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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Stampa - Corriere della Sera - La Repubblica - Il Sole 24 Ore - Il Messaggero - Il Giorno - Liberazione - Il Manifesto Rassegna Stampa
09.01.2009 Colpito un convoglio della Nazioni Unite, interrotti gli aiuti umanitari
quotidiani a confronto

Testata:La Stampa - Corriere della Sera - La Repubblica - Il Sole 24 Ore - Il Messaggero - Il Giorno - Liberazione - Il Manifesto
Autore: Maurizio Molinari - Francesco Battistini - Alberto Stabile - Ugo Tramballi - Eric Salerno - Lorenzo Bianchi - la redazione - Michele Giorgio
Titolo: «Accordo all’Onu per chiedere la tregua - Tank centra convoglio umanitario L'Onu sospende gli aiuti a Gaza - Ancora vittime civili, l´Onu se ne va Gaza resta senza aiuti umanitari»

L'Onu sospende gli aiuti a Gaza - L'Onu ferma gli aiuti: ci sparano addosso - Razzi dal Libano su Israele. A Gaza colpito un convoglio Onu - Tregua violata, colpi contro l'Onu Croce rossa a Gaza: fatti scioccanti - "Lasciati morire nelle strade di Gaza

Di seguito, alcuni esempi di come i quotidiani italiani  del 9 gennaio 2009 hanno affrontato la vicenda, ancora non chiara, del convoglio Onu colpito a Gaza mentre trasportava aiuti umanitari.

Su questi ultimi, occorre ricordare che molto spesso nascondono rifonimenti di ben diversa natura. Lo documenta a pagina 9 del GIORNALE, nell'articolo "Ecco gli aiuti della Croce Rossa: divise per Hamas", l'inviato Luciano Gulli

Da pagina 6, La STAMPA del 9 gennaio 2009, riportiamo la cronaca di Maurizio Molinari  "Accordo all’Onu per chiedere la tregua":


Accordo all'Onu sul cessate il fuoco a Gaza. I ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno raggiunto nella notte un'intesa al Palazzo di Vetro sul testo di una risoluzione che prevede il cessate il fuoco «immediato, duraturo e pienamente rispettato» in maniera «da portare al ritiro delle truppe israeliane» e sottolinea la necessità più rigidi controlli lungo i confini della Striscia per impedire il contrabbando di armi che ha consentito ad Hamas di impossessarsi dei missili con i quali bersaglia il Sud dello Stato ebraico. A dare la notizia dell'intesa è stato il britannico David Milliband ma l'inviato della Lega Araba Yahya Mahmassani ha precisato che si tratta di un «accordo di principio» in ragione del fatto che resta da definire il riferimento al cessate il fuoco. La bozza del documento in discussione infatti non contiene un esplicito appello alle parti co-belligeranti, Israele e Hamas, ma si limita a «sottolineare l'urgenza» della fine delle ostilità con una formulazione impersonale e meno vincolante.
A conferma della fluidità delle trattative gli ambasciatori arabi hanno detto di augurarsi un «voto nella notte», mentre diplomatici occidentali hanno suggerito la necessità di un supplemento di contatti con le rispettive capitali, che potrebbe portare il Consiglio di Sicurezza dell'Onu a pronunciarsi questa mattina. «Lavoriamo duro e facciamo progressi» si è limitata a dire Condoleezza Rice.
Proprio oggi è atteso al Cairo il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, per colloqui con il leader egiziano Hosni Mubarak che vuole spingerlo a riprendere i negoziati di riconciliazione con Hamas per puntellare l'intesa sulla tregua.
Il Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, si è detto a favore dell'invio di una forza di osservatori internazionali nella Striscia, ma intanto ha dato disposizione di interrompere la spedizione aerea di aiuti ai palestinesi, dopo che ieri il fuoco degli israeliani ha colpito un automezzo Onu causando due morti. Anche la Croce Rossa Internazionale ha ristretto le operazioni del proprio personale a Gaza per analoghi motivi.
«Nonostante il fatto che ci coordiniamo con le forze israeliane il nostro personale continua ad essere colpito ed ucciso» ha lamentato il portavoce dell'Onu, Chris Gunness, annunciando la sospensione della distribuzione degli aiuti. Manca ancora una versione israeliana dell'incidente ma in passato Gerusalemme ha accusato Hamas di adoperare autoambulanze e mezzi con le insegne dell'Onu per trasportare armi e miliziani.
A Washington intanto, mentre il Dipartimento di Stato ha chiesto a Israele il prolungamento delle tre ore quotidiane di tregua, il nuovo Senato ha approvato a grande maggioranza un risoluzione proposta dal leader democratico Harry Reid e sostenuta dai repubblicani che attesta «l'inalienabile diritto di Israele a difendersi dagli attacchi provenienti da Gaza». Questa mattina è in programma un analogo voto della Camera.

Da  pagina 8 del CORRIERE della SERA, la cronaca di Francesco Battistini, "Tank centra convoglio umanitario L'Onu sospende gli aiuti a Gaza": 

YAD MORDECHAI (Israele) — Orribile, dicono. Un furgone E-350 bianco posteggia all'ultimo check-point verso Gaza, s'apre il portellone, scendono due occhi che non sanno se dire l'ira o l'orrore: «Abbiamo trovato quattro bambini vivi...», dice un barelliere. Vivi, ma con la morte tutt'intorno. La casa dei piccoli zombi stava a Zeitun, una delle zone bombardate pesante fin dal primo giorno. E quel che i barellieri raccontano era così impressionante da lasciare senza parole: «C'erano quattro bambini, spossati e denutriti. Non riuscivano ad alzarsi. Stavano sdraiati e in mezzo a loro la madre, morta. In un'altra casa, lì vicino, quindici persone ferite. In un'altra ancora, tre cadaveri». La testimonianza è dettagliata, finisce subito in un rapporto. E in una nota durissima della Croce rossa internazionale: «I nostri operatori hanno impiegato quattro giorni, a raggiungere Zeitun. Le forze israeliane rallentano in tutti i modi il nostro intervento. Questo è inaccettabile ».
Inaccettabile, protesta anche l'Onu. Soccorrere nella Striscia diventa sempre più difficile. E se Hamas non si fa problemi a lanciare quattro razzi nelle tre ore di tregua, i soliti sedici in tutta la giornata, quando si spara tocca agl'internazionali rischiare la pelle e a volte rimettercela: ieri sono stati uccisi due lettighieri dell'Unrwa, l'agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, la stessa che gestiva la scuola del massacro di Jabalya.
«Avevano l'insegna ben visibile — dicono dall'Onu — e il giubbotto dell'organizzazione». Non c'è mai stata molta simpatia fra l'Unrwa e Tsahal, l'esercito israeliano: nel 2004, battaglia di Al Zeitun, si scoprì che le ambulanze servivano in realtà a evacuare feriti assieme a terroristi; qualche anno dopo, alcuni letti trasportati su un'autolettiga vennero scambiati per armi, e le forze armate si dovettero scusare con l'Onu.
Ora, la tensione è altissima: prima l'Unrwa denuncia che i suoi barellieri sono stati centrati durante le tre ore di tregua, poi si deve correggere, «i colpi sono stati sparati la mattina», a combattimenti in corso. Una guerra furibonda, che lascia sul terreno tre soldati israeliani in un solo giorno. Resta comunque l'ennesimo errore di mira, la protesta del segretario generale Ban Ki-Moon, la decisione delle organizzazioni umanitarie: basta soccorsi, finché non è garantita la sicurezza a chi li porta.
Inaccettabile, dice anche François Fillon, premier di Sarkozy. 712 morti e i 3.500 feriti palestinesi, è finora costata l'operazione Piombo Fuso. Quattordici morti e decine di feriti fra gl'israeliani, ultima appendice agli ottomila razzi che Hamas ha lanciato sulle loro città negli ultimi sette anni, colpendo spesso anche compound di Kerem Shalom e d'altre organizzazioni umanitarie, o la centrale elettrica di Ashkelon che da sola forniva il 65% dell'elettricità a tutta la Striscia.
Oggi scade il mandato di Abu Mazen, ma il secondo venerdì di preghiera che Hamas ha proclamato «Giorno della rabbia» non dovrebbe riguardarlo: il presidente resterà alla Muqata un altro anno, ed è lo stesso movimento islamico a non voler porre ora la questione, «perché abbiamo altri problemi».
Uno su tutti: sì o no alla proposta Sarkozy-Mubarak? La risposta è in sospeso. Ma la galassia fondamentalista ha già deciso. Dai Fratelli musulmani egiziani a Jihad, ai siriani del Flp, tutti d'accordo: pollice verso.

Su La REPUBBLICA, a pagina 6, Alberto Stabile sembra attribuire  a una sorta di presunzione di Israele, che pensava "d´aver inscenato una guerra al tempo stesso spietata verso il nemico e sensibile alle sofferenze della popolazione civile", e ha invece fallito nel suo intento, le vittime civili e le tragedie di Gaza.
L'uso deliberato dei civili come scudi umani da parte di Hamas non rientra nel quadro.
Se stabile vi avesse fatto cenno avrebbe aiutato i suoi lettori a capire qualcosa di più del conflitto in corso.
Ecco il testo:

GERUSALEMME - La pretesa d´Israele d´aver inscenato una guerra al tempo stesso spietata verso il nemico e sensibile alle sofferenze della popolazione civile, ha subito ieri un duro colpo dopo che l´ente delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unrwa) ha deciso di sospendere tutte le proprie attività per protestare contro l´uccisione di due suoi autisti colpiti dall´artiglieria israeliana mentre andavano a raccogliere un carico di aiuti umanitari destinati alla popolazione.
Per quell´inevitabile sommarsi di violenze che questa, come ogni altra guerra, impone ai più deboli e indifesi, anche la Croce rossa internazionale, sempre ieri, ha dovuto alzare la sua voce contro i militari israeliani quando una propria squadra di soccorritori, dopo aver per giorni chiesto invano il permesso di passare, ha potuto finalmente raggiungere un nucleo di case nel rione di Zeitun, colpito dai bombardamenti. Entrati in una delle abitazioni danneggiate, gli uomini e le donne della Croce rossa si sono trovati davanti ai lamenti di quattro bambini, indeboliti al punto da non potersi più reggere nelle gambe, che giacevano esausti intorno ai cadaveri delle loro madri. Altri 12 corpi senza vita sono stati trovati sui letti vicini.
Così, mentre si chiude la seconda settimana di combattimenti, la guerra che si voleva supertecnologica, capace di affondare i propri colpi nel carnaio di Gaza con la precisione di un bisturi al laser, distinguendo tra buoni e i cattivi, tra miliziani, fiancheggiatori, simpatizzanti o semplici testimoni in una delle zone più densamente abitate del pianeta, mostra, invece, le scene d´orrore ordinario di tutte le guerre.
Ed altre ne promette, se è vero che 763 morti e 3.121 feriti, tra i palestinesi, contro 13 morti e alcune centinaia di feriti tra gli israeliani, non vengono ancora considerati argomento sufficiente dalle parti in causa per decidere di dar vita ad una tregua immediata.
La quale, va detto, non sembra irraggiungibile, dopo che Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, hanno accantonato le loro obiezioni al testo di una risoluzione che impone alle parti di abbassare le armi. Si cerca, in sostanza, di coniugare la tutela della sicurezza d´Israele con la richiesta pregiudiziale del movimento islamico di riaprire i valichi che circondano la Striscia, togliendola dall´isolamento. A favore d´Israele vengono ideate una serie di misure tali da impedire il contrabbando delle armi attraverso i tunnel scavati al confine tra Gaza ed Egitto, grazie ai quali Hamas ha potuto irrobustire il proprio arsenale. E su questo Israele non è disposto a transigere, mentre Hamas chiede, invece, altrettanto pregiudizialmente, che i soldati di Tsahal si ritirino e i cancelli di Gaza siano riaperti. Intanto, il Dipartimento di Stato americano chiede che Israele amplii le tre ore quotidiane di tregua umanitaria, per consentire un flusso più consistente di aiuti.
Aspettando che il Palazzo di Vetro produca un accordo, è facile prevedere per la popolazione di Gaza altre giornate di stenti e durezze. Per questo, il rifiuto dell´Unrwa di continuare la sua missione sotto il fuoco è grave. Perché l´ente per i rifugiati è stato per decenni non soltanto l´angelo custode dei profughi palestinesi, che oggi sono circa la metà del milione e mezzo di abitanti di Gaza, ma il procacciatore di cibo, l´infermiere e il datore di lavoro dei palestinesi.
L´occupazione prima, ma anche l´intifada nelle due versioni, la pacifica e la violenta, sono state fonte d´innumerevoli tensioni tra l´Unrwa e lo Stato ebraico, che alla fine, almeno per sottrarsi in parte ai pesanti oneri giuridici ed economici che gravano sulla «forza occupante» ne ha sempre dovuto riconoscere l´indispensabilità.
Questo grumo di diffidenza, quando non d´aperta ostilità, è affiorato anche durante questa guerra, con il bombardamento di due scuole gestite dall´Ente per i rifugiati. Nel caso della scuola di Jabalia, l´accusa lanciata dell´esercito israeliano, a giustificare le cannonate che hanno ucciso 42 persone è, per un Ente che si vuole umanitario e neutrale per definizione, infamante: da quella scuola sarebbero partiti colpi di mortaio contro i militari. Da qui non soltanto la smentita dell´Unrwa ma anche la richiesta di un´indagine internazionale.
La misura era dunque già colma quando ieri, poco prima che scattasse la seconda pausa di tre ore nei combattimenti decisa unilateralmente da Israele, il camion è stato centrato dal colpo d´un carro armato. Un colpo che mai, secondo i dirigenti delle Nazioni Unite, avrebbe dovuto partire visto che la missione era stata concordata nei minimi dettagli. Il camion, per un gioco della sorte, era diretto al valico di Eretz, dove da lì a pochi minuti le autorità israeliane avrebbero permesso il passaggio di duecento stranieri rimasti tagliati fuori dai combattimenti. Ma i dirigenti dell´Unrwa che già molte volte durante lo scorso anno avevano definito «insostenibili» le condizioni in cui si sono venuti ad operare a causa dell´embargo, hanno deciso che non avrebbero più mandato i propri uomini allo sbaraglio.

Sul SOLE 24 ORE (pagina 11) la condanna di Ugo Tramballi per Israele è a senso unico, e ben poco preoccupata di accertare ilr eale svolgimento dei fatti:

Qaundo si incomincia a sparare sulle anche le poceh regole di una guerra entrano in una nebulosa barbarie

è il perentorio esordio del suo articolo

Eric Salerno, nella cronaca pubblivata dal MESSAGGERO a pagina 3, (L'Onu ferma gli aiuti: ci sparano addosso"), esordisce con un falso sostenendo che il convoglio di aiuti sarebbe stato colpito mentre:

La tregua, tre ore al giorno, offerta da Israele per motivi umanitari era in vigore.

Questa versione, inizialmente fornita dall'Onu, è stata smentita: la tregua era finita.

A pagina 13 del GIORNO, nell'articolo "Razzi dal Libano su Israele. A Gaza colpito un convoglio Onu", anche Lorenzo Bianchi riferisce falsamente di una tregua violata, e conduce una requisitoria antisraeliana incentrata su affermazioni non verificate e smentite da Israele, come quelle del Times sull'uso di ordigni al fosfor bianco (sul MESSAGGERO un piccolo riquadro informa su che cosa sono le bombe al fosforo bianco "che sarebbero usate dagli israeliani").

Su LIBERAZIONE, la falsa notizia della violazione della tregua è nel titolo di prima pagina "Tregua violata, colpi contro l'Onu Croce rossa a Gaza: fatti scioccanti"

Su Il MANIFESTO la requisitoria antisraeliana è di Michele Giorgio, a pagina 4, "Lasciati morire nelle strade di Gaza".

Ecco il testo, che con la sua violenta stigmatizzazione di Israele copre i crimini di Hamas contro gli stessi civili palestinesi:

Aiuta i vivi a reperire cibo e medicine il cessate il fuoco quotidiano di tre ore concesso da Israele ai palestinesi di Gaza sotto attacco. Ma serve anche a recuperare i morti, a dare una sepoltura a cadaveri rimasti per giorni nelle strade. «I cadaveri, decine e decine, giacciono nelle strade e i feriti muoiono davanti gli occhi dei soldati israeliani che a distanza di pochi metri non fanno niente per soccorrerli», denunciava ieri con voce rotta dalla commozione Ayad Nasr, portavoce della Croce rossa internazionale riuscita finalmente ad entrare a Beit Lahiya e Beit Hanun, i centri abitati palestinesi più martoriati dall'aviazione e dall'esercito d'Israele.
«Fateci entrare nelle zone di Abraj al Awda e Abraj Sheikh Zaid per raccogliere i feriti, molti di loro sono morti perché nessuno li ha soccorsi. Spero che questo mio appello venga raccolto da chi ci ascolta», ha proseguito Nasr parlando in diretta alla rete televisiva al Jazeera. Al suo appello si è aggiunto quello dell'Unrwa per i diritti della popolazione civile ma, poco dopo, l'agenzia dell'Onu ha dovuto annunciare l'interruzione dei programmi di assistenza a causa dell'uccisione di un suo autista, colpito dall'aviazione israeliana mentre, alla guida di un autocarro, trasportava aiuti umanitari, peraltro durante le ore di cessate il fuoco. A inizio settimana le forze armate israeliane avevano colpito tre scuole dell'Unrwa provocando decine di vittime. Le tre ore di «tregua» stanno perciò svelando la portata della devastante offensiva israeliana nelle località della Striscia rimaste isolate per giorni e prese incessantemente di mira dall'aviazione e dall'artiglieria. In un racconto fatto alla tv saudita al Arabiya, un operatore della Croce Rossa ha detto che «gli israeliani non ci hanno permesso di entrare a Khan Younis con le ambulanze ed abbiamo dovuto farlo a piedi». Una volta entrati, ha riferito, «in una casa abbiamo visto quattro bimbi che da giorni stavano raccolti davanti al cadavere della madre. Erano così deboli che non potevano reggersi in piedi». In un'altra casa «abbiamo trovato vivo un uomo allo stremo delle forze...sul pavimento c'erano 12 cadaveri che abbiamo portato fuori sugli asini».
L'emittente araba ha anche trasmesso le immagini di un'ambulanza colpita mercoledì dall'esercito a Jabaliya. Nel video si vedono 13 fori sull'automezzo e un soccorritore colpito con una pallottola ad una gamba aiutato dai suoi colleghi. Due volontari, un canadese e uno spagnolo, hanno confermato l'accaduto. «I militari israeliani dovevano essere a conoscenza della situazione ma non hanno fornito assistenza ai feriti, né hanno reso possibile a noi o alla Mezzaluna Rossa palestinese di aiutarli», ha dichiarato a proposito dei morti e dei feriti rimasti nelle strade di Beit Lahiya, Pierre Wettach, capo della Croce rossa nella regione, che poi ha definito l'accaduto «scioccante».
L'organizzazione ha annunciato che continuerà a evacuare i corpi ogni volta che sarà possibile e ha comunicato di essere stata informata di altri feriti che le squadre mediche non sono riusciti finora a raggiungere. «I militari israeliani non hanno assolto ai loro obblighi in materia di diritto umanitario internazionale che prescrive di provvedere ai feriti ed evacuarli», ha aggiunto Wettach. Ieri Muawiya Hassanin, responsabile dei servizi di pronto soccorso a Gaza, ha portato il bilancio di morti palestinesi a 763, di cui 1/3 bambini e adolescenti (oltre 3mila i feriti).
L'offensiva «Piombo fuso» però non si ferma, anzi si espanderà. Lo ha lasciato capire il premier israeliano Olmert incontrando i soldati della Divisione Gaza, perché, ha spiegato, «non sono stati ancora raggiunti gli obiettivi». I raid aerei sono incessanti e i reparti corazzati rimangono alle porte delle città palestinesi pronti alla «terza fase» dell'attacco: rioccupare tutta Gaza. Ieri tre militanti del Jihad islami sono morti in un raid aereo e altri due sono rimasti feriti. Israele, secondo al Jazeera e fonti mediche palestinesi, farebbe uso anche di fosforo bianco e armi proibite, ma avviare una inchiesta indipendente è al momento impossibile. Sono morti ieri anche un ufficiale dell'esercito israeliano che si trovava a bordo di un carro armato centrato da un missile anti-carro e un soldato ucciso da un cecchino palestinese. Sono otto i militari morti dall'inizio dell'offensiva di terra (tre i civili israeliani uccisi dai razzi). Israele comunque continuerà a fare fuoco a volontà ancora per giorni.
Olmert e il presidente egiziano Mubarak domenica, al termine dei loro colloqui, potrebbero annunciare un cessate il fuoco temporaneo entro tre giorni, ma si tratta solo di un'indiscrezione. Al Consiglio di sicurezza dell'Onu intanto è stata presentata una bozza di risoluzione che il Dipartimento di Stato Usa ha definito «di possibile consenso». Non certo quello di Hamas che ha fatto sapere che il piano di Mubarak «non è una base valida per una soluzione della crisi», perché fondato interamente sulle condizioni poste da Israele.
«Piombo fuso» va avanti mentre rischia di precipitare la situazione in Medio Oriente. Ieri mattina almeno tre razzi sono stati lanciati dal territorio libanese contro la città israeliana di Nahariya, da un commando del Fronte popolare-Comando generale, una formazione palestinese sostenuta dalla Siria. Nell'attacco, che ha colpito anche un centro di assistenza agli anziani, sono rimaste ferite cinque persone. L'esercito israeliano ha immediatamente risposto con il lancio di mortai, i residenti della regione sono entrati nei rifugi anti-missile e per alcune ore si è temuta l'apertura di quel «secondo fronte» al nord di cui si parla da giorni. Poi il governo di Beirut ha condannato l'accaduto mentre Hezbollah ha smentito categoricamente un suo coinvolgimento. Poco alla volta è tornata la calma lungo la frontiera. Intanto oggi scade il mandato di Abu mazen ma ieri il presidente palestinese ha annunciato che non si farà da parte - come gli chiede Hamas - e resterà in carica fino alla convocazione di elezioni simultanee legislative e presidenziali.


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