Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Michele Giorgio vorrebbe vedere Tzipi Livni (e Israele) alle strette Flavio Pompetti e Laure Stephan hanno un occhio di riguardo per Iran, Hamas e Hezbollah
Testata:Il Manifesto - Il Messaggero Autore: Michele Giorgio - Flavio Pompetti - Laure Stephan Titolo: ««I palestinesi prigionieri», Tzipi Livni contestata al parlamento europeo - Hillary-Biden, rischi tensioni Obama vuole fare chiarezza - Libano, italiani istruttori di pace»
Michele Giorgio sul MANIFESTO del 3 dicembre 2008 si compiace che Tzipi Livni sia stata "messa nell'angolo dal Parlamento europeo". In realtà la risposta del ministro degli Esteri d'Israele a Daniel Cohn-Bendit ha segnalato i due pesi e le due misure dei critici europei di Israele: "Lei mi parla dei bambini palestinesi che impiegano un’ora e mezza per arrivare a scuola a causa dei posti di blocco," ha replicato Livni a Cohn-Bendit " ma non mi parla dei bambini israeliani di Sderot e di tutta la zona attorno alla striscia di Gaza che a scuola non ci possono nemmeno andare a causa dei continui lanci di Qassam palestinesi" (fonte israele.net). Nel ricordare questa realtà non c'è, come sostiene Giorgio "risentimento" per le critiche, piuttosto l'aspirazione a ristabilire al verità su un conflitto che Israele non vuole, e che le è imposto dall'aggressione di Hamas. Giorgio scrive anche che "il capo della diplomazia israeliana ha ulteriormente acceso gli animi quando ha definito «insignificante» il tentativo dei coloni israeliani a Hebron di espandere i loro insediamenti (lunedì sera i settlers hanno di nuovo attaccato gli abitanti palestinesi)". Omette di riferire, però, che l'attacco dei coloni ha fatto seguito alla notizia dello sgombero, deciso dal governo isrealiano, di una casa abitata dal 2007 da coloni che sostengono di essere inqulini di un ebreo americano che l'avrebbe comprata. (fonte il Riformista). Nessun cenno nemmeno al fatto che negli scontri intorno alla casa un giovane israeliano è rimasto gravemente ferito alla testa da pietre lanciate da manifestanti palestinesi e ha subito un trauma cranico (fonte Il Riformista).
Ecco il testo dell'articolo di Giorgio, da pagina 10 del MANIFESTO , "«I palestinesi prigionieri», Tzipi Livni contestata al parlamento europeo":
Tzipi Livni ieri è stata messa nell'angolo dal Parlamento europeo. Ad incalzare il ministro degli esteri israeliano, durante l'audizione alla Commissione esteri dell'assemblea, è stato in modo particolare il deputato Danny Cohn-Bendit, ex leader del '68 e intellettuale di origini ebraiche. Mentre la Livni elencava i «progressi» nel negoziato con l'Anp, Cohn-Bendit (europarlamentare eletto in Francia) si è alzato e, gridando, ha protestato: «Come può parlare di progressi quando i ragazzi palestinesi vengono arrestati ai posti di blocco e non possono andare a scuola?». Risentita la Livni ha ribattuto che i anche i bambini della cittadina israeliana di Sderot «non possono andare a scuola» a causa dei razzi palestinesi. Il capo della diplomazia israeliana ha ulteriormente acceso gli animi quando ha definito «insignificante» il tentativo dei coloni israeliani a Hebron di espandere i loro insediamenti (lunedì sera i settlers hanno di nuovo attaccato gli abitanti palestinesi). Parole alle quali vari eurodeputati hanno reagito protestando per il blocco totale di Gaza attuato da Israele e per la colonizzazione della Cisgiordania. Il ministro degli esteri israeliano perciò torna da Bruxelles con la borsa mezza piena. Da un lato può vantare la firma dell'accordo che rafforza la cooperazione fra Nato e Israele in materia di «lotta contro il terrorismo», dall'altro ha avuto anche modo di registrare l'insoddisfazione crescente degli europei per la linea durissima adottata dal suo paese nei confronti dei palestinesi. Ma in fermento non sono solo gli europei. Il premier dell'Anp Salam Fayyad, che pure non è noto come un «nemico di Israele», ha fatto la voce grossa di fronte a un possibile rafforzamento dei rapporti tra Unione europea e Israele - che verrà deciso tra la sessione di domani dell'Europarlamento e quella del Consiglio europeo dell'8 dicembre - mentre Gaza affronta un pesante embargo e nessun freno è stato posto alla colonizzazione israeliana. Nel corso di un incontro avuto due giorni fa con una delegazione europea, Fayyad si è detto «inquieto» riguardo un rafforzamento delle relazioni tra Israele e l'Ue, «inopportuno» in mancanza di progressi nel negoziato da attribuire all'intransigenza di Israele su alcuni punti centrali, come Gerusalemme. La situazione nei Territori occupati, ha spiegato Fayyad, non è migliorata dal 16 giugno, data in cui l'Ue aveva lanciato i negoziati con Israele per approfondire le relazioni. Pertanto, ha avvertito il premier dell'Anp, l'eventuale rafforzamento delle relazioni con Israele deve rimanere «legato ai progressi nel processo di pace in Medio Oriente». Una posizione non isolata, visto che il portavoce del ministero degli esteri francese, Eric Michel, ha precisato ieri che Parigi, presidente di turno dell'Ue, pensa che le relazioni tra Israele e Ue debbano svilupparsi parallelamente all'adempimento da parte di Tel Aviv di alcuni impegni, come il blocco della colonizzazione, la liberazione di prigionieri politici e la rimozione dei checkpoint. Nell'audizione di fronte alla Commissione esteri del Parlamento Europeo, la Livni è stata perciò costretta ad alzare le barricate, anche nel tentativo bloccare l'iniziativa europea di cui si parla da qualche giorno e che prevedrebbe pressioni su Israele affinché consenta la riapertura degli uffici politici palestinesi a Gerusalemme est, inclusa la Orient House, la sede «diplomatica» dell'Olp. «L'impazienza della comunità internazionale - ha affermato il ministro degli esteri - può portare a un fallimento...non abbiamo bisogno di alcun intervento della comunità internazionale su proposte di compromesso».
Mentre al Parlamento europeo si inscenavano faziosi processi a Israele, nel mondo arabo e islamico si registravano le prime reazioni alla nomina di Hillary Clinton a Segretario di Stato americano. Ne scrive sul MESSAGGERO del 3 dicembre Flavio Pompetti ("Hillary-Biden, rischi tensioni Obama vuole fare chiarezza", pagina 16), in termini quanto meno ambigui. Hillary Clinton avrebbe "cavalcato un'aggressiva linea di difesa dei diritti di Israele in occasione delle elezioni senatoriali dello Stato di New York nel 2000". Il che spiega perché "la televisione di Teheran ha detto senza mezzi termini che la sua presenza e quella di Gates negano ogni ambizione di cambiamento che l'elezione di Obama poteva avere generato" e perché Hamas si è dimostrata "pregiudizialmente contraria". A noi non è chiaro perché e come la difesa dei diritti, e in particolare del diritto all'esistenza e alla sicurezza, di Israele dovrebbe essere "aggressiva". E' vero l'esatto contrario: Hillary Clinton non va bene a chi vuole aggredire Israele. Un buon segno. Per il quotidiano romano, però, Iran e Hamas non sono aggressori, così come Hezbollah non è un organizzazione terroristica, e i suoi capi non sono capi terroristi, ma "personalità religiose e leader politici". Lo scrive Laure Stephan nell'articolo a pagina 17 "Libano, italiani istruttori di pace". E' dedicato all'Unifil, e il sottotitolo dice tutto: "Non solo aiuti, ma anche pizza, giardinaggio e opere pubbliche". Peccato sia mancato il controllo dei rifornimenti di armi a Hezbollah.
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