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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
22.12.2008 Bloccato il vino prodotto dai salesiani a Betlemme
per motivi di sicurezza, dice Israele

Testata: Corriere della Sera
Data: 22 dicembre 2008
Pagina: 15
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Betlemme, il vin santo bloccato ai check-point»

Dal CORRIERE della SERA del 22 dicembre 2008, riportiamo l'articolo di Francesco Battistini "Betlemme, il vin santo bloccato ai check-point ".
Il blocco del vino prodotto dai salesiani, è stato deciso per dalle autorità israeliane per "motivi di sicurezza" che gli interlocutori palestinesi di Battistini giudicano infondati.
Sarebbe stato interessante leggere nell'articolo anche la replica israeliana a questo rilievi.

Sulla barriera di separazione che passa a Beit Jalla, denunciata dai salesiani come un soppruso, occorre ricordare che proprio da Beit Jalla i cecchini palestinesi sparavano contro il quartiere di Gerusalemme Ghilò.

Ecco il testo:


BETLEMME (Cisgiordania) — «Dove stanno i cartoni per l'Arcivescovo?». Sempre là. Dietro il cortile, nel magazzino. Ah, eccoli: nemmeno i padri si ricordano più dove li hanno messi. L'indirizzo è pronto da più d'un mese: «H.E. Card. Cormac Murphy-O'Connor. Vaughan House. 46, Francis Street. London».
la riserva speciale Cana e il morbido Spirit, più qualcosa per il dessert. A Westminster sono abituati ai ritardi, ai check-point, alle dogane, ma hanno aspettato il carico con fede e fino all'ultimo. Erano sicuri d'averlo, perché ci tengono: che Natale è, senza il vino di Betlemme? Affranti, i padri salesiani si sono scusati via mail: «Quest' anno niente vino. Non riusciamo a mandarlo né a Westminster, né agli altri. Questo è l'elenco degli ordini: Germania, Romania, Irlanda, parrocchie italiane. È rimasto qui anche quello per Nazareth e Gerusalemme. Celebrare la messa col nostro Cremisan,
era una tradizione. Niente da fare. Tutto bloccato ».
Prendete e bevetene tutti. O quasi. L'ultimo muro della Terra Santa è una pila di cartoni bianchi e grigi, al Monastero di Cremisan, colline di Beit Jala. È il vino che i salesiani imbottigliano dal 1885, da quando venne in Palestina un confratello di San Giovanni Bosco e a servire quest'assolata vigna del Signore portò molti musulmani, qualche cristiano, gente di buona lena e di buona volontà. Il vino non è roba da Vissani, ma è il vissuto che conta: comprare il Cremisan
di Betlemme, opera pia ad alto tasso di gradazione.
Duecentomila litri l'anno, invecchiamento nel legno di quercia, acquisti online, s'accettano carte di credito. Cinque settimane fa, quando i camion erano carichi per le spedizioni, destinazione Gerusalemme e porto di Haifa, dalla polizia di frontiera israeliana è arrivato lo stop: il vin santo non poteva attraversare i check-point. "Motivi di sicurezza". Proteste sommesse dei padri: inutili. Proteste vibranti del sindaco di Betlemme: ancora più inutili. «Non c'è nessuna ragione di sicurezza — dice Majde Siriani, dell'Autorità palestinese —. Che pericolo rappresenta, il vino dei preti italiani? Dopo la raccolta delle olive, è l'ultimo esempio delle pressioni israeliane per soffocare la nostra economia. Dà fastidio che il Cremisan finisca sugli altari delle chiese, nei ristoranti, ai consolati».
Il fastidio è anche altro. E' dalle due intifade, quando i palestinesi passavano spesso per le proprietà salesiane, che Israele ha aumentato controlli e pressioni. Le polemiche degli anni caldi non sono dimenticate. L'anno scorso, la nuova frattura: il Muro, costruito proprio a ridosso della Casa Don Bosco; una lettera di fermo disappunto, "ci avete chiusi senza neanche consultarci". Non è facile la vita dei cristiani, a Betlemme: 32mila abitanti, quasi uno su due è cristiano, ma prima erano di più e il 90 per cento se n'è andato via. Per la crisi che ha svuotato i negozi di souvenir. Per l'impossibilità d'una vita normale. Il boom dei pellegrini per Natale non cambia gli umori: gli hotel sono senza un posto libero da mesi, secondo tradizione evangelica, e ci sono 12mila posti di lavoro in più. Ma per chi crede e ci vive, Betlemme non è un presepe. Gl'insediamenti attanagliano la città, i coloni sono decuplicati. Un intero quartiere di cristiano- ortodossi, 120 famiglie, ha ricevuto un ordine di demolizione dalle autorità israeliane, "motivi di sicurezza" anche qui, perché la barriera gli è stata costruita proprio davanti. Il Muro ha mandato a picco molte vite cristiane, entrate nella memoria popolare: il benzinaio sulla via per Hebron che ha perso il 95 per cento dei clienti; i fratelli Halil che si sono trovati il ristorante sbarrato per tre lati, e uno ha ceduto la sua quota ed è partito per l'Honduras; la fabbrica della famiglia Bandak, che s'è trovata spezzata in due, gli uffici nei Territori e i depositi in Israele, e alla fine è fallita...
L'esasperazione porta a paradossi: alle ultime elezioni, il 10 per cento dei cristiani ha votato per i duri islamici di Hamas. «E la notte di Natale — dice Musallah, uno dei due fratelli del ristorante —, se Abu Mazen verrà alla messa, qualcuno proverà a dirglielo: fate qualcosa, perché qui il sangue ribolle». Come il vino.

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