Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
I media americani e il conflitto Israele-Hamas l'analisi di Viviana Mazza
Testata: Corriere della Sera Data: 12 gennaio 2009 Pagina: 9 Autore: Viviana Mazza Titolo: «Adesso i media americani hanno un tono meno pro-Israele»
Dal CORRIERE della SERA del 12 gennaio 2009,
«Again», «Di nuovo»: caratteri neri su fondo bianco sotto una foto del primo giorno dei bombardamenti israeliani su Gaza. Due giovani reggono un uomo più anziano, dal volto bianco di polvere e shock, tra le macerie. È la copertina di Time del 12 gennaio. L'enfasi è sui civili uccisi a Gaza, ma la storia inizia con i razzi di Hamas lanciati contro lo Stato ebraico. Una settimana dopo, la rivista titola: «Why Israel can't win», «Perché Israele non può vincere». Il modo in cui i media seguono il conflitto israelo-palestinese è seguito attentamente dai media watchdog, gruppi che sorvegliano giornali e tv per assicurarsi che siano obiettivi (anche se i «cani da guardia della verità» spesso partono da posizioni pro-israeliane o pro-palestinesi). Media Channel, Camera e Arab Media Watch, tre organizzazioni con mission diverse, concordano su una cosa: negli ultimi giorni dell'offensiva a Gaza, rispetto a un iniziale prevalere di opinioni e articoli pro-Israele nei media americani e britannici, si è assistito a un passaggio su posizioni più pro-palestinesi. «Inizialmente tutti i media americani hanno descritto l'attacco come un'autodifesa necessaria di Israele contro miliziani islamici, con Hamas rappresentata come un'organizzazione che uccide gli ebrei — dice Danny Schechter, produttore tv, autore di saggi sui media e co-fondatore di Media Channel —. Ora sta cambiando. In uno stesso giorno (l'8 gennaio, ndr), il New York Times ha pubblicato tre pezzi di opinione che analizzavano la situazione dal punto di vista palestinese o pacifista. (Il giorno dopo, ndr) in prima pagina c'erano le critiche a Israele dall'Onu e gruppi umanitari, con la foto di una donna palestinese tra le macerie di una casa. Le tv tendono a seguire il New York Times. La Cnn ha detto che è stata Israele a infrangere per prima il cessate il fuoco. Ma c'è voluto molto tempo, e centinaia di morti». Le ragioni del cambiamento? Sono almeno due, secondo Schechter: «Le dimensioni del disastro umanitario» e «l'arroganza israeliana verso i giornalisti ». Secondo Alex Safian, co-direttore del watchdog pro-Israele Camera, invece, sono i nemici dello Stato ebraico a «manipolare i media», «provocano la morte di civili nascondendosi tra di loro» o «diffondono notizie di falsi massacri». Sharif Nashashibi, fondatore del pro-palestinese Arab Media Watch in Gran Bretagna, nota che anche lì l'accento si è spostato. Non è la prima volta. «Il panorama è polarizzato — dice — con opinionisti che appoggiano Israele o lo criticano. Nessuno cambia idea. Inizialmente prevale l'appoggio per Israele; dopo che compie atrocità contro i civili, le voci pro-Israele si fanno sentire di meno, le altre di più». Schechter e Safian concordano: è come in Libano nel 2006 (Israele contro Hezbollah). Il cambiamento di tono nei media avvenne dopo il bombardamento di Qana. Qualche differenza però c'è. Oggi c'è Al Jazeera English, lanciata nel novembre 2006. Benché in Usa sia visibile solo sul web, «tutti i giornalisti la guardano — dice Schechter —. In questa offensiva ha raccontato in modo bilanciato, sin dall'inizio, la storia di Gaza messa a ferro e fuoco. Gli altri hanno dovuto tenerne conto». Anche il giornalista israeliano Gideon Levy su Haaretz ieri la elogiava e definiva il 29enne reporter Ayman Mohyeldin «l'eroe» di questa guerra. Safian osserva che il New York Times «somiglia sempre più al Guardian ». Echementrenel2006AndersonCooper della Cnn denunciò come l'Hezbollah manipolasse i media, giorni fa Karl Penhaul è stato sulla barca anti-embargo del gruppo «Free Gaza». In Gran Bretagna, secondo Nashashibi, c'è un altro fattore: negli ultimi 9 anni, la lobby pro-araba e pro-palestinese ha alzato la voce e acquisito influenza. Nessuno dei tre esperti è comunque contento dei media. C'è un cambiamento di tono, ma a prevalere è la compassione, non la comprensione, osserva Schechter. Il contesto della storia manca, dicono tutti. Su quale sia il contesto, sono però in disaccordo.
Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sulla e-mail sottostante lettere@corriere.it