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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Panorama Rassegna Stampa
23.12.2008 Cristiani sotto tiro a Betlemme, a Gaza e in Medio Oriente
la denuncia di Fiamma Nirenstein

Testata:Il Giornale - Panorama
Autore: Fiamma Nirenstein - la redazione
Titolo: «I cristiani cacciati da Betlemme - Una Comunità in estinzione - Natale triste a Betlemme»
Da Il GIORNALE del 23 dicembre 2008, in prima pagina e a pagina 13,riportiamo l'articolo di Fiamma Nirenstein "I cristiani cacciati da Betlemme"

«L’Europa deve capire due cose, e decidersi a reagire: il mondo palestinese rischia di restare vuoto di cristiani, la forza di Hamas ci mette in pericolo ancora più di prima (e non eravamo certo in una situazione invidiabile); e in secondo luogo, però, la gente di buona volontà sappia che qui non troverà la solita paura: il nuovo patriarca ci dà una forza nuova». Tuttavia, sono occorsi diversi giorni per trovare alcuni cristiani che ci raccontassero l’angoscia dei cristiani palestinesi e specialmente di quelli di Betlemme.
Alla vigilia della festa per eccellenza, quella della nascita di Gesù, sulla soglia della Chiesa della Natività dove con emozione i pellegrini scendono nella grotta, c’è la consapevolezza che il futuro potrebbe essere ancora più buio: sulla piazza l’albero di Natale, si prepara la solita Messa solenne, ma nella città di Cristo, i cristiani oggi sono appena il 20 per cento; nel 1990 rappresentavano il 90 per cento degli abitanti. Ramallah ed El Bireh, sempre nel West Bank hanno subìto un attacco. E Gaza è addirittura sotto la minaccia continua e presente di assassinii ed esplosioni da parte delle organizzazioni estremiste islamiche che la dominano: Hamas e al suo fianco la Jihad Islamica e i gruppi salafiti Jaish al Islam e Jaish al Umma.
I cristiani nella Striscia sono circa 3mila e una campagna di violenza senza precedenti li perseguita. Dopo svariate esplosioni della Libreria della Palestinian Bible Society, il suo proprietario, Rami Khader Ayyaad fu rapito e poi ucciso l’ottobre dell’anno scorso. Adesso le scuole delle suore sono esplose un paio di volte, e mentre parliamo con un amico di Betlemme, gli arriva una telefonata da alcune «sister» della Scuola del Rosario di Gaza: il loro cancello è saltato per aria circa due settimane fa. In pratica, quasi tutte le scuole e le biblioteche cristiane di Gaza sono saltate per aria. «Vede - mi dice l’amico - il governo di Hamas anche se formalmente si dichiara contrario, è fanaticamente islamista: ciò significa che segue la norma teocratica o della conversione forzata o della riduzione a dhimmi, a cittadini di serie B, dei cristiani». Parlo con una donna: «Se il 9 di gennaio, quando scadrà il mandato di Abu Mazen, nel West Bank Hamas riuscisse a sovrastare Fatah, là peggiorerebbe molto la condizione di vita per noi già molto difficile ad esempio per gli abiti occidentali, per lavoro in ambiente misto, per il semplice fatto di essere cristiana: ci sarebbero leggi islamiche sull’abbigliamento «pudico» (cosa che preoccupa anche le mie amiche musulmane), sulla vita separata fra sessi dalla più tenera infanzia, sull’onore. Si immagini che fine farebbe il turismo delle donne cristiane. Provi a pensare cosa sarebbe per i pellegrini a Betlemme viaggiare dove le regole alimentari sono tassative, dove l’alcol è punito. Hamas è forte anche nel West Bank; se il suo potere si stabilizzerà anche da noi, prevedo una forte emigrazione».
La nostra amica non ha dimenticato quando due ragazze sui 20 anni furono uccise nel quartiere cristiano di Beith Jalla per «motivi di onore». Ricorda che l’autopsia, per unire la beffa all’orrore, le trovò vergini. Un giovane commerciante sottolinea che un fenomeno abbietto è stato il sequestro delle terre dei cristiani travestito da acquisto o da cessione, e sancito spesso dalle autorità con falsi documenti. «Se la versione ufficiale parla sempre di armonia e di solidarietà - dice - anche se il sindaco di Betlemme è cristiano, la verità è che ci hanno rapinato delle nostre proprietà. E noi abbiamo taciuto per paura. A un mio amico che rivendicava il suo terreno, i nuovi proprietari, tra cui un papavero dell’Autorità, dissero mostrando la pistola: “Questo è il nostro contratto”».
Adesso, però, c’è una qualche nuova speranza. Abu Mazen ha promulgato una precisa conta e delimitazione delle proprietà e ne ha spostato l’urgenza da Ramallah a Betlemme. «Io credo - racconta un cristiano che parla con la finestra chiusa - che stia facendo effetto l’atteggiamento del nuovo Patriarca, ovvero Fuad Twal, un prete ecumenico e un diplomatico cresciuto in Vaticano». Tre settimane fa è apparso a una tv privata e ha detto: «Noi cristiani non siamo deboli come immaginate, le aggressioni devono finire, tutto il mondo ci guarda perché questa è la Terra Santa. «Questo sacerdote - continua - ha la prudenza del diplomatico, ma anche l’orientamento apostolico: è patriota perché gli israeliani ci creano problemi con il muro di sicurezza, i check point, i permessi, ma l’islamismo ci vessa per motivi religiosi. Twal non vuole vedere il suo gregge disperso e umiliato, svanire. Siamo qui da sette secoli prima di loro, e non dobbiamo soffrire di un complesso di inferiorità».
«Siamo schiacciati socialmente e fino a ora abbiamo taciuto. Ora basta, dobbiamo farci rispettare. Aiutateci. O volete una Betlemme senza un cristiano?».

Sempre da pagina 13 de Il GIORNALE "Una Comunità in estinzione",  che fornisce i dati del declino demografico dei cristiani mediorentali: 

I cristiani di Terra santa sono oggi la più piccola fra tutte le minoranze cristiane del Medio Oriente. Stando alle più recenti cifre (2007) fornite da monsignor Robert Stern, presidente della Missione pontificia per la Palestina e segretario generale della Catholic Near East Welfare Association (Cnewa), in Israele, i cristiani rappresentano il 2% della popolazione: circa 147mila su 7.337.000 abitanti, in gran parte arabi. Nei Territori palestinesi sono circa l'1% della popolazione, alcune decine di migliaia su circa 3.800.000 palestinesi. A Betlemme la loro presenza dal 1990 è passata dal 90% al 20%. In Giordania sono il 4%. In Libano, un tempo a maggioranza cattolica, sono scesi al 30%. Secondo le ultime proiezioni del Cnewa, i cristiani potrebbero ridursi a 6 milioni in tutta la regione nei prossimi 15-20 anni. Arrivare cioè quasi alla completa estinzione.

Da PANORAMA del 19 dicembre "Natale triste a Betlemme", di Fiamma  Nirenstein, che estende la denuncia della persecuzione anticristiana nei territori palestinesi alla Striscia di Gaza sotto il completo controllo di Hamas:

È un Natale triste per i cristiani di Betlemme e dintorni, nella Cisgiordania e ancor più per quelli di Gaza che vivono sotto Hamas. Nella città natale di Gesù la componente cristiana contava nel 1990 una maggioranza del 90 per cento ed è oggi un mero 20 per cento, sempre più in fuga verso paesi lontani, come per esempio il Cile.

Un recente articolo del giornale palestinese Al-Ayyam, riportato dall’israeliano Jerusalem Post, fa notare come papaveri delle forze di sicurezza o dei clan più potenti mettano le mani sulle terre dei cristiani, obbligandoli a venderle, ingannandoli con false registrazioni di documenti e minacciandoli sia a Betlemme sia a Ramallah e ad Al-Bireh.

Sono vita quotidiana l’intimidazione e la violenza, morali e fisiche, alle persone, agli edifici, ai costumi della comunità e in particolare alle donne cristiane, minacciate e abusate, a volte costrette a convertirsi con matrimoni non desiderati. La versione ufficiale, tuttavia, racconta sempre di armonia e di solidarietà nazionale.

Ma l’articolo di Abd al-Nasser al- Najar su Al-Ayyam, come del resto è stato testimoniato molte volte, lamenta che l’Autorità «non ha mai intrapreso alcuna azione costruttiva» e che le miriadi di ong (quelle che in genere parlano dell’occupazione, ndr) di stanza nella Cisgiordania non si sono mai fatte sentire.

Ma il silenzio più grave è quello sulla sistematica campagna di persecuzione a Gaza. I militanti islamici che hanno preso il potere nel luglio 2007 hanno intrapreso una campagna di violenza che prende di mira i 2-3 mila cristiani della piccola comunità della Striscia. L’anno scorso fu attaccata con la dinamite la Libreria dell’insegnante, appartenente alla Palestinian bible society, associazione biblica palestinese. Il negozio esplose nell’aprile 2007, il suo proprietario, il giovane Rami Khader Ayyaad, fu rapito in pieno giorno e poi ritrovato morto il 7 ottobre 2007. Io ho incontrato la moglie fuggita a Betlemme con un neonato in braccio.

Nel 2008 una serie di attacchi ha preso di mira soprattutto le istituzioni educative: la scuola delle suore Rahabat al-Cardia nel quartiere Tel al-Hawa di Gaza City, la American international school di Beit Lahiya sono tutte e due esplose varie volte, fino al maggio 2008.

E poi la Zahwa Rosary sisters school e la scuola di Al-Manara, ambedue a Gaza City; così pure la Biblioteca dell’Ymca e un cimitero cristiano. L’idea dei gruppi salafisti, come Jaish al-Islam o Jaish al-Uma, è di sradicare i cristiani dalla «ummah islamica», come dice il Comitato popolare di resistenza, perché sottoporrebbero la gente di Gaza a un’influenza «pro occidentale e antislamica».

Il governo di Hamas, anche se formalmente si dichiara contrario, di fatto ha finto di arrestare qualche colpevole per poi rilasciarlo immediatamente senza accuse formali. Così accadde per i due sospettati dell’attentato all’Ymca appartenenti a Jaish al-Islam. Non c’è punizione per chi attacca i cristiani. Le persecuzioni nascono da un processo di islamizzazione nella società. Il Comitato popolare di resistenza fu fondato da ufficiali di Al-Fatah.

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