Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Hamas controlla gli ospedali, a Gaza non manca il cibo lo testimonia Lorenzo Cremonesi, che però non riferisce la risposta di Olmert sui proiettili che hanno colpito la sede Unrwa
Testata:Il Foglio - Corriere della Sera Autore: Lorenzo Cremonesi Titolo: «Gaza in fiamme, bombe sull'Onu Ucciso un ministro di Hamas»
Da pagina5 del CORRIERE della SERA, la cronaca di Lorenzo Cremonesi, che non riporta la dichiarazione di Olmert sugli spari che sono giunti dalla sede UNRWA prima che essa venisse colpita dai proiettili israeliani. In compenso, Cremonesi ci informa dell'esistenza di un "ufficiale di Hamas incaricato della gestione del Nasser Hospital di Khan Yunis".
Ecco il testo, "Gaza in fiamme, bombe sull'Onu Ucciso un ministro di Hamas"
KHAN YUNIS (Striscia di Gaza) — Bombardamento israeliano di uno dei maggiori depositi Onu nel cuore di Gaza city, due cannonate cadute sull'ospedale Al Quds della Croce Rossa, colpito anche un palazzo utilizzato dai giornalisti e infine l'annuncio di Hamas della morte di uno dei suoi leader locali più importanti, Said Siam, ministro dell'Interno e ideologo della «guerra santa». Questi i fatti più gravi della giornata così come rimbalzano qui a Khan Yunis, una ventina di chilometri a sud della città di Gaza, ma anch'essa dal 27 dicembre al cuore degli obbiettivi di «Piombo Fuso». Un piombo che nonostante il suo iniziale messaggio di accurata precisione sembra diventare una nuvola di gas mortale, che non fa più alcuna differenza tra miliziani e civili. La giornata era cominciata male. Nonostante le voci di un'intesa imminente per il cessate il fuoco, la notte era stata più violenta delle precedenti. Finestre che vibrano, scoppi sordi, pianto di bambini. Con il rombo delle bombe lanciate dall'aviazione sul confine a Rafah, che dopo le cinque di mattina si sono allargate alla periferia di Gaza city. Ma è poco prima di mezzogiorno che gli attacchi sono indirizzati contro i quartieri più popolati. Da Khan Yunis si vede l'incendio del deposito Unrwa (l'agenzia Onu che dal 1950 opera tra i profughi palestinesi). «Attenzione. Sparano sui civili. Pronti all'emergenza, forse la più grave degli ultimi 20 giorni», telefona ai suoi assistenti We'am Faris, l'ufficiale di Hamas incaricato della gestione del Nasser Hospital di Khan Yunis. È la prassi. Quando si prospetta l'evenienza di un sovrannumero di vittime, i centri medici della Striscia si preparano per suddividere il lavoro. Ma qui non arriva nessuno. La Striscia resta divisa in due dai cannoni di Israele, le ambulanze non possono viaggiare verso nord e viceversa. Le radio locali riportano il numero delle vittime, forse 15 morti. Nel centro Unrwa avevano trovato rifugio 700 persone. Bruciano i depositi di viveri, quelli di carburante, le tende e le coperte pronte per i profughi. Subito dopo giunge la notizia dei colpi sull'Al Quds. «I danni al nostro ospedale sono inaccettabili, contravvengono a tutti gli standard umanitari. Vi si trovano oltre 100 pazienti», protesta da Ginevra la Croce Rossa. Ma il bombardamento non si arresta. È centrato l'Al Shurouk, il palazzone che ospita diversi media, come Reuters e Abu Dhabi tv. Non ci sono feriti tra i giornalisti, ma crescono risentimento e paura. «C'è mancato poco. Non solo gli israeliani impediscono ai giornalisti di entrare, ora sparano a quelli che sono qui», dicono per telefono gli amici e colleghi. Inevitabile si riaccende la polemica sull'uso eccessivo della forza da parte di Israele. E questa volta scende in campo lo stesso Ban Ki-moon. «L'aggressione al nostro maggiore centro di assistenza a Gaza è una vergogna », protesta il segretario generale dell'Onu, appena arrivato a Gerusalemme. Ehud Olmert gli porge le proprie scuse, ma ribadisce la consueta accusa: «Hamas usa i civili come scudi. Siamo certi che avevano sparato dalla zona del deposito Onu». È la continuazione delle antiche polemiche contro le rappresaglie in Cisgiordania negli anni 50, o quelle con l'Olp negli anni 70, oppure per la guerra in Libano nel 1982 e la strage di Qana che mise nei guai Shimon Peres nel 1996. «Israele ammazza i civili », sostengono i palestinesi. «I terroristi vigliacchi si proteggono tra la popolazione», replica Gerusalemme. Al secondo piano dell'ospedale «Nasser» sono ricoverati i figli e cugini di Farid Kalil Kablan, un contadino 46enne residente nel villaggio di Abasan, vicino al confine con Israele. «Martedì all'una ero con i miei figli e parenti per la strada. Stavamo complimentandoci con il nostro vicino, per il fatto che la sua casa era stata solo lievemente danneggiata da un'esplosione. All'improvviso è arrivato un elicottero che ci ha sparato un razzo. Lui è coperto di schegge al volto. Mio figlio Mohammad di 22 anni è morto, un altro undicenne, Achmad, è ferito grave, un altro ancora è stato trasportato d'urgenza in Egitto, non so se sopravviverà», spiega. Il paradosso è che Farid non sembra un fanatico sostenitore di Hamas. Anzi, scuote la testa critico quando dal minareto vicino si scatena l'incitazione a «uccidere tutti gli ebrei» e la preghiera ad Allah che «non ne resti in vita nessuno». Guarda con nostalgia agli anni dal 1980 al 2004, quando lavorando come muratore pendolare a Kfar Shamriahu, uno dei quartieri benestanti di Tel Aviv, guadagnava sino a 2.000 dollari al mese. Oggi a vendere qui la sua verdura ne prende meno di 200. È felice di sfoggiare il suo ebraico. Pure è offeso dalla brutalità mostrata dagli israeliani. «Ci hanno sparato a freddo ed eravamo tutti civili. Ci hanno visti nel mezzo della strada. Sanno bene che i guerriglieri se ne stanno nascosti, mica escono così, in pieno giorno!». In serata arriva da Hamas la conferma della morte di Said Siam. «Ucciso da una bomba ad alta precisione con una parte della famiglia nella sua casa nel campo profughi di Jabalia », sostengono i portavoce di Hamas. Siam era un duro, il comandante dei circa 13.000 uomini delle forze speciali, che tra l'altro nel giugno 2007 combatterono con brutalità i gruppi militari dell'Olp. In un'intervista che ci aveva concesso nel gennaio 2006 parlava da ideologo di una «tregua strategica in vista della distruzione di Israele». Qui sono però in tanti a pensare che Siam sia stato ucciso sin dai primi attacchi israeliani il 27 dicembre.
Sul sito CORRIERE.IT, a questo link. Cremonesi nega che nella Striscia di Gaza non trovi cibo: