Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Così funziona l'ospedale di Hamas la cronaca di Francesco Battistini
Testata: Corriere della Sera Data: 09 gennaio 2009 Pagina: 8 Autore: Francesco Battistini Titolo: «Giovani volontari, sotterranei e miliziani travestiti da medici L'ospedale-rifugio di Hamas»
Dal CORRIERE della SERA del 9 gennaio 2009:
ASHKELON (Israele) — In accettazione hanno l'occhio clinico. E quando arrivano «i combattenti », li riconoscono subito. Primo, perché li accompagna sempre qualcuno che non sembra mai un parente. Secondo, perché a domanda non rispondono. «Si chiamano tutti Muhammad Abu qualcosa», dice Sabreen, che pure preferisce non declinare le generalità: «Se non sono gravi, do loro un modulo da compilare. Ma me lo restituiscono con scritto il nome e basta. Inventato, si capisce». Sabreen non ha voglia, spesso neanche il tempo di fare domande inutili: «Non vogliono mai dire come o dove si sono feriti. E se io faccio troppe domande, s'innervosiscono. Il secondo giorno dei bombardamenti, uno s'è messo anche a urlare. Non ha scritto nulla. Io rispetto la loro volontà. E non chiedo nient'altro». L'ospedale Shifa è il cuore di Gaza, in ogni senso. È il più grande, sta al centro della Striscia, accoglie tutti. Ma proprio tutti: secondo l'esercito israeliano, è anche il ricovero di molti terroristi di Hamas. I feriti e i sani. Quelli che occupano molti dei 596 posti letto che servirebbero a soccorrere i civili. Quelli che si sono messi un camice e si fingono medici o infermieri. Quelli che stanno nascosti nei sotterranei dei sei grandi reparti. Il policlinico sembra un obitorio, raccontano. Palazzine lugubri, muri bucati, ascensori rotti, immondizia ovunque. Manca un po' tutto: 115 tipi di medicine indispensabili, elenca il dottor Hasan Khalaf, e poi strumenti chirurgici, apparecchi per la dialisi, soluzioni fisiologiche... Niente pasti caldi per i malati, niente materiale sterile. C'erano 1.400 fra medici e infermieri, una volta, ma molti sono rimasti per giorni isolati dai raid e adesso in corsia si danno da fare anche matricole di medicina, volontari, chi capita. «Abbiamo ancora un paio di giorni d'autonomia — dice il direttore, Hussein Ahshour —, sta finendo il carburante dei quattro generatori elettrici, che funzionano sei ore al giorno. Se non ne arriva dell'altro, Emergenza Il direttore: «Abbiamo ancora un paio di giorni di autonomia, dopo dovremo spegnere le incubatrici» dovremo spegnere le incubatrici per 25 neonati prematuri, la terapia intensiva, le cure ai dializzati ». Gli aiuti arrivano, piano piano. E nonostante si sappia che molta roba serve a curare non solo i malati o i feriti innocenti, ma fa da infermeria anche per gli uomini di Hamas, nessuno del governo israeliano se l'è sentita di bloccare i camion entrati per le tre ore di tregua. «Sappiamo che i medicinali vanno prima ai terroristi — dice un'alta fonte militare —. E anche il cibo viene confiscato dai dirigenti di Gaza: lo rivendono a prezzi più alti sul mercato nero. Ma se li bloccassimo, ci direbbero che siamo peggio dei nazisti». All'ospedale erano già stati tagliati molti fondi europei, negli ultimi due anni, da quando la Striscia non è più sotto il controllo dell'Autorità palestinese. Gran parte del personale non riceve stipendi da quattro-cinque mesi. Ma ora che c'è la guerra, gl'israeliani hanno una certezza in più: da due settimane, lo Shifa è diventato il perfetto scudo umano usato dalle milizie islamiche, e la sera di sabato scorso sarebbe arrivata da lì la scarica di colpi che ha investito trenta soldati del 51esimo Brigata Golani. «Ci sono molti cecchini là dentro — dice il capitano Amos Yadlin —, sono travestiti da personale dell'ospedale. E per non farsi troppo vedere, stanno negli scantinati». Il dottor Khalaf respinge indignato che lo Shifa sia una base per sparare sugli israeliani — «non ci sono scantinati, qui» —, si chiede se per caso si stia preparando «un'altra strage d'innocenti», ma non può negare d'essere lui stesso un medico in prima linea, con quelli di Hamas in seconda: «Stanno qui dentro. E con questo? Discorsi folli, disumani. Gl'israeliani stanno ammazzando civili e combattenti. Hanno sparato anche sull'Onu, distrutto ambulanze, ucciso dodici infermieri. Noi aiutiamo tutti i feriti che ci portano». E vi lascerebbero fare lo stesso, con un ferito israeliano? «Se m'arrivasse qui Barak sanguinante, e Dio solo sa se non avrei voluto farlo sanguinare io, non potrei farne a meno. Lo curerei. Come si fa in tutti gli ospedali del mondo».
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