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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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la Stampa - Libero Rassegna Stampa
01.02.2009 Trent'anni di khomeinismo : primi violini Igor Man e Marcello Veneziani
Sulla Stampa e su Libero

Testata:la Stampa - Libero
Autore: Igor Man-Marcello Veneziani
Titolo: «Rivoluzione Khomeini»

Da trent'anni il potere khomeinista governa l'Iran. Sulla STAMPA e su LIBERO di oggi, 01/02/2009, due articoli sull'argomento, di Igor Man(zella) sul primo, di Marcello Veneziani sul secondo.

La STAMPA - Igor Man : " Rivoluzione Khomeini "

L'inizio ricorda Liala ( che non merita un epigono simile ). Superato lo shock del " cielo azzurroceramica " e " le cime innevate " , il solito panegirico che caratterizza da sempre il Man(zella). Dimenticando che la sua salita al potere fu programmata e finanziata dalla Francia , il nostro fa riferimento all'aereo sul quale il futuro tiranno giunse a Teheran , definendolo " noleggiato a credito ". Al suo tavolo dei ricordi , messo da parte per un momento Arafat ( ma siamo sicuri che lo ritirerà fuori quanto prima ) , il Man(zella) dedica le sue righe , tra dimenticanze e citazioni altrui , ( tutte da verificare ) allo scomparso tiranno. Ecco il suo articolo:

Il giorno primo di febbraio dell’anno 1979, 12 Bahaman 1357, un jumbo dell’Air France compare nel cielo azzurroceramica di Teheran, sfiorando le cime innevate dei Monti Alborz. Su quel jumbo, noleggiato a credito, c’è Khomeini, il «profeta disarmato». Ritorna in patria dopo quindici anni di esilio e Teheran sembra impazzita: milioni e milioni di persone d’ogni età e condizione, piangendo inondano le strade. Violentemente gridano Allahu Akbar (Dio è il più grande), marg bar scià (morte allo Scià). «Il mondo non aveva mai visto uno spettacolo simile» scriverà il New York Times. L’Iran è squassato dall’esaltazione, le truppe sono consegnate in caserma, è un momento cruciale ma lui, il vecchio ayatollah (presenza di Allah) che durante il viaggio ha sonnecchiato, si sveglia soltanto dopo l’atterraggio. Un giornalista della Ncc gli domanda: «Cosa prova in questo momento?» e lui: «Nulla».
Voci di fanciulli e grida di vecchi danno il benvenuto al santone che solleva la mano benedicente: una poltiglia di consonanti cancella il silenzio - è la Babele del pianto gioioso, delle invocazioni più turibolanti. Cinque mullah massicci sollevano Khomeini di peso, caricandolo su di una Land Rover bianca ma la folla sta per sommergerla sicché l’imam viene sbrigativamente imbarcato su di un elicottero che infine atterrerà nell’immenso «giardino di Zora», il monumentale cimitero di Teheran gremito da una folla oramai rauca. Khomeini è disfatto dalla stanchezza ma la sua voce è fonda e forte. «Taglieremo le mani dei traditori, spezzeremo i denti ai nemici dell’Islàm». Parla a un milione di persone che ad ogni frase fanno eco gridando furiosamente: «Sa’i ast» che vuol dire al tempo stesso: è giusto-così sia.
Scampato fortunosamente allo smembramento durante un funerale orgiastico, quasi un linciaggio, il fragile corpo di Khomeini giace, oramai dal 6 di giugno del 1989, 16 Khordad 1368, in una tomba-mausoleo, a ridosso del riquadro 17 dove riposano i martiri della «rivoluzione a mani nude». E vien fatto di domandarsi come il suo potere abbia potuto trionfare dal 1979 ad oggi, superando ostacoli tremendi. «Ad oggi», sissignori poiché la cupola in turbante che governa e comanda in Iran con la regia della Guida suprema, l’ayatollah Khamenei, non ha vita facile, Khamenei non possiede il fascino del vecchio imam, ma sfidando marosi anche ideologici tiene fermamente la barra del timone.
E dunque: come il leggendario Gufo di Javaran (Joghd e Javaran) è riuscito a sfangarla? Come ha fatto a superare primo fra tutti gli ostacoli il massacrante conflitto con l’Iraq che Khomeini anziché concludere con l’eliminazione del «cane rognoso» Saddam Hussein, fu costretto a interrompere, tracannando l’amaro calice della risoluzione 598 delle Nazioni Unite? In forza del terrore? No, il terrore da solo non sarebbe bastato per trionfare in un paese come l’Iran, dove lo sciismo è sinonimo di rifiuto, di protesta perenne. La sua arma vincente è stata piuttosto il Corano ch’egli ha usato secondo un tempismo eccezionale, pescando nel Libro il versetto utile in quel preciso momento.
Gli iraniani sono indoeuropei, praticano il Corano della Scìa; l’Iran è un grande paese di alta fantasia dove la religiosità è spontanea, nasce e cresce con l’uomo. Ne esalta la condotta di vita mutuata da al Quran. Khomeini studiò all’Università coranica di Qom, «calandosi nel Libro».
Il giovine che studia nella «città santa» dello Sciismo è un divoratore di libri. Si specializza in etica e giurisprudenza. Legge anche i filosofi greci ed è affascinato dalla Repubblica di Platone governata da un filosofo-re sulla quale ha cercato di modellare la sua repubblica islamica, una volta assurto al potere. Solo che il suo islàm non è mediazione, bensì scolastica. Khomeini aveva letto Platone ma non Bodin i cui precetti fondamentali, tuttavia, ha applicato nella presunzione che l’imam (come il re) rappresenta il popolo, è il maestro e il padrone: tutto, insomma. (In quest’ottica, paradossalmente, appare possibile, anche oggi, un «incontro dialettico» con protagonisti l’Occidente e l’Iran).
Non è stato Khomeini a far la rivoluzione; è stata la rivoluzione a creare Khomeini, ha scritto Time. Codesta proposizione ha un suo fondamento, soprattutto se riferita alla prima fase della rivoluzione, quando l’imam è esule in Iraq. Retrospettivamente (trent’anni dopo) è possibile fissare due fasi nella rivoluzione khomeinista. La prima, appunto, è la rivolta popolare pagata a caro prezzo da quelle forze laiche e progressiste che si illudevano di usare a guisa di locomotore il sollevamento religioso. La seconda è un vero e proprio golpe freddo che concentra tutto il potere nelle mani dei religiosi. È un golpe freddo che comincia con la presa degli ostaggi americani e, attraverso ripiegamenti tattici cui seguono terribili fughe in avanti, porta, dopo il rilascio degli ostaggi, all’erosione di Bani Sadr, presidente della Repubblica. Nasce la Teocrazia khomeinista.
La sua sfida agli ismi contemporanei ha costretto la Casa Bianca sulla difensiva, ha iniettato ideologia e dollari nella galassia islamica, turba i sonni dei leaders arabi «moderati». Ha fatto del turbante un inedito distributore di armi e di sogni.

LIBERO - Marcello Veneziani : " L'Iran è cattivo, ma non del tutto. Meglio capirlo "

Degno compare del precedente , Marcello Veneziani invita a capire l'Iran di Mahmud Ahmadinejad , mettendo in luce gli aspetti " positivi " del suo regime. Le donne sono velate , il che vuol dire che sono emancipate , gli omosessuali pendono dalla forca , per questo tendono a esistere sempre meno , la " bomba atomica fa paura , ma non si capisce perchè non debba averla l'Iran dato che ce l'hanno anche altri paesi ". E' poi un errore vedere l'Iran come " nemico principale " , "cuore maligno dell'Islam da cui partono tutti gli odi e gli assalti all'occidente ". Veneziani non ha mai sentito nominare Hamas , Hezbollah , Jihad islamica , e altri terrorismi vari , che vivono grazie alla volontà dell'Iran. E' , come dice Veneziani , " un grande paese con una grande storia, una grande cultura , una posizione geopolitica e strategica molto importante ". Abbiamo il dubbio, ma è quasi una certezza , che avrebbe usato le stesse parole negli anni '30 riferendosi ad un paese europeo che risponde al nome di Germania. Ecco il suo articolo:

Trent'anni fa scoppiò nel mondo l'Islam. Era il primo febbraio del '79 quando Khomeini portò la sua Rivoluzione nel cuore dell'Iran. Fino allora l'islam era un ricordo minaccioso del passato, un malessere serpeggiante in Medio Oriente ma anche in America dove tanti detenuti, soprattutto stupratori e neri, si convertivano ad Allah direttamente in carcere. Ci fu il caso di Malcom X o di Cassius Clay. Ma l'islam da noi era un ricordo quasi scolastico, si confondeva col feroce Saladino, mamma li Turchi, più i venditori di tappeti. Prima della rivoluzione iraniana, gli islamici si chiamavano da noi musulmani o maomettani e si pensava che la religione avrebbe lasciato il posto alla rivoluzione: l'islam del XX secolo è il comunismo, si diceva allora. Accadde il contrario. La rivoluzione lasciò il posto alla jihad, il comunismo del nostro secolo fu l'islam. Vorrei dire quattro cose sulla rivoluzione iraniana che riguardano anche noi occidentali. La prima già filtrava dalla premessa: la rivoluzione islamica fu salutata nel mondo e anche in Iran come una rivoluzione radicale di stampo marxista, seppur condita con spezie islamiche. Il ceto degli intellettuali iraniani che aveva fatto il suo 68 vide in quella rivoluzione la liberazione dall'occidente capitalista e dal suo servo, lo Scià. Khomeini crebbe con la complicità di tutto il mondo progressista, occidentale e medio orientale. Che poi si ritrasse ma lentamente e mai totalmente, per l'impronta che gli ayatollah dettero alla Rivoluzione: religione e tradizione, ritorno forzato al passato, spiritualità e preghiera, difesa della proprietà privata e mito della guerra santa. Ma fu Khomeini a interrompere il sogno di un islamomarxismo, non furono certo i marxisti a dissociarsi dopo le violenze e le repressioni. Ora la buttano sul razzismo e sull'islamofascismo; ma a tifare per la rivoluzione islamica da loro e anche da noi, furono i radical, i progressisti e i comunisti. E tuttora...La seconda cosa che vorrei ricordare riguarda il ritorno agli usi e costumi islamici, ben riassunti dalla reintroduzione obbligata del chador, uno dei primissimi atti della rivoluzione khomeinista. Va detta in tutta onestà una cosa: se non puoi costringere con una legge dello Stato le donne a indossare il velo, non puoi nemmeno proibire con una legge l'uso del velo, come aveva fatto lo Scià decenni prima. Non si può costringere alla religione ma nemmeno alla laicità; la fede non può essere un obbligo di leva, ma nemmeno la modernità occidentale. Fu sbagliato forzare il popolo iraniano a liberarsi della sua tradizione; e viceversa fu sbagliato forzarlo a restaurarla. I costumi evolvono da soli, si possono adottare politiche culturali per favorire i progressi o le tradizioni, ma non forzarli.
Sul velo aggiungo una curiosità. L'obbligo a svelare le donne aveva spinto milioni di famiglie all'antica a ritirare in casa le loro figlie; l'obbligo opposto, imposto da Khomeini, diventò paradossalmente una spinta all'emancipazione femminile. Da allora milioni di donne frequentarono la scuola e si inserirono nel lavoro; il velo fu il passepartout della loro emancipazione. E infatti oggi le donne prevalgono in Iran tra i laureati.
Terza cosa che va detta. Noi ci lamentiamo dell'odio nutrito dagli islamici iraniani contro l'occidente ma dobbiamo pure ricordare che l'America e i suoi alleati armarono e sostennero l'Iraq di Saddam contro l'Iran di Khomeini in una guerra sanguinosa che rafforzò il regime degli ayatollah e cementò l'odio contro l'occidente. Si pensava che il dittatore di Bagdad fosse più laico e socialista degli ayatollah, dunque più vicino all'occidente; e lo pensò anche lui che perciò si allargò in Kuwait, col placet anglo-atlantico. Ma poi fu scatenata la feroce guerra del golfo.
La quarta cosa riguarda la bomba atomica. Certo, fa paura la bomba nelle mani di Ahmadinejad, ma come si può dire agli iraniani che l'atomica possono averla Paesi vicini come il Pakistan, l'India, Israele, ma non l'Iran?
Va poi detto che l'Iran paradossalmente ha bisogno dell'energia nucleare perché produce petrolio ma non lo raffina, compra da fuori il suo stesso petrolio e lo stato paga per tenere basso il prezzo dei carburanti. È assurdo ma è così; lo Stato non tassa la benzina ma ne riduce il prezzo a suo carico. Un altro paradosso della società iraniana è che la subordinazione della sfera pubblica a quella ideologico-religiosa ha creato una società schizofrenica con una ricca vita privata, libera e gaudente, con forti tratti occidentali, in continuità con la Persia degli Scià, ed una sorvegliata vita pubblica, vigilata da imam e pasdaran. Una doppia vita fatta d'ipocrisie. Ci sono tante petulanti femministe col chador... Ma è un errore vedere l'Iran come il Nemico principale, il Cuore maligno dell'islam da cui partono tutti gli odi e gli assalti all'Occidente. L'Iran è un grande paese con una grande storia e una grande cultura, ha una posizione geopolitica e strategica importante. Dobbiamo sanare le ferite del passato, come l'attacco iraniano all'ambasciata Usa o l'aereo civile iraniano abbattuto dagli Usa. Un'intesa euro-americana con l'Iran, riconoscendogli la leadership regionale, potrebbe arginare e isolare i focolai di odio e di terrorismo islamico, trattando fra Stati. L'Occidente dev'essere pronto al confronto e al conflitto con l'islam, senza stupidi pacifismi e stupidi bellicismi. Apriamo le persiane... Confesso infine di non nutrire antipatia per l'Iran né per l'islam; non mi piace invece l'islamizzazione della nostra civiltà. E pur nella differenza, la stessa cosa penso dell'americanizzazione: non mi dispiace l'America, mi dispiace invece diventarne la clonazione, la brutta copia.
Girando una sera intorno a casa in cerca di una pizza ho scoperto la nascita in pochi mesi di quattro spacci di kebab. Posso mangiarlo a Teheran, ma a Roma mi fa schifo quasi quanto l'hamburger al ketchup... Viva la focaccia.

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