Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Riflessioni sulla storia di Israele L'analisi di Emanuel Segre Amar
Testata: Informazione Corretta Data: 05 gennaio 2009 Pagina: 1 Autore: Emanuel Segre Amar Titolo: «Riflessioni sulla storia di Israele»
Ci risiamo.
Quando nacque lo Stato di Israele gli ebrei, pochi e male armati, furono chiamati a difendersi da attacchi sferrati su tutti i fronti da eserciti potenti. Solo la volontà di sopravvivere diede all'esercito di Israele la forza di vincere, al prezzo di infinite sofferenze. Anche in quel non lontano 1948 le voci che riconoscevano i buoni diritti degli ebrei a difendersi (perfino l'Unità, in prima pagina, titolava giustamente con gli inviti rivolti dagli ebrei agli arabi a non scappare) vennero, poco per volta, soverchiate da chi credeva di dover prendere le parti degli attaccanti poi sconfitti, meritevoli di aiuto e giustificazioni perché sconfitti, e non di accuse per la guerra voluta e imposta agli ebrei che non volevano finire in mare.
Fu così nel 1967 quando la vita del giovane Stato di Israele stava per essere strangolata dalle forze unite di egiziani, siriani e giordani, validamente sostenute dalla superpotenza URSS e da altri paesi arabi. Anche in quei giorni l'idea che Israele non potesse evitare di reagire per liberarsi dalla morsa assassina venne trasformata in veementi accuse a chi aveva avuto il torto di sconfiggere, e in che modo, la terribile potenza militare che voleva BUTTARE A MARE TUTTI GLI EBREI. Anche allora il mondo venne riempito di manifestazioni piene di odio contro la strapotenza di Israele (non certo contro gli ebrei! Non sarebbe politicamente corretto!). Fu allora che iniziarono ad organizzarsi nel mondo i primi cortei contro Israele che, logicamente, nel 48, non avevano potuto neppure essere pensati. Era ancora troppo presto per uscire allo scoperto.
Non dissimile fu quanto avvenne con la guerra del Kippur, e siamo arrivati al 1973. Israele fu colta impreparata dall'invasione di migliaia di carri armati delle potenze arabe. Anche allora, le prime parole di comprensione per gli israeliani si modificarono, rapidamente, in severe accuse contro gli ebrei che ebbero l'ardire di distruggere quelle armate sparpagliate nei deserti del sud del paese. Anche allora ci furono morti, da una parte e dall'altra, e anche allora Israele venne accusata di ogni malefatta. Si diceva che Israele non poteva fare a meno di umiliare i poveri arabi!
Tutti ricordiamo ancora quanto avvenne nel vicino 2006, allorquando le forze di Hezbollah e di Hamas, armate dall'Iran con migliaia di razzi, attaccarono simultaneamente Israele da nord e da sud. Israele cercò di difendere i propri soldati fatti prigionieri in una fase di "non guerra". I soldati presi da Hezbollah vennero restituiti dopo lungo tempo chiusi dentro delle bare, in cambio della liberazione di tanti "miliziani" e, soprattutto, di tanti lutti da entrambe le parti. Gilad Shalit, invece, fatto prigioniero da Hamas mentre si trovava su suolo israeliano, non in azione di guerra, è ancora chissà dove, e chissà in quali condizioni. Neppure la CRI ha mai potuto vederlo. Vergognoso, va detto, è il parallelismo fatto da Adriano Sofri su Repubblica fra le condizioni di Gilad prigioniero a Gaza e i prigionieri nelle carceri israeliane, loro sottoposti a regolari processi, e visitati dagli organismi internazionali. Ma anche nel 2006 Israele è stato accusato di eccesso di difesa per aver cercato di salvare i propri uomini, cittadini dell'unico stato di diritto del M.O. Nessuno ha mai detto come Israele avrebbe potuto difenderli in altro modo! Certo ora, a distanza di quasi tre anni, si concede la cittadinanza onoraria al povero Gilad, ma nessuno parte dall'Europa per andare a dire in faccia ai suoi carcerieri che questo modo di fare è inaccettabile in un paese civile. E' più politicamente corretto continuare a finanziarli, quei carcerieri assassini di ebrei e di palestinesi non allineati alle loro posizioni, in una spirale che porta solo a nuovi lutti. Il che è esattamente quel che quei criminali carcerieri desiderano.
E così è, di nuovo, oggi, in questa ennesima guerra preparata e voluta da capi terroristi (volutamente non uso la parola uomini, che non si addice certo a chi è pronto, ad esempio, a sacrificare perfino la vita di un proprio figlio per odio verso il nemico da annientare con un OLOCAUSTO, come dice la loro televisione). Certo, in un primo momento anche chi è tradizionalmente, visceralmente nemico di Israele, sempre pronto a difendere le buone ragioni dei signori musulmani (siano gli ayatollah iraniani o le loro pedine palestinesi), ha, per lo meno, taciuto, non potendo andare contro l'evidenza dei fatti. Ma tale silenzio era solo una questione tattica. Bastavano i primi morti civili per riorganizzare la eterna accusa agli ebrei colpevoli di tutti gli eccessi. Neppure li sfiora il sospetto che inaccettabile sia il comportamento di chi continua, da sempre, una campagna di odio contro coloro che si salvarono da Hitler, già loro alleato e da sempre loro guida spirituale, campagna portata avanti con le stesse parole e le stesse finalità dei nazisti. No, anche questi moderni nazisti sono da difendere in tutte le piazze perché sono sconfitti da quei soldati ebrei che, oggi come nelle guerre precedenti, sanno di non poter perdere neppure una guerra perché questa sarebbe, per loro, l'ultima prima dell'annientamento.
Si mediti, però, noi tutti insieme: se mai l'esercito di Israele dovesse perdere una guerra, la sua ultima guerra, poi la battaglia continuerebbe in Europa, e anche a Roma, meta della prossima promessa conquista islamica. Lo dicono e lo ripetono continuamente questi sanguinari, "POVERI CAPi MILIZIANI". E questo dovrebbe far riflettere chi continua, da 60 anni, a difendere la parte sbagliata, e ad accusare chi è anche il nostro baluardo.