Continua oggi, 31/01/2009, sui quotidiani italiani la polemica sulle dichiarazioni negazioniste dei Lefebvriani riammessi in seno alla Chiesa cattolica da Papa Benedetto XVI. Riprendiamo la cronaca di Giacomo Galeazzi su LA STAMPA e di Dimitri Buffa su L'OPINIONE, il commento di Peppino Caldarola su IL RIFORMISTA
LA STAMPA - Giacomo Galeazzi : " Shoah, il vescovo si scusa, ma soltanto con il Papa "
CITTA’DEL VATICANO
«La prego, Santo Padre, di accettare la mia sincera manifestazione di dolore per le angosce che ho causato a lei». Il vescovo ultraconservatore Richard Williamson chiede perdono al Papa per gli «inutili problemi creati», promette di offrire una messa per Benedetto XVI, ma non si scusa con gli ebrei per aver negato la Shoah. «Frasi imprudenti» è il massimo dell’autocritica pronunciata dal vescovo scismatico, mentre i lefebvriani si rifugiano nel silenzio stampa e anche un incontro a livello italiano previsto per oggi a Rimini è stato rinviato. Da Buenos Aires, dove vive Williamson, giungono voci di una sua rimozione dal seminario che dal 2003 dirige in un monastero. Nel suo blog, il vescovo negazionista spiega di aver scritto la lettera di scuse al Papa per rispetto dell’autorità pontificia, più che per aderire alla «Verità divina», deplorando la «tempesta mediatica destinata al Santo Padre più che ad un vescovo relativamente insignificante». Dunque, nessuna «ritrattazione completa» come richiesto dalle autorità religiose ebraiche, nonostante nei Sacri Palazzi si sia lavorato instancabilmente nelle ultime ore per ottenere dai responsabili della Fraternità un atto di pubblico pentimento.
Il Vaticano sta prendendo le distanze in maniera sempre più marcata dai membri della «San Pio X» che in questi giorni continuano però a rilasciare dichiarazioni tutt’altro che concilianti su temi come la Shoah, le camere a gas, il Concilio Vaticano II e l’autorità del Pontefice. «Chi nega il fatto dell’Olocausto non sa nulla né del mistero di Dio, né della Croce di Cristo. Tanto più è grave, quindi, se la negazione viene dalla bocca di un sacerdote o di un vescovo, cioè di un ministro cristiano, sia unito o no con la Chiesa cattolica», chiarisce il portavoce papale, padre Federico Lombardi. Le acque, però, restano agitate e la calma è solo in superficie. A maggior ragiona ora che il Papa pare deciso a riprendere in seno alla Chiesa i tradionalisti anglicani: sono mezzo milione e molti gli sposati.
Difficile comunque considerare la lettera del vescovo lefebvriano come un «atto di riparazione» e il fenomeno-lefebvriani sembra complessivamente sfuggire al controllo del Vaticano. Nel gruppo scismatico emerge un settore contrario ad un accordo con la Santa Sede, ma ormai il decreto di revoca della scomunica è stato emanato e la Segreteria di Stato tenta di ricucire i rapporti con l’ebraismo. Il Gran Rabbinato d’Israele, con un gesto senza precedenti, ha messo in discussione i rapporti con la Chiesa di Roma. Da parte ebraica resta un dubbio di non facile soluzione per i palazzi apostolici dopo la cancellazione della scomunica: l’antisemitismo, la negazione dell’Olocausto, la contrarietà al dialogo con gli ebrei, sono elementi discriminanti affinché un pastore della Chiesa eserciti il suo servizio, oppure no? Nei prossimi giorni, dopo le dichiarazioni di principio del Papa apprezzate a Gerusalemme e nel resto del mondo, la Santa Sede dovrà trovare una risposta formale a questo delicato problema. E in difficoltà sono anche le conferenze episcopali del centro e nord Europa dove sono attivi gruppi di lefebvriani e dove l’attaccamento dei vescovi al Concilio Vaticano II è molto forte. L’auspicio del Vaticano era che si raggiungesse la piena comunione in tempi rapidi, ma la fedeltà al vero Magistero, richiesta mercoledì da Benedetto XVI, sembra non essere affatto nelle corde dei lefebvriani. Perciò la linea della Santa Sede ha subito un aggiustamento. L’accento, con una forse tardiva forma di prudenza, è stato messo sul fatto che non è stata raggiunta una piena unità. Resta però che i quattro vescovi fanno ora parte del collegio episcopale senza sapere ancora in che termini sarà inquadrata giuridicamente la Fraternità.
L'OPINIONE - Dimitri Buffa : " Il Papa ora non riesce più a zittire i Lefebvriani "
"A certa gente se si dà un dito ti si prende anche il braccio". Il
commento, raccolto negli ambienti della curia romana, più di ogni altro
illustra l'autogol di immagine e di comunicazione che ha creato l'avere
tolto la scomunica ai non pochi seguaci del defunto (nel 1991) monsignor
Marcel Lefebvre. Evento che sta avendo per il Vaticano effetti collaterali
oramai pericolosissimi.
"Quella gente" infatti sono chiaramente i lefebvriani. Il problema è che
questi signori, oltre a covare il vecchio anti semitismo cattolico pre
concilio Vaticano II, sono anche non poco esibizionisti. E quindi il
Vaticano deve metterci una pezza. Ormai una al giorno, per la precisione.
E questo per evitare di fare tornare indietro di cento e passa anni il
dialogo con i fratelli maggiori dell¹ebraismo. Come li chiamò Karol Woytjla.
Così ieri in una sola giornata le alte sfere vaticane sono dovute
intervenire due volte per sedare le polemiche con i rabbini di mezzo mondo e
per evitare che Israele ritiri il proprio ambasciatore presso la santa Sede,
cosa che secondo Haaretz potrebbe essere ancora possibilissima.
Il primo intervento è stato quello di padre Federico Lombardi, portavoce
della Santa Sede, che in una nota letta e trasmessa da Radio vaticana ha
dovuto paragonare la shoà ai misteri della Croce e conseguentemente
paragonare chi la nega a chi nega l¹esistenza stessa di Cristo. Una cosa
francamente molto impegnativa dal livello teologico, ma indice del disperato
problema di comunicazione in cui si trova oggi la Chiesa di Roma per colpa
di quattro scalmanati fanatici integralisti che con il senno di poi non
c¹era alcun bisogno, né urgenza, di far tornare all¹ovile. Come se non
fossero bastate le parole negazioniste del reverendo Richard Williamson (uno
dei quattro vescovi ordinati da Lefebvre il 15 giugno 1988, cosa che poi gli
costò la scomunica) infatti, il giorno dopo un altro prete aveva accettato
di fare da fenomeno da baraccone mediatico dicendo davanti alle telecamere
che le camere a gas servivano per disinfettare.
Peraltro, pressata da Roma, ieri la Comunità lefebrviana italiana ha
evitato di commentare le ulteriori dichiarazioni provocatorie sul Papa e sul
Concilio Vaticano II rilasciate giovedì dal priore di Rimini don Pierpaolo
Petrucci (che ha ricordato come la linea lefevriana resti pre-conciliare e
che ha parlato di "scandalo" a proposito della preghiera di Ratzinger nella
moschea blu di Istanbul nel 2006), e ha deciso altresì di annullare il
raduno nazionale, il "Lefebvre pride", che si sarebbe dovuto tenere oggi
proprio nella città romagnola. Lo ha detto all'Ansa padre Davide Pagliarani,
responsabile per l'Italia della "Fraternità di San Pio X". Una delle loro
congreghe.
La decisione è venuta dopo avere sentito le parole di padre Lombardi secondo
cui "chi nega il fatto della Shoah non sa nulla nè del mistero di Dio, nè della Croce di Cristo".
E padre Lombardi per non lasciare niente di inesplicitato ha anche aggiunto
che "l'accostamento tra la Shoah e il mistero di Dio e della Croce rende
tanto più grave la negazione del genocidio ebraico", specie "quando viene
dalla bocca di un sacerdote o di un vescovo, cioè di un ministro cristiano,
sia unito o no con la Chiesa cattolica".
Insomma un chiaro altolà: "sennò vi ributtiamo fuori".
I lefebvriani, d¹altronde, devono avere inteso e vissuto questo perdono
ratzingeriano, e questa ritira della precedente scomunica che risale a
Woytjla (30 giugno 1988), come una sorta di rivincita ideologica e teologica
contro l¹odiato Concilio Vaticano II.
E forse giocano sul fatto che tra i cattolici tradizionalisti ancora oggi
l¹anti semitismo non sia visto poi così come un¹eresia.
Il Papa da parte sua, vero o meno che sia questa solidarietà che dice di
provare con gli ebrei,
ha tutto l¹interesse a non fare ricordare, né agli storici e neanche ai
credenti, che ancora meno di 50 anni fà le idee anti semite dei lefebvriani
(che giustamente il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni diceva proprio a
questo giornale essere "il vero problema") erano quelle ufficiali della
Chiesa di Roma. In Italia, per sua fortuna, la memoria corta e l¹ignoranza
lunga di tanti interessati commentatori giornalistici ha sempre tenuto la
mondezza sotto il tappeto. Sarebbe paradossale che siano proprio i
"perdonati lefebvriani" a rompergli ora le uova nel paniere.
IL RIFORMISTA - Peppino Caldarola : " Troppi errori sulla Shoah "
Troppi incidenti fra la Chiesa cattolica e il mondo ebraico. È un brutto segnale che inverte una tendenza al dialogo che ha contrassegnato il papato di Giovanni Paolo II. Dapprima la preghiera per la conversione degli ebrei, poi il vescovo lefebvriano negazionista, infine quella faccia di bronzo di don Floriano Abrahamovicz che, fra le tante coglionerie che poteva dire, ha scelto la peggiore sostenendo che le camere a gas servivano per la disinfestazione. I vaticanisti ci spiegheranno che cosa ha spinto la Chiesa - perché la crisi è stata aperta dalla Chiesa e non dai rabbini - a questa escalation che disillude chi si aspettava un ancora più esplicito avvicinamento fra ebraismo e cattolicesimo. Il Papa ha pronunciato parole solenni sulla Shoah, tuttavia resta l'ingombro di sacerdoti e vescovi che negano l'Olocausto e continuano nella propaganda sul deicidio degli ebrei. Non sono cattolico e ho molte simpatie per l'ebraismo, né l'una né l'altra cosa mi danno il diritto di dare consigli, tuttavia mi interrogo sulla evitabilità di questi incidenti. Capisco il rito della conversione, ma non è più ecumenico rinunciare ad ogni riferimento all'ebraismo? Oppure non è più sano per la Chiesa sbattere fuori dal proprio recinto vescovi e sacerdoti antisemiti? Già abbiamo visto lo spettacolo indecoroso di pochi parroci che assistevano spiritualmente capimafia, almeno risparmiateci l'orrore di vescovi e sacerdoti filo-nazisti. Carissimo Papa Ratzinger, li cacci via, non ne sentirà la mancanza.
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