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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - Il Secolo XIX Rassegna Stampa
18.12.2008 La guerra dimenticata di Hamas contro Israele
diecimila kassam, un milione e novecentomila persone sotto tiro, lo stress post-traumatico dei bambini di Sderot

Testata:Il Foglio - Il Secolo XIX
Autore: la redazione - Giuseppe Giannotti
Titolo: «I diecimila Qassam - Israele Camere blindate contro i razzi di Hamas»

Da pagina 3 de Il FOGLIO del 18 dicembre 2008, riportiamo l'editoriale "I diecimila Qassam":

I palestinesi ieri hanno lanciato undici Qassam contro il territorio israeliano dalla Striscia di Gaza, dopo gli undici sparati martedì. Siamo arrivati alla fatidica cifra di diecimila razzi su Israele in sette anni. Una media di tre razzi al giorno sui confini riconosciuti dello stato ebraico. Il Negev è l’unico pezzo di democrazia occidentale bombardato ogni giorno. Un milione e novecentomila persone sotto tiro. Ieri l’esercito israeliano diceva che “Sderot è come l’Iraq e l’Afghanistan per gli americani”. Il Negev dimostra che il terrorismo salafita palestinese non si fermerà di fronte alla cessione di altre colonie della Cisgiordania. Punta dritto su Haifa, Tel Aviv, Netanya, Sderot. Da quando Israele si è ritirato da Gaza, la zona si è trasformata nella più grande base al mondo per operazioni terroristiche. Una casamatta del jihad finanziato dall’Iran. Secondo uno studio del Natal, il Centro israeliano per le vittime del terrore e della guerra, dal 75 al 94 per cento dei bambini di Sderot manifesta stress post-traumatico. E’ una delle tante dimenticate cifre nella guerra a bassa intensità dell’islamismo palestinese. Oltre ai morti civili, ai 500 feriti, agli ospedali bombardati anche quando le donne palestinesi ci vanno a partorire, alle case e alle scuole dilaniate, ai bunker degli asili nido e al bambino paralitico ucciso su un pulmino fra Sderot e Ashkelon. Nel Negev capita che gli israeliani debbano sposarsi sotto terra. Costretti a nascondersi dentro e sotto le proprie case. E ora che Hamas e il Jihad islamico annunciano di non voler rinnovare la tregua con lo stato ebraico, ora che gli imam arabi chiedono di “uccidere gli ebrei come nel ’29”, vedremo ancora più razzi lanciati su una popolazione inerme che ha soltanto quindici secondi di tempo per mettersi al riparo. E’ come se da San Marino tre volte al giorno, ogni giorno e per dieci anni, partissero razzi da cui gli abitanti di Rimini e Riccione si debbano riparare. Eppure gli israeliani hanno risposto. Non lasciando le case. Anzi, piantando altri semi nel deserto del Negev. Il deserto dei sogni di David Ben Gurion.

Da Il SECOLO XIX del 17 dicembre riportiamo l'articolo di Giuseppe Giannotti  "Israele Camere blindate contro i razzi di Hamas":

SDEROT. Torna a salire la tensione tra Hamas e Israele. Il 19 dicembre scade la tregua di sei mesi firmata a giugno con la mediazione egiziana. Una tregua che ha retto nei primi mesi, ma che è stata infranta più volte nelle ultime settimane con il lancio di oltre 200 razzi da Gaza verso Israele e con la risposta dell’esercito israeliano che ha cercato di intercettare le cellule terroristiche, attuando poi un blocco totale delle merci dirette alla Striscia.

L’altro giorno Israele, come gesto distensivo nei confronti dell’Anp, ha liberato 227 detenuti palestinesi, per lo più militanti di al-Fatah. Da Gaza, Hamas si è felicitato per la loro liberazione, ma ha diffidato Abu Mazen dal dare ad Israele alcuna contropartita.

E da Damasco, dove è in esilio ormai da anni, invece, il capo spirituale di Hamas, Khaled Meshaal, ha già chiuso la porta a futuri accordi, facendo sapere che la tregua con Israele non sarà rinnovata a causa del blocco che Israele sta attuando a Gaza, mentre altri esponenti hanno lanciato messaggi contraddittori. E non si è fatta attendere la risposta israeliana, affidata al ministro degli esteri, Tzipi Livni, che pur essendo favorevole a un rinnovo dell’accordo, ritiene priva di senso una tregua segnata dal quotidiano stillicidio di razzi sparati da Gaza verso Israele. «Fino a quando Hamas continua a operare con il terrorismo da Gaza, Israele risponderà con i suoi mezzi. E al terrorismo si risponde con strumenti militari». «Non possiamo consentire - ha concluso - che Gaza rimanga sotto il controllo di Hamas».

Molti segnali indicano che la la situazione stia precipitando. L’altro giorno ha destato rabbia e una grande indignazione in Israele la rappresentazione teatrale della detenzione del soldato Ghilad Shalit, da oltre due anni tenuto ostaggio a Gaza. In un palco eretto in una piazza di Gaza, un attore con la divisa israeliana ha interpretato Shalit che implorava l’aiuto dei genitori e del primo ministro Ehud Olmert, suscitando risa e applausi del folto pubblico.

Da Gaza, negli ultimi giorni si invoca una nuova Intifada. E fonti dell’intelligence israeliana ritengono che Hamas in questi mesi si sia armata notevolmente, potendo disporre oggi di razzi potenziati in grado di colpire obiettivi in un raggio di 20-30 chilometri, includendo quindi non solo le zone di confine, ma anche città come Bersheeva e Ashqelon e minacciando quindi mezzo milione di civili israeliani».

Vicino al confine, l’attenzione non è mai calata, soprattutto a Sderot, la città ormai da anni più colpita dal lancio dei razzi. Un forte potenziamento dei sistemi di difesa è invece in atto nel kibbutz Erez, situato nel Nord del deserto del Negev, vicino al valico di frontiera. In ogni unità abitativa si sta costruendo una camera blindata. Il progetto è stato realizzato con il contributo della filiale italiana del Keren Hayesod, organizzazione ebraica. Nel kibbutz vivono circa 500 abitanti, ormai abituati allo stillicidio dei razzi. I sistemi di allarme consentono di avere un margine di 15 secondi dal momento in cui è identificato un razzo in arrivo fino al momento dell’esplosione. Finora in questo tempo si cercava di correre nei rifugi. Ora si è pensato di dotare ogni abitazione della camera blindata così da rendere più veloce accedere a un luogo sicuro.

Nel contempo sono stati ristrutturati e potenziati i vecchi rifugi, coperte con tettoie antirazzo le scuole e i ritrovi dei bambini. E sono state persino realizzate pensiline blindate alle fermate degli autobus. Insomma, se la diplomazia non riuscirà a bloccare il lancio dei razzi, si cerca almeno di rendere meno vulnerabili le zone di confine.

 

 

 

 

 

 

 

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