Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Al Cairo si tratta sul piano Sarkozy-Mubarak le analisi di Francesco Battistini e Maurizio Molinari
Testata:Corriere della Sera - La Stampa Autore: Francesco Battistini - Maurizio Molinari Titolo: «Uno spiraglio per la tregua con Hamas Si tratta sul piano Sarkozy-Mubarak -Al Cairo oggi l’avvio delle trattative»
Da pagina 9 del CORRIERE della SERA dell'8 gennaio 2009, "Uno spiraglio per la tregua con Hamas Si tratta sul piano Sarkozy-Mubarak ", di Francesco Battistini:
GERUSALEMME — La tregua non esclude la guerra. La diplomazia dei paradossi, o «da circo delle pulci» per dirla con le parole un po' sprezzanti dell'ex ministro tedesco Joschka Fischer, apre finestre e chiude ponti levatoi: si brinda a Parigi per il successo della missione di Nicolas Sarkozy che, atterrando sei volte in cinque capitali, in meno di 48 ore porta a casa una specie d'accordo che piace a tutti meno, forse, ai diretti interessati; si decide a Gerusalemme, al gabinetto per la Sicurezza nazionale, che le operazioni militari devono andare avanti, nonostante le trattative e la sospensione di tre ore. Si entra nella terza fase dell'operazione Piombo Fuso, anzi, e d'ora in poi le forze armate avranno carta bianca e potranno rastrellare casa per casa dentro Gaza City. Se vuoi la guerra, prepara la pace. «Vediamo con favore gli sforzi internazionali», è l'unica rassicurazione del premier israeliano, Ehud Olmert, e grazie «per gli sforzi che promuovano la fine delle attività terroristiche e del contrabbando di armi». Sui princìpi, niente da dire: le perplessità nascono se si tratta di «tradurre quei princìpi in atti pratici». Israele non dice no, ma nemmeno sì. Hamas non dice sì, ma neppure no. E nel deserto, già questa proposta di tregua franco-egiziana appare un miraggio. C'è l'appoggio americano e, per quel che conta, pure dell'Autorità palestinese di Abu Mazen: «Il grande successo del presidente francese— dice un diplomatico europeo a Gerusalemme — è d'aver buttato il cuore oltre l'ostacolo. Prima che arrivi Obama, ha lanciato un messaggio stile Obama: si può fare. Ha messo a frutto la sua semina mediorientale e sfruttato il suo ruolo di copresidente dell'Unione per il Mediterraneo, assieme a Mubarak. S'è portato dietro Javier Solana, a far capire che la troika Ue guidata dal governo ceco non rappresentava quasi nulla. Un bel colpo per lui. Un colpo basso per tutti noi». Oggi al Cairo arrivano i collaboratori più stretti di Olmert e del ministro della Difesa, Ehud Barak: sono Shlomo Turjeman e Amos Gilad, hanno un mandato limitato all'«esplorazione», ma comunque siederanno sugli stessi divani che hanno ospitato fino a ieri gl'inviati di Hamas e precederanno, sabato, l'incontro di Mubarak con Abu Mazen. Il presidente egiziano chiederà una sospensione della guerra d'almeno 48 ore e presenterà i punti principali d'un eventuale accordo, da sottoporre poi al governo israeliano. L'idea di fondo rimane quella di non umiliare troppo Hamas e, contemporaneamente, di non permetterle di cantar vittoria davanti al suo popolo. Secondo qualche indiscrezione, le misure elencate da Mubarak e da Sarkozy riguarderebbero soprattutto lo stop alla via dei razzi, quella che dal Sudan attraversa l'Egitto e porta i Qassam fin dentro Gaza, attraverso il valico di Rafah. Per raggiungere questo risultato, servirebbero un potenziamento della «base d'ascolto» nel Negev, un monitoraggio satellitare della Philadelphi Road e dei mille tunnel che la sottopassano, un servizio d'intelligence coordinato con l'Egitto. Una parte della bozza, tutta da discutere, parlerebbe d'un eventuale rilascio di prigionieri di Hamas, in cambio della liberazione di Gilad Shalit. Del soldato israeliano ostaggio a Gaza, ora con passaporto anche francese, Sarkozy è andato a parlare in Siria con Assad: Damasco è un luogo chiave di questa pace, il contatto anche con l'Iran e la Russia, e il leader siriano ha promesso pressioni su Khaled Meshaal (il capo Hamas che vive lì, sotto protezione) e di chiedere «prove in vita » del caporale rapito due anni e mezzo fa. Perché la parola di Meshaal è determinante e tutto questo lavorìo diplomatico, sinora, fa i conti senza l'oste. Ovvero Hamas. Che già storce il naso e non vede «le condizioni minime», nella bozza Mubarak-Sarkozy: non si parla di ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia, per esempio. «Siamo disposti a esaminare proposte che portino all'apertura totale dei valichi e alla fine del nostro isolamento», ma nulla di più. E poi, si chiede il movimento islamico: perché bloccarci l'afflusso di armi per via diplomatica, se non ci sono ancora riusciti per via militare?
Da pagina 8 de La STAMPA , "Al Cairo oggi l’avvio delle trattative":
Conto alla rovescia per la tregua a Gaza. Hosni Mubarak si appresta a ricevere oggi al Cairo le delegazioni di Israele, Hamas e Autorità nazionale palestinese (Anp) per colloqui sulla base della proposta di tregua nella Striscia avanzata da Egitto e Francia. A dare l'annuncio dell'accordo sugli imminenti negoziati è stato l'ambasciatore egiziano alle Nazioni Unite, Maged Abdelaziz, spiegando che si tratterà di «delegazioni tecniche». «Sta iniziando qualcosa di positivo, andiamo verso il cessate il fuoco» ha aggiunto Abdelaziz al termine dei lavori del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Sebbene ancora non sia chiara la formula con cui avverranno i colloqui al Cairo, così come restano in parte top secret gli elementi del piano franco-egiziano, la presenza al tavolo dell'Anp conferma che sta crescendo il ruolo politico del presidente Abu Mazen, a cui Hamas strappò con un colpo di mano il controllo della Striscia di Gaza dopo avervi vinto le elezioni del giugno 2007. I primi a coinvolgere Abu Mazen sono stati il presidente egiziano Mubarak e quello francese Sarkozy, presentandogli la proposta di tregua con una formalità tesa a riconoscere la sovranità dell'Anp sulla Striscia di territorio abbandonata dagli israeliani nel 2005. È stata l'accettazione di massima della tregua da parte di Abu Mazen, seguita ad un'analoga mossa da parte di Israele, il momento che ha aperto la via al negoziato. Poco dopo da Washington la portavoce della Casa Bianca Dana Perino ha chiarito la strategia negoziato: «Vogliamo una tregua immediata e duratura ma il nostro obiettivo ultimo è la stabilità a Gaza e il ripristino dell'autorità di Abu Mazen, che è il presidente di tutti i palestinesi». Il resto lo sta facendo il Segretario di Stato Usa Rice, spiegando ai ministri dei Paesi arabi riuniti all'Onu che la «riapertura dei confini di Gaza» - che è poi la richiesta fondamentale di Hamas per aderire alla tregua franco-egiziana - può avvenire solo sulla base dell'accordo del 2005 fra Israele e Autorità nazionale palestinese. La tela negoziale modellata da Usa, Francia ed Egitto punta dunque a far accettare a Israele la fine del blocco di Gaza dando in cambio la garanzia che a sorvegliare più rigidamente confini per ostacolare il contrabbando di armi ci saranno gli uomini di Abu Mazen, probabilmente sostenuti dal contingente internazionale che Ankara si è detta disposta a guidare assieme a Parigi. Resta da vedere cosa farà Hamas. A tentare di fargli ingoiare il rospo sarà Mubarak, che aspetta al Cairo la delegazione dell'organizzazione fondamentalista. In un segno di apertura verso l'Egitto, il leader di Hamas a Gaza, Ismail Haniyeh, si è detto sicuro della possibilità di «raggiungere un accordo sulla tregua entro 48 ore». «Gli ultimi sviluppi sono positivi e credo possiamo farcela», ha aggiunto da Gaza il suo portavoce Ahmed Yusuf. Ad aver rassicurato Hamas è stata la tregua umanitaria di tre ore rispettata ieri da Israele per consentire l'entrata di convogli con medicinali e cibo, strappata dalla Rice alla collega Tzipi Livni. Nell'attesa degli incontri odierni di Hamas al Cairo, il capo dell'Eliseo Sarkozy ha passato la giornata di ieri al telefono parlando con il collega siriano Bashar Assad, facendogli capire che è questo il momento per fare pressione sui suoi alleati fondamentalisti per spingerli ad accettare il piano per la tregua, che prevede l'interruzione del lancio di razzi verso il territorio israeliano. Con Washington, Parigi e Il Cairo impegnate nella delicata mediazione, il presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ribadito la scelta del silenzio. «Il silenzio non è la conseguenza di mancanza di preoccupazione - ha detto a Washington - e in effetti non si tratta neanche di silenzio perché ho già spiegato che su questo tema bisogna rispettare il fatto che l'America ha un presidente alla volta».