Sono uscite, sull' Unità e sul Manifesto, due analisi sul conflitto con Hamas. Sul quotidiano del PD a firma di Furio Colombo, su quello comunista di Rossana Rossanda. Data la supposta differenza fra i due quotidiani, ci saremmo aspettati di leggere analisi e conclusioni diverse, invece ( ma a pensarci bene la cosa non deve sorprendere), le conclusioni sono identiche. Cercando di barcamenarsi fra le colpe di Hamas e le responsabilità di Israele, Furio Colombo ( il quale ha diretto per anni l'Unità la cui linea era fortemente anti-Israele, senza mai averla cambiata), dopo aver cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, trae la conclusione, evidenziata anche nel titolo " La guerra siamo noi", che i veri responsabili siamo noi europei, noi americani, noi occidentali. In questo modo accontenta il lettore dell'Unità, imbottito da decenni di disinformatzia, evitando di mettere in evidenza tutto quello che invece dice quando viene invitato in "altre sedi", nelle quali fa sfoggio di sfegatato sionismo. Parola che si guarda bene dallo scrivere sull'Unità, sostituendola con un più neutarle " il legame profondo con Israele ", meno urtante e che si presta poi a piroette, nelle quali il nostro è maestro. Anche Colombo, come tutte le anime belle nei vari campi, invoca poi quelle famose " iniziative di pace " impossibili a realizzarsi per l'essenza stessa che compone l'ideologia criminale di Hamas. Dire che la guerra è brutta e produce anche vittime innocenti è una verità tanto vera quanto banale, scarica la coscienza meglio di uno sturalavandino. La colpa è delle istituzioni, cioè di tutti noi. Colombo, memore delle scuole cattoliche frequentate in gioventù, ha fatto la sua brava confessione, alla quale segue immancabilmente l'assoluzione. Più dura, è ovvio, Rossana Rossanda, che sul Manifesto non deve farsi nemmeno la preoccupazione di compiacere qualche suo lettore. Il suo pezzo è una fucilata di menzogne, una riga dopo l'altra. Ma, paradossalmente, visto che persino i lettori ideologizzati del quotidiano comunista gli occhi ce li hanno e le responsabilità di Hamas almeno un po' le avranno percepite, la conclusione si avvicina a quella di Colombo Oltre a Israele, le colpe sono dell'Europa, sono dell'America, sono di tutti noi, "siamo un continente che fa vergogna", conclude, addebitanto anche lei, come Colombo, indistintamente a tutti, Che per il nostro continente si aggiri una vergogna profonda è indubbio, ma a rappresentarla sono quelli che scrivono articoli come la Rossanda. Ecco i due articoli:
L'Unità - Furio Colombo - " Israele, la guerra siamo noi "
Il legameprofondo con Israele (il sentimento di chi scrive) non attenua il senso tragico di ciò che sta accadendo. Se mai, più sei vicino a Israele e più sei sconvolto. Perché vedi il giovane Paese degli ebrei, unica democrazia nelMedio Oriente, nato per vivere e per salvare, entrare nel tunnel della guerra senza fine. In esso la contabilità dei morti è terrificante ma anche infida, perché in tempi più o meno lunghi della storia si riforma un orrendo equilibrio, anche se quell'orrendo equilibrio sfugge persino agli storici, che accettano di dichiarare vittoria per la parte che, sul momento, muore di meno. S'intende che affrontando con dolore e sconvolgimento profondo ciò che sta accadendo, scrivendo mentre vedi quel che vedi in televisione, non puoi, non devi fare a meno di rivedere parti essenziali del terribile gioco che sono stati rimossi dalla memoria o abbattuti dai media. Primo: c'è un corridoio vuoto nel mondo internazionale, quando Hamas dichiara, di sua iniziativa, la fine della tregua. Sarkozy, Presidente d'Europa, è uscito,Obama, Presidente- eletto degli Stati Uniti non è ancora entrato. Israele ha un governo provvisorio in attesa di elezioni; e oscilla fra coloro che chiedono più guerra e coloro che chiedono più pace per rompere l'infinito stato d'assedio che Israele subisce. Secondo: ecco un importante punto rimosso. Noi, che riconosciamo, come è giusto, il diritto all'offesa e al risentimento dei nostri immigrati a causa della condizione di disprezzo e rigetto che li circonda in buona parte d'Italia (italiani «buoni » inclusi) non abbiamo mai voluto prendere atto del violento e continuorigetto di tutta un'area del mondo contro Israele. Tendiamo, come nel più tipico e inconscio razzismo, a dare la colpa a chi viene scacciato («ma perché è andato lì e non da un' altra parte»? come se l'altra parte ci fosse). E se coloro che subiscono l'immenso «mobbing» internazionale, sono forti, bene organizzati e si difendono con tenacia, agli occhi di tanti sono ancora più odiosi e si trovano ad avere per avversari non solo i protagonisti sofferenti e immediati di quella difesa tenace, ma anche coloro che guardano e giudicano da lontano. E ogni azione israeliana appare due volte più offensiva - qualunque ne sia la ragione - di ogni altra azione militare nel mondo (come controprova ricordiamoci del genocidio nel Darfur, dei massacri in Congo, in Ruanda, Somalia, Birmania, Tibet). Terzo: la guerra, con i suoi colpi di maglioimmensamente sanguinosi e scarsamente utili, invade sempre, se non altro per vera, incontrollabile paura, lo spazio lasciato vuoto dalla politica. È’ ciò che sta malauguratamente accadendo. Ma, unmomento prima di dare a Israele la sua importante partedi responsabilità, domandatevi chi, quando, nel mondo, ha proposto e cercato di realizzare quelle raffiche di iniziativa politica che avrebbe difeso Israele, riconosciuto diritti negati ai palestinesi, sollevato quel popolo di vittime da alcuni potenti e ben finanziati leader votati almartirio dei loro adulti e dei loro bambini, e ridato voce e vigore ai Paesi Arabi di tutta quell'area del mondo che - come tutti constatiamo - sono fermi e storditi e in silenzio. Sembrano presi nel doppio terrore di due diverse risposte armate. Si sentono nella trappola di sbagliare comunque. Quarto: ripetere l'elenco delle sanguinose e ben finanziate colpe di Hamas, e il suo spaventoso gesto deliberato di spingere le sue famiglie e i suoi bambini amorire nel ferro e nel fuoco, non ci porta lontano. Il ferro e fuoco ci sono comunque e sono ferro e fuoco israeliani. I bambini, nel ferro e nel fuoco di questa nuova esplosione di guerra muoiono a decine, i civili a centinaia, e sono comunque palestinesi. E tutto ciò accade perché il resto del mondo, in tutti questi anni, non ha mosso un dito né per gli uni né per gli altri. Giudicate come volete. Ma i veri colpevoli siamo noi. Noi, Europa senza politica, noi Stati Uniti senza presidente, noi Nazioni Unite senza idee e senza parole e persino le rare e vaghe preghiere delle chiese del mondo e il soprassalto di illustri intellettuali che di tanto in tanto si risvegliano perun brontolio di protesta. Questa causa, salvezza di Israele dall'assedio senza fine; e salvezza dei palestinesi dalla morte per guerra e dalla morte per la causa terrorista imposta da una parte dei loro capi, spetta a noi, è il nostro impegno e dovere. Qualunque senso si voglia dare alla parola civiltà, essa cessa di esistere se lasceremo intatte le condizioni del conflitto e cimetteremo davanti alla tv paghi dei nostri sentimenti di condanna alla guerra o di sostegno a Israele.Onoi siamo la pace, per i due popoli, con un fiato, uncoraggio, una visione,un intervento di cui noi sembriamo incapaci. O noi, noi stessi, ognuno di noi, siamo il terrorismo o la guerra. Resta poco tempo per decidere.
Il Manifesto - Rossana Rossanda - " Pessime ragioni "
Che cosa persegue realmente Israele con i bombardamenti e l'invasione di Gaza? Certo non quello che dichiarano Tzipi Livni e Ehud Barak. Sono troppo intelligenti per farsi trasportare dall'antica paura che i modestissimi missili di Hamas distruggano il loro paese. Quando hanno iniziato la rappresaglia i Qassam tirati da Gaza avevano ucciso tempo fa una persona, ferito alcune, fatto danni minori su Sderot, incomparabili con i cinquecento morti, migliaia di feriti e le distruzioni inflitti da Tsahal alla Striscia in tre giorni, e che continuano a piovere. Né che siano mirati a distruggere le infrastrutture di Hamas, sapendo bene l'intrico che esse hanno con gli insediamenti civili, tanto da impedire alla stampa estera di accedere a Gaza. Né sono così disinformati da creder che si possa distruggere con le armi Hamas, votata da tutto un popolo, come se ne fosse una superfetazione districabile. Sono al contrario coscienti che l'aggressione aumenterà il peso e l'influenza sulla gente di Gaza oggi e in Cisgiordania domani, contro l'indebolito Mahmoud Abbas. Né gli sarebbe possibile ammazzarli tutti, ci sono limiti che neanche il paese più potente può varcare, ammesso che abbia il cinismo di farlo, e tanto meno all'interno del mondo musulmano che circonda Israele e nel quale, dunque con il quale, intende vivere.
Gi obiettivi sono dunque altri. Primo, battere nelle imminenti elezioni Netanyahu, che si presenta come il vero difensore a oltranza di Israele. Già le possibilità appaiono ridotte; l'assalto a Gaza sembra sotto questo aspetto una mossa disperata. Che sia anche crudelissima è un altro conto, siamo qui per ragionare. Secondo, usare le ultime settimane di Bush alla Casa Bianca per mettere la nuova presidenza americana davanti al fatto compiuto. Il silenzio assordante di Obama è già un risultato, quali che siano le circostanze formali che gli rendono difficile parlare su questo, mentre si esprime su altri problemi di ordine interno. Non è ancora insediato che si trova nelle mani una patata bollente, causa prima e annosa di quella caduta dell'immagine americana nel mondo che ha più volte detto di voler restaurare. Queste sono le carte che Olmert, Livni e Barak deliberatamente giocano in una prospettiva a breve.
Neanche Hamas si è mossa sulla semplice onda di un giustificato risentimento. I suoi dirigenti hanno visto benissimo in quale situazione il governo israeliano si trovava quando hanno deciso di rompere l'approssimativa tregua, sapendo anche che per modesti che siano i guasti prodotti dai Qassam nessun governo può presentarsi alle elezioni con una sua zona di confine presa di mira tutti i giorni. Anch'essi puntano a far cadere Olmert, già fuori gioco, la Livni e Barak, secondo la logica propria delle minoranze accerchiate di produrre il massimo danno perché la situazione si rovesci. Gaza è stata messa, e non da ieri, agli estremi, periscano Sansone e tutti i filistei. Si può capire, ma è una logica reciproca a quella di Israele. Non ritenevano certo che quei modesti spari di missili l'avrebbero distrutta e convertita alla pace. E anch'essi puntano a mettere la nuova amministrazione americana davanti a un incendio che non tollera rinvii. Lo sa la Lega Araba, lo sa l'Iran. Obama ha fatto molte promesse di cambiamento, e lo sfidano a mantenerle o a discreditarsi subito.
Tanto più colpevole di questo sanguinoso sviluppo, che la gente di Gaza paga atrocemente, è l'inerzia dell'Europa. Essa, che sulla questione ebraica ha responsabilità maggiori di chiunque al mondo, nulla ha fatto per impedire che si arrivasse a questa catastrofe. Ne aveva la possibilità? Certo. Poteva mettere, a condizione ineludibile dell'alleanza atlantica e della Nato, e soprattutto quando con la caduta dell'Urss ne venivano meno le conclamate ragioni, la soluzione del nodo Israele-Palestina, sul quale gli Usa erano determinanti, per adempiere alle disposizioni dell'Onu. Più recentemente, doveva riparare a costo di svenarsi all'assedio di Gaza, dove non ignorava che la mancanza di mezzi elementari di sussistenza, cibo, acqua, elettricità, medicinali, faceva altrettanti morti di quanti stanno facendo adesso gli aerei e i blindati di Tsahal. Ma neanche questi hanno fatto muovere altro che il presidente francese, a condizione che le sue vacanze fossero finite. Siamo un continente che fa vergogna.
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