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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
10.01.2009 Un editoriale privo di conclusione
Quello di Franco Venturini

Testata: Corriere della Sera
Data: 10 gennaio 2009
Pagina: 1
Autore: Fanco Venturini
Titolo: «Convergenze a Ovest»

L'abbiamo scritto e qui lo ripetiamo, il CORRIERE della SERA sta facendo una oitima copertura del conflitto mediorientale, Per fortuna non è solo, altri quotidiani informano correttamente i loro lettori, ma l'atteggiamento del Corriere, proprio perchè è il primo quotidiano italiano per diffusione e autorevolezza, riveste una particolare importanza. Per questo non comprendiamo appieno l'editoriale di oggi, 10/01/2009, di Franco Venturini, dal titolo " Convergenze a Ovest ". Dopo una analisi corretta dei vari schieramenti all'Onu durante la votazione nel Consiglio di Sicurezza, Venturini chiude il suo editoriale con la seguente frase " Insomma, quando l'Onu parla di 257 bambini uccisi, nessun sistema democratico può rimanere indifferente. E l'astensione Usa, invece del solito voto contrario, vuol dire questo: cari israeliani, noi rimaniamo e rimarremo vostri amici (e Obama precisa: non parlerò con Hamas) ma sappiate che il tempo non è illimitato." Una frase giusta in quanto ad analisi, ma priva di un commento successivo che ci saremmo aspettati. Cosa deve fare una democrazia quando è minacciata da una entità terrorista che usa i bambini, e i civili in generale, per colpire la svogliata e pigra attenzione dell'opionione pubblica occidentale, per far passare così in secondo piano, o addirittura scomparire, le responsabilità di chi questa guerra ha cercato, voluto, iniziato ? Se non si risponde a questa domanda, allora è ipocrita indignarsi, è senza senso chiedere ad Israele di fermarsi, si fa soltanto il gioco di Hamas. Questo mancava all'analisi di Venturini, e lo notiamo con rammarico. Ecco il suo editoriale:

La risoluzione adottata ieri notte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu cambierà poco o nulla nella guerra di Gaza. Perché Israele e Hamas l'hanno respinta, ma anche perché il braccio di ferro che potrebbe un giorno sfociare in un cessate il fuoco decretato dall'Onu è soltanto ai primi passi. E non arriverà al traguardo se prima Israele non avrà la certezza di aver vinto (bloccando i razzi palestinesi) oppure quella di non poter vincere (come accadde in Libano nel 2006) .
Eppure sarebbe un errore non vedere che la risoluzione, al di là della sua irrilevanza immediata, lancia qualche segnale interessante.
Il primo è che reclamando una tregua immediata e durevole, il pieno ritiro delle forze israeliane da Gaza e la ripresa della distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia (sospesi dopo l'uccisione di due dipendenti delle Nazioni Unite), il testo offre copertura diplomatica alla non molto diversa iniziativa franco-egiziana dei giorni scorsi. Il secondo è legato alla posizione degli Stati Uniti, unici tra i 15 membri del Consiglio ad aver scelto l'astensione.
Qualcuno potrebbe vedere nella singolare linea enunciata da Condoleezza Rice (siamo favorevoli alla risoluzione ma preferiamo aspettare notizie dal Cairo) una volontà di lasciare il terreno sgombro per l'ormai vicino insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca. Ma in realtà è assai più probabile che l'amministrazione Bush abbia giocato in proprio, optando per un atteggiamento (l'astensione) non inedito ma raro. Questo nonostante fossero state cancellate tutte le espressioni considerate anti-israeliane, e nonostante la parola chiave voluta dagli Usa (tregua «durevole», cioè con l'eliminazione della minaccia missilistica di Hamas) fosse stata inserita nel testo.
Perché, allora, approvare ma non votare? Gli americani sanno benissimo che altre cruciali parti della risoluzione (tregua immediata, ritiro completo) non trovano il consenso di Israele. In altre circostanze gli Usa non avrebbero fornito il loro sostegno al testo, e avrebbero votato contro, non si sarebbero astenuti. Cosa è cambiato, allora? È cambiato che le posizioni di Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna, molto diverse subito dopo l'inizio della guerra a Gaza, sentono oggi l'opportunità di convergere verso una tregua man mano che le pesanti implicazioni umanitarie degli scontri creano imbarazzo anche nelle cancellerie più vicine alle ragioni di Israele. E infatti non si tratta di schierarsi «contro» Gerusalemme.
Sarkozy, che per primo ebbe parole dure contro l'attacco israeliano, ha avuto anche parole durissime sulle responsabilità di Hamas. Come la Gran Bretagna. E mentre Germania e Usa compivano un tratto di strada in senso inverso. Insomma, quando l'Onu parla di 257 bambini uccisi, nessun sistema democratico può rimanere indifferente. E l'astensione Usa, invece del solito voto contrario, vuol dire questo: cari israeliani, noi rimaniamo e rimarremo vostri amici (e Obama precisa: non parlerò con Hamas) ma sappiate che il tempo non è illimitato.

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