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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Stampa Rassegna Stampa
19.01.2009 Nelle moschee solo prediche in italiano
la proposta di Gianfranco Fini, mentre Souad Sbai critica il governo, che non fa abbastanza contro l'estremismo islamico

Testata:Corriere della Sera - La Stampa
Autore: Marco Nese - Giacomo Galeazzi
Titolo: «Fini: gli imam nelle moschee devono predicare in italiano - Gli estremisti ? Il governo fa poco meglio Amato»

Da pagina 8 del CORRIERE della SERA del 19 gennaio 2009, l'articolo di Marco Nese Fini: gli imam nelle moschee devono predicare in italiano :

ABU DHABI — «Le prediche degli imam nelle moschee devono avvenire in lingua italiana». Così afferma il presidente della Camera Gianfranco Fini, durante una visita negli Emirati Arabi. La richiesta di Fini riapre una polemica che era esplosa nei mesi scorsi, quando alcuni esponenti della Lega avevano presentato una proposta legislativa per rendere obbligatoria la predicazione degli insegnamenti di Maometto nella lingua italiana.
«Non è solo una mia convinzione — dice Fini —. Il principe ereditario degli Emirati Arabi Muhammad bin Zayed parlando con me ha espresso la stessa opinione. A suo modo di vedere, nei Paesi occidentali le parole pronunciate dagli imam dovrebbero essere sempre comprensibili e quindi pronunciate nella lingua dei Paesi in cui sono ospiti. Solo in questo modo si può tenere sotto controllo il senso e lo spirito con cui vengono svolti gli interventi religiosi e si può evitare che le prediche diventino uno strumento per incitare all'odio ». In passato la traduzione di alcune prediche dei religiosi musulmani in qualche moschea ha fatto emergere comportamenti inquietanti, nel senso che gli autori dei commenti del Corano spingevano i fedeli a intraprendere azioni terroristiche. «È una faccenda molto seria — dice Fini —. Esorto a tenerla in grande considerazione, vista la superficialità con cui a volte da noi vengono trattate questioni così complesse».
Mario Scialoja, del Centro islamico culturale d'Italia, si dice «d'accordo con Fini» perché favorirebbe l'integrazione: «Il sermone del venerdì, che equivale alla predica nella religione cristiana, deve essere fatto in italiano perché l'italiano deve diventare la lingua comune di tutti gli immigrati ». Favorevole anche il Coreis «purché non riguardi la preghiera, che deve essere in arabo», mentre l'Ucoii sottolinea che «la lingua non c'entra con l'odio» e invita Fini a visitare le moschee. Souad Sbai, parlamentare pdl, rileva che in questa maniera non ci saranno imam «fai da te» che incitano all'odio e alla jihad mentre Arturo Parisi, Pd, ricorda che prima di dare lezioni di laicità dobbiamo pensare alle nostre mancanze.
Il presidente della Camera non ha invece voluto commentare le affermazioni di Massimo D'Alema, il quale aveva detto che solo chi ha un passato da farsi perdonare si schiera completamente al fianco di Israele. «Siamo qui ad Abu Dhabi — si è limitato a dire Fini — non ho letto i giornali».
Con i responsabili degli Emirati, Fini ha parlato anche dello scontro fra Gerusalemme e il gruppo palestinese Hamas. E anche in questo caso c'è stata una convergenza di vedute. «L'opinione comune è che la pace passi per l'Iran». Gli Emirati sono fra i Paesi moderati che assistono i palestinesi con aiuti umanitari e considerano l'atteggiamento del governo di Teheran, schierato accanto al gruppo Hamas, con grande preoccupazione e disappunto.
Questi problemi, secondo Fini, saranno affrontati dal nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama in modo diverso rispetto a Bush. «Ci sarà discontinuità col presidente uscente. Obama ha una visione multilaterale, la Casa Bianca non guarderà più il mondo con atteggiamento unilaterale».

Da pagina 7 de La STAMPA l'intervista di Giacomo Galeazzi a Souad Sbai "Gli estremisti ? Il governo fa poco meglio Amato":

«Fini ha ragione, ma oggi il governo fa meno contro gli estremisti di quanto abbia fatto Amato». Souad Sbai, già presidente delle donne marocchine in Italia, oggi deputata del Pdl («in quota An in Puglia», tiene a precisare) sottoscrive l’appello del presidente della Camera per le prediche in italiano nelle moschee e pone il problema dell’«ambigua» domanda di rappresentanza delle masse islamiche in Italia: «Anche per noi parlamentari è difficile provare ad intercettarne orientamenti e umori politici».
Come giudica la politica del governo verso l’immigrazione musulmana?
«Amato è stato molto più fermo, ho sempre condiviso la sua fermezza e la sua decisione. Bisogna cominciare ad avere un’idea sull’immigrazione islamica. In questo momento non credo ci sia e non vedo fermezza. Anche nel dialogo serve fermezza. C’è troppo “laisser faire”. Servono regole precise, all’immigrazione che cresce: proprio come a un bambino che cresce: sui diritti della persona, l’uguaglianza, il rispetto delle altre religioni. Non si creda che finora non hanno attaccato l’Italia perché è più bella, non l’hanno fatto perché l’Italia è una retrovia per azioni terroristiche internazionali. Per questo non bisogna sottovalutare la situazione. Lo Stato dovrebbe cominciare col creare centri culturali, alfabetizzare le donne che all’86% sono ancora analfabete dopo 10 anni di vita in Italia. Gli estremisti hanno più forza sulle persone che non hanno studiato».
C’è un problema di rappresentanza delle masse islamiche in Italia?
«Sì ed è drammatico. Le folle islamiche in preghiera davanti alle cattedrali di Milano e Bologna devono allarmarci. Quei fedeli non capiscono neppure cos’è l’Islam. Nessun musulmano normale pregherebbe così per strada. Qualcuno, politicamente legato a entità esterne all’Islam italiano, li ha spinti a farlo. Se, per esempio, l’imam di Roma non parla italiano è inadeguato: avrebbe dovuto imparare la lingua prima di iniziare il suo mandato. Alcuni neppure dovrebbero fare gli imam perché non sanno nulla dell’Italia: né la storia, né la Costituzione, né l’educazione civica, né il diritto d’uguaglianza. Certi imam avrebbero bisogno di corsi di alfabetizzazione prima che d’italiano. E c’è immediato bisogno di un albo di chi predica in moschea».
Cosa c’è dietro tutto questo, come intercettare politicamente questa protesta?
«Dietro c’è un estremismo che vuole imporsi all’interno dell’Ucoii (l’unione delle comunità islamiche) dove pure non tutti la pensano così. E’ giusto manifestare contro la guerra a Gaza, ma c’è chi non ha interesse per i bambini che muoiono e vuole soltanto la violenza, la sfida. Lo Stato deve controllare le moschee clandestine e certi imam-fai-da-te pericolosi per tutta la collettività, non solo italiana. Non lasciargli fare tutto quello che vogliono, come purtroppo succede. Vogliono avanzare e farlo vedere: ma non sono tutto l’Islam, sono solo una piccola parte. Sulla rappresentatività dei musulmani incide il fatto che molti non hanno interesse ad essere rappresentati. La maggioranza moderata tace, non reagisce, sbagliando. Dicono: noi non c’entriamo niente, ma non è vero, perché alla fine si fa di ogni erba un fascio. Bisogna reagire, dire no all’integralismo che avanza».
E le associazioni islamiche?
«Molte sono un pericolo, e penso prima di tutto alle piccole moschee non controllate. Ci vorrebbe più fermezza da parte delle autorità politiche. Bisogna opporsi alle provocazioni, come l’imposizione della preghiera collettiva di strada a Milano: anche se molti si sono uniti in buona fede, non sapevano cosa si nascondeva dietro quel gesto di sfida. Come si è lottato contro la mafia bisogna lottare contro l’integralismo. L’opinione pubblica italiana è insofferente nei confronti della presenza islamica in Italia, ma anche noi moderati lo siamo. Gli estremisti li abbiamo lasciati altrove e li ritroviamo qui"

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