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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
16.01.2009 Le lodi di Antonio Ferrari a "Valzer con Bashir"
ma quel film è antisraeliano

Testata: Corriere della Sera
Data: 16 gennaio 2009
Pagina: 41
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «Valzer di sangue a Sabra e Chatila»
Da pagina 41 del CORRIERE della SERA riportiamo l'articolo di Antonio Ferrari "Valzer di sangue a Sabra e Chatila", sul film "Valzer con Bashir", lodato come segno della forza della democrazia israeliana.
Certo, che in Israele vengano prodotti e distribuiti film che distorcono negativamente la storia del paese è un segno della totale libertà di espressione che vi vige.
Ricordandolo, però, si dovrebbero anche segnalare le distorsioni storiche.

Di seguito, l'articolo di Ferrari, seguito dalla recensione di Angelo Pezzana pubblicata dal FOGLIO l'11 gennaio 2001, che esprime il giudizio di INFORMAZIONE CORRETTA sul film:

Valzer di sangue a Sabra e Chatila di Antonio Ferrari:


Chi ama davvero Israele, non lo ama odiando i suoi molti nemici. Pronto a giustificare tutto, anche gli errori dello Stato ebraico. Chi ama Israele, lo ama per le sue lezioni di democrazia, nonostante viva nell'emergenza, si senta un Paese assediato, e in questi giorni sia impegnato nell'ennesima guerra. Ama il suo sapersi guardare coraggiosamente dentro e il mettersi sempre in discussione. Ama penetrare i suoi dubbi, le sue sofferenze, e la sua determinazione a non abbandonare mai le armi della critica, e soprattutto quelle dell'autocritica.
Uno dei più incisivi e recenti esempi ci arriva da Ari Folman, un regista israeliano che regala le emozioni di un film-documentario animato, quindi un fumetto (realizzato con David Polonsky e pubblicato in Italia da Rizzoli, pp. 143, e 18), che ha scosso il festival di Cannes strappando applausi e riconoscimenti, che ha vinto il Golden Globe, che è candidato all'Oscar, e che ha un titolo solo apparentemente leggero: Valzer con Bashir. Perché il valzer è una guerra che si macchiò di un massacro. Perché Bashir è il presidente libanese Bashir Gemayel, ucciso poco dopo essersi insediato. E perché l'incubo che grava sulla coscienza di un popolo è quello, inquietante, della strage nei campi palestinesi di Sabra e Chatila, nel settembre 1982. Strage compiuta dai falangisti cristiani libanesi per vendicare l'assassinio del loro neoeletto presidente, appunto Bashir, ma che pesa anche su Israele. Non per un coinvolgimento diretto, ma perché i vertici militari di Gerusalemme non agirono, quantomeno non si attivarono per evitarla.
Avrebbero potuto farlo, perché il più potente esercito del Medio Oriente, che era entrato in Libano per neutralizzare i guerriglieri palestinesi, si era spinto per l'ostinata volontà dell'allora ministro della Difesa, Ariel Sharon, fino a Beirut, nella convinzione che sarebbe stata «una passeggiata». Almeno questo aveva assicurato lo stesso Sharon al suo primo ministro, Menachem Begin.
Non fu una passeggiata, ma un calvario doloroso per tutti. Anche per il regista, che a quel tempo era uno dei tanti soldati inviati in Libano, e che tornò a casa cercando di dimenticare. Soltanto nella realizzazione del film su Bashir, un lavoro durato quattro anni, Folman è riuscito a recuperare la memoria di «un passato completamente rimosso», rivivendo, con i commilitoni di allora, i giorni della strage. Racconta il regista: «Quello che è certo è che i miliziani cristiani furono gli autori del massacro. I soldati israeliani non c'entrano. Solo chi faceva parte del nostro governo del tempo sapeva fino a che punto si era spinta la sua responsabilità ».
Sharon, che non aveva detto tutta la verità al suo premier, fu costretto a dimettersi. E lo stesso destino toccò a Begin, un roccioso conservatore. È una terribile vicenda che ha segnato, forse per sempre, la vita di Israele. Non per quanto hanno accertato le inchieste, che hanno confermato ciò che già si sapeva. Ma per quanto il massacro pesa sulle coscienze di chi ne è stato testimone.
Folman ha insegnato ai suoi figli l'inutilità della guerra, di quasi tutte le guerre. E la sua ricerca pare coniugarsi con le crisi di coscienza che, prima o poi, si manifestano in tutti i leader del suo Paese. Sharon, tornato in politica come «salvatore della patria», prima di decidere il ritiro da Gaza e lo smantellamento degli insediamenti della Striscia commentò amaramente: «Sono un militare che conosce bene le sofferenze di una guerra. Per questo desidero la pace più di qualsiasi cosa». Lo ripeteva uno dei suoi predecessori, Yitzhak Rabin, che per trovare la pace fu ammazzato da un estremista ebreo.
Eredità pesante, perché la convinzione che il conflitto senza fine sia non soltanto inutile, ma disastroso per Israele, sta entrando nella coscienza della maggioranza.

Vazer con Bashir, di Angelo Pezzana:

Sui nostri schermi è arrivato il film “Valzer con Bashir”, del regista israeliano Ari Folman. Ne ha scritto su Repubblica Natalia Aspesi, dopo aver visto il film in una anteprima per i critici. Il film io l’ho visto la scorsa estate in Israele. E’ la storia di un reduce dalla guerra in Libano del 1982, ossessionato da incubi terribili dei quali non riesce a comprendere il significato. Finché, dopo essere stato anche in analisi, si mette alla ricerca dei suoi ex compagni, per confrontarsi con i loro ricordi. Il giudizio della Aspesi è non solo favorevole, lo giudica un capolavoro, ed è la stessa valutazione che il film ha avuto a Cannes, a Berlino, ovunque è stato proiettato. Ed è, in effetti, un prodotto cinematografico a suo modo perfetto, nel senso etimologico della parola. Questo film è piaciuto molto a un pubblico di addetti ai lavori, così come piacerà anche a quello spettatore comune che non si perde un’occasione per partecipare a un processo che abbia sul banco degli accusati Israele. Il film piacerà perché Ari Folman ha girato una storia che reinterpreta gli avvenimenti della prima guerra in Libano in chiave antisraeliana, e lo fa con abilità, intelligenza, ma la storia che lui racconta non è quella che è avvenuta. Certo era una guerra, ma non si può mettere il nome di Bashir Gemayel persino nel titolo e poi non raccontarla giusta sulla sua morte. Se il Libano è finito sotto il dominio islamico, l’eliminazione di Gemayel è stato il primo passo. La presenza in Libano di Arafat e dei suoi Fedayn è totalmente ignorata. La dirigenza israeliana, da Sharon all’ultimo dei soldati, è ritratta come una cricca di malfattori. Tutti i personaggi del film sono dei colpevoli alla ricerca di come questa mutazione sia potuta accadere. Sullo sfondo la guerra, ma senza che ci sia mai un tentativo di spiegare perché sia stata combattuta. Qualcuno si chiederà, ma il regista è israeliano, come può aver fatto un film che distorce la storia del suo paese? Può, può, è sufficiente ricordare come Israele sia un paese dove non esiste nessuna forma di censura: libri, giornali, e quindi anche il cinema, operano in regime di totale libertà. I giornali non entrano in merito al contenuto: è un film israeliano applaudito ovunque e questo è importante per una cinematografia, sovente di alto profilo, che per motivi legati più alla politica che all’arte ha sempre trovato porte chiuse nella distribuzione internazionale. Un film come “Valzer con Bashir”  avrebbe potuto essere realizzato in Iran o in Siria, magari a Gaza. Invece l’ha diretto un israeliano. Perché farci fare del male dagli altri, quando possiamo riuscirci molto meglio noi, con il vantaggio di essere applauditi e farci su anche un bel po’ di soldi presi dalle tasche di chi ci odia?




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