Su L'UNITA' di oggi, 21/12/2008, a pag. 26, Umberto De Giovannangeli pubblica una lunga intervista con Mairead Corrigan Maguire, premio Nobel per la pace 1977, che ha fatto parte di recente di quel gruppo di attivisti in crociera verso Gaza. Non la riprendiamo interamente, ma solo quei punti che interessano la nostra ragione sociale. Questa intervista dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, come Udg disinformi quando pone alcune domande eludendone altre. Certo, se alla signora Maguire le si suona il piffero, è difficile che da sola affronti qualche disorso che non sia pura propaganda contro Israele. Se Udg, ideologia non voglia, le avesse chiesto perchè Hamas invece di preoccuparsi del benessere dei cittadini che governa spende il fiume di denaro che riceve in attacchi contro lo Stato ebraico, forse la signora si sarebbe pure sforzata di cercare una qualche risposta. In quanto al titolo del pezzo " Uccisero i miei nipoti e scoprii il coraggio della non violenza " saremmo stati curiosi di capire a quale non violenza la signora si ispira. Di sicuro non ha mai aperto bocca su quella che viene esercitata contro Israele. Ma, ideologia non voglia, questo è chiedere troppo a Udg. Era un trinariciuto prima e un trinariciuto è rimasto. Quel che è scomparso è il " contrordine compagni". Peccato.
Ecco domande e risposte:
Lei è stata più volte nei Territori. Quale sensazione ha tratto? «Una sensazione terribile, sconvolgente. Non c'è nulla di più immorale e illegale delle punizioni collettive che vengono inflitte ogni giorno e inmaniera indiscriminata alla popolazione palestinese da parte dello Stato d’Israele. Ciò vale soprattutto per la Striscia di Gaza…». Gaza, dove lei è «sbarcata» qualche settimana fa con una nave di pacifisti superando il blocco israeliano. Come descriverebbe Gaza oggi? «Gaza è una prigione. Una prigione dove un milione emezzo di esseri umani, in maggioranza donne e bambini, vivono e muoiono in condizioni umanitarie estreme. Oltre alla miseria, ciò che mi ha maggiormente colpito è l'assenza di speranza dei giovani. Passeggiando per Gaza, ho incontrato tanti ragazzi. Una in particolare mi ha colpito, chiedendomi di portarla via con me. In lacrime mi ha detto che chi nasce aGaza sa già che non avrà un lavoro, non avrà mezzi per sostentarsi, non avrà una vita degna di essere vissuta. Chi nasce qui, nasce già condannato, e a parer mio non esiste e non è mai esistito qualcosa del genere nella storia dell'umanità. La verità è che a Gaza la gente muore nell'indifferenza della comunità internazionale e con la piena responsabilità di Israele. Gaza è la tomba dei diritti umani. So bene che Israele invoca il diritto all'autodifesa. Ma questo diritto non può giustificare in alcunmodo i patimenti, le sofferenze, le umiliazioni inflitte alla gente di Gaza».Come uscire da questa tragedia. Quale può essereunavia d’uscitaperIsraeleeperla Palestina? «Penso che il governo israeliano dovrebbe seriamente impegnarsi a dialogare e parlare con i rappresentanti eletti dei palestinesi, con tutti i suoi rappresentanti e dunque anche con Hamas, che ha ricevuto nelle libere elezioni del gennaio 2006 la maggioranza dei consensi. Bisogna parlare coi propri nemici per risolvere i problemi. Quindi penso che l'unica via d’uscita per Israele e per la Palestina sia quella del dialogo e del negoziato. Abbiamo dovuto farlo in Irlanda del Nord. Ci siamo messi a sedere e abbiamo dialogato per risolvere i nostri problemi. Penso che in questa situazione si tratti di un problema politico: ci deve essere una soluzione politica a questo problema». Quale? «Ci si deve sedere e si deve discutere delle questionicome devono fare tutte le persone civili e per me Israele e Palestina dopo un po' dovranno dialogare, e Israele deve finire l'occupazione. L'occupazione della Palestina è la radice di gran parte della violenza che c'è. Voglio anche dire che la politica di oppressione perseguitadai governanti israeliani contro i palestinesi ,non solo nonriflettemanega decisamente la saggezza profonda dei valori ebraici di giustizia e di pace. I bambini, i loro bisogni, la sicurezza delle persone devono essere al primo posto, e i governi devono occuparsi della violenza e darle una soluzione politica».
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