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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Il Foglio - Il Messaggero Rassegna Stampa
15.01.2009 I media, le o.n.g. e la trappola propagandistica di Hamas
c'è chi si pone il problema e chi no

Testata:La Stampa - Il Foglio - Il Messaggero
Autore: Emanuele Novazio - la redazione - Eric Salerno
Titolo: «Le “ragioni di Israele” o “Israele ha ragione”? - Black-out mediatico - Le ong: israeliane: uccise donne con la bandiera bianca in mano»

Da pagina 9 della STAMPA , l'articolo di Emanuele Novazio "Le “ragioni di Israele” o “Israele ha ragione”?":

Analisi equanimi o segnate da «rozzezza propagandistica» filoisraeliana, come accusa l’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema parlando della copertura giornalistica su Gaza? Informazione corretta o viziata da pregiudizi di «soldati della penna allineati e coperti sulla linea degli aggressori israeliani», come rilancia il Manifesto? Detto altrimenti: quando si parla di Israele e di palestinesi le sovrapposizioni fra informazione e deformazione sono inevitabili? Paolo Mieli non è d’accordo. Il direttore del Corriere della Sera giudica «la qualità dell’informazione complessiva» sull’intervento israeliano a Gaza «fra le migliori coperture mai date sul Medio Oriente». Anche se questa volta, rispetto al passato, ci si è soffermati di più sulle ragioni di Gerusalemme? «E’ stato forse questo fatto a sconcertare. E’ vero, le motivazioni di Israele sono più presenti, oggi, ma questo colma lo squilibrio del passato». Di certo, secondo il direttore del Corriere, chi «vuole ragionare», leggendo i media italiani, ha a disposizione «una rappresentazione onesta, e con valutazioni molto trattenute». Il problema di tanta indignazione, forse, è che alcuni settori dell’opinione politica erano abituati a «toni più militanti».
In totale disaccordo Sabri Ateyeh, rappresentante a Roma dell’Autorità nazionale palestinese di Abu Mazen, vittima a suo tempo del golpe di Hamas a Gaza. «I giornali italiani purtroppo sono lontani dalla realtà, non colgono il dramma dei palestinesi», dimostrano «una sorprendente mancanza di sensibilità per le sofferenze di palestinesi innocenti». Continuano a ripetere che «quella di Israele è una guerra di autodifesa» e hanno scelto «la linea della propaganda israeliana», a differenza di altri Paesi, «anche amici di Israele», che invece «trasmettono la realtà». Succede forse, qui da noi, per sensi di colpa mai superati, per scelte politiche interne? «Siete voi giornalisti a dover cercare e trovare la risposta», si congeda l’ambasciatore.
Un rischio che la stampa italiana non sempre ha individuato, forse, è la ricaduta di quella che il New York Times ha definito «la vittoria della morte», quando ai giornalisti è data la possibilità di scegliere fra «dar conto della morte e dar conto del contesto». Se ne è accorto Alessio Vinci, capo della sede romana della Cnn: «E’ difficile fare informazione corretta quando non si riesce a entrare nel campo degli eventi», osserva. Paradossalmente, però, il divieto di accesso a Gaza imposto dal governo di Gerusalemme ai giornalisti stranieri si ritorce contro Israele: le immagini escono dalla Striscia, grazie soprattutto all’agenzia palestinese Ramatan, ma spesso non vengono selezionate e non sono accompagnate da informazioni corrette: «L’altro giorno ho visto alla tv italiana una casa distrutta dalle bombe israeliane. Ma non si diceva che in quella casa viveva un capo di Hamas, non gente qualunque». Che non era, dunque, un obiettivo puramente e propriamente civile.
Anche secondo un altro professionista straniero dell’informazione, Tobias Piller della Frankfurter Allgemeine Zeitung, in Italia ci sono forse politici che «cercano di guadagnare profilo grazie a questa guerra», ma sicuramente manca una discussione sulla sostanza delle immagini distribuite dai palestinesi: un dibattito che in Germania è stato lo Spiegel, settimanale non certo filoisraeliano, ad avviare. Secondo il settimanale di Amburgo, «i filmati su Gaza sono censurati da Hamas». Lo dimostra il fatto che non vediamo mai un miliziano ferito trasportato in ospedale, ma soltanto civili. E che non si ha modo di verificare se quei civili, e quei bambini, sono stati usati come scudi umani. Piller ritiene tuttavia che «l’opinione generale dei media italiani sta cambiando: nel complesso, sono meno di una volta quelli che sposano acriticamente la posizione israeliana, e lo stesso avviene a proposito dei palestinesi».
E’ davvero così, Riccardo Di Segni? Per rispondere il rabbino capo di Roma sceglie la metafora, la barzelletta ebraica dell’ebreo che leggeva sempre e soltanto la stampa antisemita perchè, sosteneva, «quella ebraica è una continua commiserazione, mentre su quell’altra scopriamo di essere i padroni del mondo». Come dire? «Nella stampa italiana ci sono meccanismi che sfuggono al controllo», si tende al «sovradimensionamento»: su Gaza c’è «un’attenzione mediatica e politica che per altre tragedie più evidenti non c’è stata». Anche se, conviene Di Segni, «in generale il giudizio dei media italiani su questa crisi rispetto al passato è più equibrato». Una novità che «può dar fastidio» a molti.

A pagina 1 dell'inserto del FOGLIO, nella rubrica militaria, "Black-out mediatico"

 Questo conflitto viene combattuto nel quasi totale black-out mediatico. Israele ha vietato l’accesso alla Striscia ai reporter e fornisce direttamente ai media informazioni, video e foto, per lo più ripresi dagli aerei. Hamas ha vietato la diffusione di notizie di carattere militare e anche BBC e al Jazeera, che hanno corrispondenti locali a Gaza, operano sotto la sorveglianza del movimento islamico diffondendo soprattutto immagini e notizie sulle vittime civili.

Sul MESSAGGERO a pagina 8 troviamo un articolo di Eric Salerno "Le ong: israeliane: uccise donne con la bandiera bianca in mano".
Anche le o.ng. israeliane, come i media occidentali, dipendono per lo più da fonti palestinesi, assai difficilmente controllabili.

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