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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità - Il Manifesto Rassegna Stampa
16.12.2008 Shalit come i terroristi, Richard Falk "ingiustamente" accusato di essere poco obiettivo
la disinformazione di Umberto De Giovannangeli e quella di Michele Giorgio

Testata:L'Unità - Il Manifesto
Autore: Umberto De Giovannangeli - Michele Giorgio
Titolo: «L’ira di Israele sul teatro di Hamas:indegna la recita sul prigioniero Shalit -Tel Aviv, porta in faccia al relatore Onu sui diritti umani»

Da L'UNITA' del 16 dicembre 2008 (pagina 26) riportiamo l'articolo di Umberto De Giovannangeli "L’ira di Israele sul teatro di Hamas:indegna la recita sul prigioniero Shalit".
U.d.g. riferisce correttamente dell'indignazione suscitata in Israele dalla crudele messa in scena di Hamas, ma il suo articolo mette sullo stesso piano Shalit, sequestrato in territorio israeliano, e i detenuti palestinesi liberati da Israele, che erano in carcere in quanto terroristi.
Un'equiparazione inaccettabile.

Ecco il testo:

L’indignazione d’Israele. La gioia di Ramallah. Al centro, le storie di prigionieri. Uno, il caporale israeliano, Ghilad Shalit, da due anni e mezzo nelle mani del commando palestinese che lo rapì nel giugno 2006.Gli altri, sono i 227 detenuti palestinesi rimessi in libertà dallo Stato ebraico come segno di «buona volontà» nei confronti del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). Hadestato grande indignazione in Israele l’iniziativa diHamasdi rappresentarecon toni di scherno il rapimento del soldato Ghilad Shalit, che da oltre due anni è tenuto prigioniero aGaza. L’altro ieri, in una manifestazione di massa organizzata in occasione del 21˚ anniversario della fondazione di Hamas, sul palco eretto inunapiazza di Gaza è stato mostrato un giovane vestito con la divisa israeliana che esprimendosi in ebraico invocava l’aiuto dei genitori e del primoministroEhudOlmert. La folla ha reagito con applausi e con scrosci di risa. Le immagini della piece teatrale hanno conquistato le prime pagine dei giornali. «Il teatro dell’orrore », titolano Yediot Ahronot e Israelha-Yom(quotidiano gratuito) il quale aggiunge poi inuncommento: «La crudeltà non ha limiti ». Su alcuni media è stato anche avviato un dibattito se non fosse più giusto ignorare quella che viene descritta come «guerra psicologica» di Hamas verso l’opinione pubblica israeliana. Almeno una stazione televisiva, per questa ragione, si è astenuta dal mostrare l’altro ieri le immagini giunte da Gaza. Molte centinaia di palestinesi hanno dato un festoso benvenuto a Ramallah (Cisgiordania) ai 227 detenuti rilasciati ieri da Israele - per lo piùmilitanti di al-Fatah - in un gesto di buona volontà nei confronti dell’Anp. Scesi da torpedoni nella Muqata, il quartiere generale dell’Anp a Ramallah, gli ex reclusi hannosubito visitato il Mausoleo di YasserArafat e hannodepostouna corona di fiori sulla tomba del presidente scomparso. Quindi sono stati ricevuti dal presidente Abu Mazen che li ha accolti come «eroi». Il rais li ha voluti abbracciare uno per uno e poi ha detto: «La nostra gioia non sarà completa fino a quando vedremo la liberazione in massa di tutti gli 11 mila palestinesi detenuti in Israele». Da Gaza Hamas si è felicitato per l’avvenuta liberazione dei detenuti ma ha anche diffidato Abu Mazen dal dare adIsraele alcuna contropartita. Il rilascio era stato autorizzato in mattinata dalla Corte Suprema israeliana,dopo che il governoha replicato a petizioni contro la scarcerazione presentate da vittime di attacchi terroristi e organizzazioni di coloni. Ma sul percorso del dialogo israelo-palestinese si para l’ostacolo degli insediamenti. Ilnumerocomplessivo dei coloni ebrei è più che raddoppiato in 12 anni, fra il 1995 ed il 2007. A documentarlo è una ricerca demografica curata da un centro studi di Ariel (Cisgiordania). Nel 1995 il numero degli israeliani residenti in Cisgiordania era di 130 mila,mentre nel 2007 ha raggiunto la cifra complessiva di 270 mila. Nello stesso lasso ditempo la popolazione ebraica in Israele è cresciuta solo del 29 per cento. Il particolare incremento demografico dei coloni deriva, secondo la studio, da fattori diversi fra cui una spiccata inclinazione a costituire famiglie numerose (in ossequio alla ortodossia ebraica), nonché l’immigrazione da Paesi come Usa, Francia e Gran Bretagna.

Sul MANIFESTO, a pagina 9, nell'articolo " Tel Aviv, porta in faccia al relatore Onu sui diritti umani ", Michele Giorgio si indigna perché Israele non ha accolto il "relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani", Richard Falk, giudicato non obiettivo. Con ragione ?
Falk, come ricorda lo stesso Giorgio, ha paragonato Israele al nazismo. Si può aggiungere che ha denunciato i "crimini di guerra" israeliani  mentre i palestinesi lanciavano kassam, e lo Stato ebraico inviava a Gaza beni di prima necessità. Che il Consiglio da lui preceduto ha sempre riportato a Israele le richieste dei palestinesi, senza avere mai posto nessuna condizione a questi ultimi, che ha avanzato il sospetto di un coinvolgimento del governo americano  nell'11 settembre. Che non gli è nemmeno passato per la testa, prima di passare da Israele, di far tappa in Egitto o in Siria, per relazionare all'Onu circa il rispetto dei diritti umani iun quei due paesi.
Sembra proprio che "poco obiettivo", per un estremista del genere di Falk, sia un eufemismo.

Ecco il testo:

Bloccato per tutta la notte in aeroporto e rispedito ieri mattina negli Stati Uniti proprio come, al «Ben Gurion» di Tel Aviv, accade a tanti cittadini stranieri diretti nei Territori occupati palestinesi. È questo il trattamento che ha subìto al suo arrivo domenica in Israele Richald Falk, docente statunitense di origini ebraiche e, soprattutto, relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani. Espulso su ordine del ministero degli esteri, perché considerato «non obiettivo» nello svolgimento del suo incarico. È probabile che a pesare siano state le dichiarazioni rilasciate da Falk da almeno un anno a questa parte: ha accusato il governo di Ehud Olmert di crimini contro l'umanità nei confronti dei palestinesi e paragonato alcune politiche di Israele, in particolare quelle che colpiscono i civili di Gaza, a quelle praticate dai nazisti. «Una Corte criminale internazionale avrebbe l'obbligo d'indagare sulla situazione (nei Territori occupati, ndr) e determinare se i leader politici israeliani e i comandanti militari responsabili dell'assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni delle leggi internazionali», ha affermato di recente l'inviato dell'Onu. «Falk non cerca di far avanzare i diritti dell'uomo, ma solo di arrivare a conclusioni preconfezionate. E queste conclusioni sono certamente una critica estrema e metodica di Israele e solamente di Israele», ha spiegato il portavoce del ministero degli esteri Yigal Palmor quando dall'Onu è giunta la conferma dell'espulsione dell'inviato speciale. Spiegazioni che tuttavia non possono giustificare il trattamento subìto da Falk, che in qualità di relatore dell'Onu ha il diritto di svolgere il suo lavoro per l'accertamento della situazione dei diritti umani in territori occupati militarmente. Israele ha a disposizione le normali vie diplomatiche e avrebbe potuto rivolgersi anche al Segretario generale dell'Onu per far sentire la sua protesta, ma ha preferito sbarrare la strada al funzionario dell'Onu. Falk, ex docente della Princeton University, era impegnato in una nuova missione d'indagine dopo che lo scorso 10 dicembre il Consiglio dell'Onu per i diritti umani era intervenuto per chiedere la fine del blocco israeliano della Striscia di Gaza, facendo peraltro arrivare ai rappresentanti israeliani al Palazzo di Vetro un centinaio di raccomandazioni per il rispetto dei diritti umani in Cisgiordania e Gaza. La prima risposta d'Israele ha però visto l'espulsione di Falk al quale, invece, lo scorso giugno era stato consentito l'ingresso per partecipare ad una conferenza organizzata da un'università palestinese. Fino a ieri sera erano state scarse le reazioni internazionali all'accaduto che, al contrario, ha provocato forte sdegno tra i palestinesi. «Abbiamo assistito ad un evidente tentativo di censurare le critiche alle politiche israeliane», ha commentato Mustafa Barghouti, dirigente politico e attivista dei diritti umani.

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