Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Il Vaticano e Israele un'intervista a Sergio I. Minerbi e un'editoriale del Foglio
Testata:La Repubblica - Il Foglio Autore: Fabio Scuto - la redazione Titolo: «»
Da La REPUBBLICA del 9 gennaio 2009
GERUSALEMME - «Non mi sorprende la posizione del Vaticano, di fatto è sempre stato da una parte sola. L´importante adesso è la tregua, ora che ci stiamo difendendo, non ho mai sentito una sola volta la Santa Sede condannare Hamas per i missili che da otto anni spara sulla nostra gente che vive ai confini della Striscia di Gaza». Sergio Minerbi, il vaticanista più noto in Israele - ex ambasciatore israeliano alla Ue e professore all´università di Gerusalemme e Haifa - rispedisce al mittente le parole che arrivano da Roma. Professore cosa vede nel messaggio del Papa? «Vedo solo belle frasi. Anzi le dichiarazioni papali mi sembrano quasi moderate rispetto a certi editoriali della Radio Vaticana sul Medio Oriente, che sappiamo tutti a chi sono destinati. Ha ragione il Pontefice a preoccuparsi di quanto accade nel mondo islamico, ma per carità non si deve preoccupare per Israele; nei fatti è una realtà che non lo ha mai preoccupato. Il Vaticano ci ha sempre sempre ignorato, tranne quando ha cercato di cristianizzare la Shoah proclamando santo un ebreo». C´è un pregiudizio della Santa Sede nei confronti di Israele? «Più con Wojtyla che non con Ratzinger ha sempre avuto una posizione nettamente anti-israeliana. La Santa madre Chiesa che conta qui fra i suoi fedeli solo l´1% della popolazione ha delle serie difficoltà col mondo islamico che cerca di compensare con queste posizioni». Non le sembra un giudizio troppo duro? «Guardi, forse il più estremista sul Medio Oriente è il Segretario di Stato Bertone: nel 2007 ha sostenuto che la leggenda di Pio XII nemico degli ebrei nacque nel ´46-´48, quando stava per nascere lo Stato d´Israele. Un´accusa gratuita e falsa. Come false sono le cose che sul Medio Oriente scrive l´Osservatore romano: quando, nel 2002, 208 palestinesi armati si rifugiarono nella Natività di Betlemme il Vaticano insorse. Era gente armata, sparava dalla chiesa. Quel giornale scrisse addirittura che un prete era morto mentre diceva messa: la notizia era falsa ma nessuno lo smentì. Sono cose che non aiutano il Vaticano a progredire di un centimetro in questa regione. C´è una cattiva volontà nei nostri confronti che alla fine è contraria agli stessi interessi dei cattolici in Medio Oriente. Un altro esempio? Hamas ha ucciso 150-200 uomini fedeli a Abu Mazen nei mesi scorsi nella Striscia. E da Roma non una parola». Scusi, cosa avrebbe dovuto fare il Pontefice? Tacere? «Le posizioni del Vaticano sono note. Abbiamo avuto per 20 anni il patriarca latino di Gerusalemme: Michel Sabbah era palestinese e ha fatto di tutto per incensare il movimento palestinese. Ottenendo cosa? Nulla! Si è inimicato noi e loro».
Da Il FOGLIO del 9 gennaio 2009
La chiesa cattolica non è palesemente in grado di rendere giustizia alle ragioni di Israele in guerra. Non può dire chiaramente ciò che è cristianamente e razionalmente vero: gli ebrei di Israele hanno diritto di esistere e di difendersi, hanno diritto di praticare la deterrenza militare come autodifesa nazionale, possono farlo a Gaza come in Libano, di fronte al rifiuto arabo e alla minaccia iraniana o siriana, tanto più al cospetto del maestoso, tremendo e profetico risveglio fondamentalista dell’islam politico. Benedetto XVI ieri ha pronunciato davanti al corpo diplomatico parole piene di decoro, di equilibrio, di significato, ma nell’aria fumosa di guerra è rimasta la eco di quanto ha detto un suo principe del Sacro Collegio, Renato Raffaele Martino. Il quale, invece di riconoscere che Gaza è una fortezza terrorista in cui un’organizzazione che vuole la cancellazione di Israele e l’eliminazione degli ebrei tiene in ostaggio la popolazione civile e se ne fa letteralmente scudo, ha bollato i soldati di Tsahal, lapsus imperdonabile, come potenziali kapò di un “campo di concentramento”. Negli anni Trenta, e poi nei Sessanta, dal documento teologico di Friburgo alle polemiche conciliari che opposero l’interpretazione montiniana della enciclica Pacem in terris a quella di Lercaro e Dossetti, nel mondo culturale cattolico si è faticosamente cercato di rovesciare la dottrina della guerra giusta e di affermare l’incompatibilità tra cristianesimo e guerra moderna, come racconta Daniele Menozzi nel suo ottimo lavoro per il Mulino. Non si è cavato un ragno dal buco. Ma si è politicamente e profeticamente paralizzata (o banalizzata in senso pacifista) la voce della chiesa. Paolo VI nell’ottobre 1965 disse all’Onu: “Finché l’uomo rimane l’essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo; ma voi, coraggiosi e valenti quali siete, state studiando come garantire la sicurezza della vita internazionale senza ricorso alle armi”. Contemporaneamente, discutendosi della Costituzione apostolica Gaudium et spes, don Giuseppe Dossetti fu incaricato di stendere il discorso conciliare del cardinale arcivescovo di Bologna, Giacomo Lercaro: “Certo contro un ingiusto aggressore può essere legittima e doverosa la resistenza, ma solo la resistenza dello spirito, della superiorità sapienziale, della magnanimità...”. Siamo ancora tragicamente lì.
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