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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - La Stampa - L'Opinione Rassegna Stampa
03.12.2008 Dopo l'attentato a Mumbai
il pericolo dell'atomica pachistana, il lutto in Israele, le storie degli eroi indiani della lotta al terrore

Testata:Il Giornale - La Stampa - L'Opinione
Autore: R.A Segre - la redazione - Dimitri Buffa
Titolo: «L’atomica di Islamabad preoccupa più della bomba di Teheran - Lutto in Israele per le vittime di Chabad House - India, gli eroi per caso che lottano contro il terrore»
Da pagina 16 del GIORNALE del 3 dicembre 2008, riportiamo l'analisi di R.A Segre, "L’atomica di Islamabad preoccupa più della bomba di Teheran":

L'attacco terroristico a Mumbai porta alla ribalta internazionale cinque questioni su cui i politici e i militari dovranno riflettere nei prossimi mesi.
1-Il pericolo di una nuova guerra fra India e Pakistan nella quale il possesso dell'arma atomica dalle due parti appare, paradossalmente, come un elemento moderatore nella misura in cui crea un equilibrio di impotenza, mentre il rapporto demografico e di forza militare classica è in favore dell'India.
2-Il simbolismo del conflitto palestinese elevato, grazie ai media, a livello universale, apre uno nuovo tipo di scontro fra islam radicale e democrazia nelle misura in cui l'India - coi suoi cento e più milioni di musulmani in casa e con l'occupazione conflittuale del Kashmir musulmano - si trasforma paradossalmente in un nuovo “Israele“.
3-La possibilità che questo nuovo scontro destabilizzi internamente ancora di più il fragile Pakistan, mosaico di etnie tenute assieme più dal conflitto con l'India che dalle istituzioni governative, e rinvigorisca l'elemento religioso che legittima questo Stato privo di identità nazionale. L'emergere al potere di un fondamentalismo islamico capace di mobilitare le masse alla comune difesa della “patria in pericolo“ significa che la “bomba islamica“ in possesso di Islamabad diventa per Israele più pericolosa di quella ancora inesistente nelle mani del regime radicalizzato dell'Iran. Senza contare che la bomba pachistana è una bomba “sunnita“, dunque meno preoccupante per il mondo arabo (in particolare per l'Arabia Saudita) di una bomba “sciita“ iraniana.
4-Anche se il governo israeliano si è affrettato a congratularsi con quello indiano per la coraggiosa e efficace azione militare contro i terroristi, la reazione dell'opinione pubblica israeliana per il caos, l'incompetenza, le pastoie burocratiche con cui la dirigenza indiana ha reagito all'assalto islamico, hanno profondamente ferito l'orgoglio indiano rivelandone le deficienze militari. Deficienze che cerca di correggere con la discreta collaborazione militare di Israele, divenuto in questo campo uno dei più importanti fornitori di New Dehli.
5-L'assassinio dei nove ebrei israeliani del centro ortodosso Chabad di Mumbai colpisce al cuore le attività educative e sociali di questa organizzazione ebraica di grande influenza nel mondo ebraico, in particolare in quello americano. Trasformatosi grazie alla sua estesa rete internazionale in punto di appoggio religioso, culturale e famigliare anche per ebrei e israeliani non religiosi, questa organizzazione dotatasi di minime strutture di sicurezza, perché totalmente affidata alla protezione divina, solleva per la dirigenza di Gerusalemme il problema della protezione dei 40 mila e più suoi connazionali in Asia. Anche se inclusivi di molte centinaia di hippy, questi israeliani rinforzano la rete di contatti che ha permesso lo straordinario sviluppo delle relazioni commerciali di Israele col continente asiatico.

Da pagina 11 de La STAMPA, la breve "Lutto in Israele per le vittime di Chabad House"

L’India ha chiesto al Pakistan di consegnarle una ventina fondamentalisti islamici sospettati di coinvolgimento negli attentati di Mumbai, sostenendo di avere «prove serie» che i terroristi «provenivano dal Pakistan ed erano stati addestrati da ex ufficiali dell’esercito». L’India ha però escluso un ricorso alla forza contro il suo vicino, che le ha chiesto di provare le sue accuse ma le ha anche proposto la creazione di un «meccanismo di indagine congiunta». Ieri sono emersi nuovi interrogativi sull’incapacità indiana di prevenire gli attentati: secondo Cnn e Abc, sin da ottobre gli Usa avevano avvertito New Delhi della possibilità di un attacco «proveniente dal mare» contro obiettivi a Mumbai. A Gerusalemme intanto migliaia di persone - tra le quali il presidente israeliano Shimon Peres - hanno assistito ai funerali delle sei vittime dell’attacco al centro ebraico Chabad di Mumbai, rimpatriate in aereo lunedì.

Da L'OPINIONE, l'articolo di Dimitri Buffa "India, gli eroi per caso che lottano contro il terrore":

C’è Vishnu Datta Ram Zende che di mestiere fa il capo stazione, ha 37 anni e quel maledetto mercoledì alle 10 di sera si è messo a gridare “si esce da questa parte”, quasi cantilenando l’annuncio, al microfono della Victoria’s station di Mumbai alla gente : grazie a lui, in centinaia sono riusciti a defluire e andarsene senza creare ulteriori vittime per la ressa e il panico. C’è Nirin Minocha, cuoco dell’hotel-ristorante The Chambers, a poche decine di metri dal Taj Mahal, che quando ha sentito le prime esplosioni è riuscito a raggruppare oltre 200 clienti del suo ristorante e a farli entrare nel club interno del locale, dove potevano stare più al sicuro, passando la serata a rifornirli gratis di viveri e di informazioni. Prendendosi anche due proiettili in una gamba. C’è Hemant Oberoi che ha spronato il suo team alberghiero a mettersi a disposizione dei clienti in preda al panico. E ci sono decine di altri eroi più o meno misconosciuti che sono per Mumbai e alla sua tragedia provocata dal terrorismo islamico esattamente quello che gli eroici pompieri di New York erano per le Torri Gemelle. L’unico lato positivo, quando accadono queste tragedie, è che il mondo si accorge di esser pieno di piccoli eroi quotidiani.

Sono loro i primi resistenti di Mumabai, venuti alla luce solo a una settimana dagli attentati quando i giornalisti locali e gli inviati internazionali hanno cominciato ad andare a caccia di storie edificanti. E ne hanno trovate tante. La gente a Mumbai purtroppo si aspettava qualcosa del genere, troppe le frizioni nei mesi passati con un Pakistan ambiguo, dominato dall’antisemitismo e dal terrorismo islamico anche nei gangli delle più alte istituzioni, e c’era nell’aria che qualcosa di terribile stava per accadere. Tutti si sono fatti trovare umanamente pronti, all’altezza.. E’ la guerra asimmetrica tra India e Pakistan, quella che si è scatenata già prima dell’11 settembre 2001 tra i servizi deviati e quelli lealisti con l’Occidente, e sembra non dovere finire mai. Prima gli alleati di Bin Laden hanno destabilizzato l’Afghanistan adesso tentano il colpo grosso con l’India, approfittando dei tanti musulmani che vi risedono e sapendo che una percentuale non piccola di essi è facile da tentare con le sirene del fanatismo. A questo disegno da ieri l’India non ha da opporre solo il proprio ruolo di potenza mondiale e le relazioni con America e Israele. Adesso sa di poter contare anche su qualcosa di più: i piccoli eroi che mercoledì scorso hanno rischiato la propria vita per salvare quella degli altri.

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