"E ora in Curia è caccia al colpevole così è nata la catena degli errori":

CITTÀ DEL VATICANO - Le date sono importanti e anche il conto dei minuti. Il 22 gennaio l´agenzia cattolica Asca diffonde, riprendendola da alcuni giornali, l´indiscrezione che il Vaticano sta per revocare la scomunica ai lefebrviani. Sono le ore 9,13. Già alle 10,46 l´Asca rilancia ampi dettagli sull´intervista negazionista di Williamson.
Il Vaticano ha dunque due giorni di tempo per stoppare lo scandalo. E´ vero, il decreto di revoca è stato firmato già il 21 gennaio dal cardinale Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, su mandato di Benedetto XVI. Ma nel Palazzo apostolico c´è la possibilità di congelare il decreto ed esigere da Williamson una ritrattazione pubblica totale, che solo ora il Vaticano chiede. Non avviene.
Se papa Ratzinger non conosceva gli aspetti oscuri di Williamson, la responsabilità di non averlo informato ricade sul cardinale Castrillon Hoyos, presidente della commissione Ecclesia Dei incaricata di negoziare la riconciliazione con i lefebrviani. Una responsabilità pesante. Williamson ha un blog che straripa di esternazioni reazionarie. Ignorarlo è impossibile. In realtà il cardinale Castrillon Hoyos ha un unico obiettivo: graziare i vescovi lefebvriani senza esigere da loro la preventiva accettazione del Concilio. Lasciando che il loro superiore Fellay dichiari ambiguamente di accettare gli insegnamenti della Chiesa e il primato del Papa, evitando di nominare il Vaticano II.
La strategia è condivisa dal pontefice, che preferisce lasciare «a dopo» i chiarimenti essenziali. Dipende da Ratzinger se gli episcopati di Francia, Svizzera e Germania non sono stati né coinvolti né informati. Dipende dai suoi collaboratori più stretti se, a scandalo scoppiato, i vertici vaticani siano convinti che tutto si placherà e che la colpa è, al solito, del presunto anticlericalismo dei media. La verità è che Benedetto XVI tende a non calcolare (perché ritiene la sua missione molto al di sopra) l´effetto delle sue decisioni sull´opinione pubblica.
E´ noto in Vaticano che il cardinale Re, firmatario del decreto, è irritato per il modo di procedere di Castrillon Hoyos, che si accontenta della lettera in cui Williamson si scusa delle sue «imprudenti» affermazioni. Però ha suscitato disorientamento Oltretevere anche la constatazione che - a differenza di quanto fece nel 2006 dopo il discorso papale di Ratisbona sull´Islam - il Segretario di Stato cardinale Bertone non sia intervenuto subito per contrastare il danno e far pubblicare la Nota di chiarimento apparsa soltanto ieri. Al fondo tutti sono apparsi soggiogati dall´impressione che il Papa avesse già deciso di affrettare la riconciliazione con i seguaci del nemico del Concilio Lefebvre.

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