Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele ? Sanguinario e razzista il pregiudizio di Alberto Stabile e Michele Giorgio
Testata:La Repubblica - Il Manifesto Autore: Alberto Stabile - Michele Giorgio Titolo: «L´inviato di Obama incontra Olmert nuovi i raid aerei contro i tunnel di Gaza -La «missione Mitchell» tra odio, abusi e macerie»
Quella israeliana all'ultimo attacco dei terroristi è una "risposta" solo tra virgolette. Il terrorismo è invece "guerriglia", senza virgolette. Il soldato israeliano morto non viene nominato. L'azione di Israele ha provocato "un morto e un paio di feriti" (non ci viene detto che è stato colpito un membro dell'ala militared i Hamas), ma nonostante questo il governo israeliano intende colpire ancora.
L'impressione che Alberto Stabile vuole suscitare nel suo articolo "L´inviato di Obama incontra Olmert nuovi i raid aerei contro i tunnel di Gaza", pubblicato da La REPUBBLICA del 10 gennaio 2009, è quella di un'Israele sanguinaria, da condannare perché si difende.
Ecco il testo
GERUSALEMME - E´ venuto soprattutto per «ascoltare gli altri», secondo le disposizioni ricevute da Barack Obama. Ma una cosa, rilevante, per capire l´obbiettivo della sua missione, il senatore George Mitchell l´ha detta al momento di lasciare il Cairo per Gerusalemme: «E´ d´importanza cruciale che il cessate il fuoco sia esteso e rafforzato». Una tregua duratura, ha aggiunto più tardi, deve vedere la fine del contrabbando alla frontiera tra Gaza e l´Egitto e la riapertura dei valichi da cui dipende la sopravvivenza economica della Striscia. Otto anni dopo essersi misurato con il conflitto mediorientale, su designazione di un altro presidente, Bill Clinton, e in un momento non meno convulso del presente, l´inizio della seconda Intifada, George Mitchell torna, dunque, ad affacciarsi sul bordo del cratere mentre i fumi e i lapilli dell´ultima eruzione non sono ancora spenti. Sta di fatto che, mentre Mitchell volava dal Cairo a Tel Aviv, dopo aver incontrato Hosny Mubarak alle prese con la difficile mediazione indiretta tra Israele e Hamas, i soldati e gli aerei israeliani erano di nuovo, come si dice, «ingaggiati», in un´appendice dell´operazione condotta per tre settimane contro la guerriglia islamica e i suoi alleati nella Striscia. I tunnel del contrabbando, immediatamente ripristinati al confine tra Gaza e l´Egitto, sono stati colpiti nuovamente. Incursioni sono state compiute anche nel settore centrale, dove martedì mattina era stato ucciso da una bomba un soldato di Tsahal ed altri tre erano rimasti feriti. Mentre il ministro della Difesa, Barak, avvertiva che, nonostante le operazioni israeliane avessero provocato un morto e un paio di feriti quella non era ancora la «risposta» all´attacco della guerriglia. Risposta che, secondo il premier Olmert, sarà «severa e sproporzionata». Momento caldissimo, dunque, di scelte difficili con le due parti impegnate a trasformare in vantaggi politici i punti acquisiti sul terreno durante le tre settimane di guerra. Ma anche momento della verità per quanto riguarda i rapporti tra Israele e la nuova amministrazione americana, sulle cui strategie relative al conflitto arabo-israeliano s´è molto, e non sempre con la necessaria serenità, speculato. Vista da Israele, la prima missione di Mitchell risente di questo clima di cordialità venata di diffidenza. La destra è subito partita all´attacco. Un sito vicino ai coloni ha rispolverato il rapporto del 2001 del senatore americano sulle cause della seconda intifada e i modi per ristabilire un clima di dialogo, accusandolo di tendenziosità. I partiti ultranazionalisti gli hanno dato il benvenuto vaticinando il fallimento della sua missione. Il torto di Mitchell sembra essere stato quello di aver battuto, nel suo rapporto, tanto sulla violenza dei palestinesi, quanto sulla crescita illegale degli insediamenti (che continua tuttora) e sull´aggressività dei coloni. Oggi, il compito di Mitchell è ancora più arduo. Gli attori sulla scena sono cambiati e sono più numerosi. Dopo aver incontrato il presidente Shimon Peres («Non ci può essere contraddizione tra Stati Uniti e Israele perché entrambi vogliamo la pace e crediamo di dover combattere contro il terrore, segnatamente Hamas e Iran»), l´inviato di Obama ha visto Olmert. A giudicare da ciò che è stato fatto trapelare del colloquio, il premier ha ripetuto quella che è la linea israeliana nel negoziato indiretto con Hamas. E cioè che i valichi commerciali di Gaza non saranno riaperti alla normale attività finché non sarà risolto il caso Shalit, il soldato da oltre due anni ostaggio di Hamas. Quasi a voler rassicurare il suo uditorio Olmert, ha voluto precisare che da Mitchel «non è venuta alcuna pressione, né proposta negativa». Mitchell ha replicato in tono, riaffermando l´impegno del presidente Obama a garantire la sicurezza d´Israele.
Raccolta etoregenea di episodi non verificati e incidenti non chiariti sul MANIFESTO, naturalemente in funzione antisraeliana. "La «missione Mitchell» tra odio, abusi e macerie", di Michele Giorgio, a pagina 10
«Un milione di arabi: uno in meno, tocca ad altri 999.999». I Samouni e le altre famiglie di Zaitun che hanno avuto morti e feriti e le case distrutte dalla furia dell'offensiva israeliana «Piombo fuso», devono sopportare anche l'umiliazione di scritte offensive e razziste sulle pareti delle poche case rimaste in piedi nella loro zona. «Quando siamo tornati a casa (al termine dell'attacco israeliano, ndr) abbiamo visto queste scritte offensive. Le hanno lasciate i soldati per calpirci ancora una volta», ha raccontato Atef Samouni, uno dei superstiti della famiglia decimata dalle cannonate (29 morti, tra cui due neonati e due ragazzine). La fanteria di Tsahal è uscita da Gaza ma rimane ugualmente presente nelle case di Zaitun e di altre aree di Gaza. «Fate la guerra e non la pace», «Morte agli arabi», «Gli arabi devono morire»: sono solo alcune delle scritte trovate nelle case. Per il portavoce dell'esercito non sarebbe questo il modo «in cui vengono addestrati i soldati...Questo - ha aggiunto - va contro il codice etico delle forze armate». Belle parole ma non passa giorno, da quando è terminata «Piombo fuso», senza nuove denunce palestinesi di abusi e violazioni. Ieri sette centri israeliani per i diritti umani - tra i quali Acri, Betselem, Medici per i diritti umani e Comitato pubblico contro la tortura - hanno chiesto al procuratore militare, Avichai Mendelblit, e al procuratore generale Menachem Mazuz, di aprire un'inchiesta sul trattamento inumano subito dai palestinesi fatti prigionieri a Gaza nelle settimane passate. I centri riferiscono che in parecchi casi i detenuti sono stati tenuti in buche profonde due-tre metri, ammanettati, bendati e lasciati per ore al freddo. «Eravamo in una settantina in una buca, ammanettati e bendati - ha raccontato Majdi al Atar - non abbiamo mangiato per due giorni e non potevamo andare al gabinetto. I soldati pestavano quelli che osavano fare domande». I detenuti non hanno solo sofferto la fame e il freddo ma sono stati tenuti in zone di combattimento, spesso accanto ai carri armati e l'artiglieria, in violazione della legge internazionale. Betselem e gli altri centri hanno annunciato che presto presenteranno un rapporto sulle torture subite dai prigionieri palestinesi durante gli interrogatori. Protesta anche Parigi per il trattatamento che l'esercito israeliano ha riservato al console generale francese a Gerusalemme, martedì al valico di Erez. Il Quai d'Orsay ha convocato ieri l'ambasciatore israeliano al quale ha presentato una protesta ufficiale. Il console, Alain Remy, insieme ad altri diplomatici europei, era andato a Gaza per valutare la situazione, in particolare l'apertura dei valichi, ed esaminare i danni subiti dai progetti di sviluppo finanziati dalla Francia. Al termine il convoglio è rimasto bloccato per oltre sei ore ad Erez e contro di esso, ha riferito il console, sono stati sparati anche due colpi di avvertimento da parte dei soldati israeliani. E' la seconda volta in pochi giorni che il console francese viene ostacolato da Israele. Venerdì scorso, la polizia di frontiera gli aveva impedito per tre ore e mezzo di superare un posto di controllo a Betlemme e di ritornare a Gerusalemme. In questo clima, appesantito dalle voci di imminenti attacchi aerei di Israele contro Gaza e i tunnel sotterranei tra Rafah e l'Egitto, in apparente risposta all'uccisione due giorni fa di un soldato da parte di una cellula palestinese, è cominciata ieri pomeriggio la visita in Israele e in Cisgiordania di George Mitchell, emissario del presidente Usa Barack Obama. Mitchell non ha detto molto ma ha sottolineato che la tregua a Gaza dovrà fondarsi sulla fine del contrabbando di armi, come chiede Israele. Da parte sua Olmert ha ribadito che i valichi tra Israele e Gaza non saranno riaperti permanentemente finché non sarà risolto il caso del soldato Ghilad Shalit, catturato da due anni in mezzo e da allora in mano ad Hamas. Quella di Gerusalemme è stata la seconda tappa di Mitchell in Medio Oriente dopo la visita al Cairo, dove ha incontrato il presidente Hosni Mubarak. Le prossime tappe nella regione sono, oltre alla Cisgiordania, la Giordania e l'Arabia Saudita.
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