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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Rassegna Stampa
02.12.2008 Signor Rashid, per favore, dica che Bush ha sbagliato tutto
l'intervista tendenziosa di Gabriel Bertinetto

Testata:
Autore: Gabriel Bertinetto
Titolo: «Buono il piano di Obamasull’Afghanistan, ma l’Europa non deve stare a guardare»

Leggendo l'intervista al giornalista pachistano Ahmed Rashid, di Gabriel Bertinetto, pubblicata da L'UNITA' del 2 dicembre 2008, si può avere la chiara percezione di cosa sia un'intervista "pilotata".
Quasi ogni domanda servirebbe ad "estorcere" a Rashid un pronunciamento contro la politica americana in Afghanistan, per il diaologo con i talebani e il ritiro occidentale.
Rashid, le cui opinioni sono talora poco condivisibili (per esempio quando si esprime sull'"idea nuova" del "dialogo" con l'Iran) mantiene comunque maggiore equlibrio di quanto Bertinetto non  avrebbe desiderato.

Ecco il testo:

Incontriamo a Roma, dove ha presentato il suo ultimo libro «Caos Asia», edito da Feltrinelli, AhmedRashid,pachistano, grande conoscitore del fenomeno talebano e diAlQaeda.
Signor Rashid, è opinione diffusa che la politica di Bush abbia aggravato la situazione già complicata dell’Asia centrale, e dell’Afghanistan in particolare. Quali correzioni si attende dal successore Obama?
«Obama intende concentrare gli sforzi diplomatici e militari americani via dall’Iraq verso l’area afghano-pachistana. Appoggia l’idea di una soluzione regionale alla crisi, che coinvolga i Paesi vicini.Vede il nesso fra la questione del Kashmir (la regione contesa fra Pakistan e India) ed il problema afghano. Ritiene necessario cercare il dialogo con l’Iran. Nell’insieme sono idee nuove, fresche, positive. Allo stesso tempo Obama vuole inviare più truppe e si attende che l’Europa a sua volta nemandi altre e sia più coinvolta nella soluzione della crisi».
Quando Bush sostituì Rumsfeld con Gates al Pentagono, in qualche modo ammise di avere commessoerrori e di dover correre ai ripari. Gates ad esempio ha avallato il tentativo del presidente afghano Karzai di negoziare coni leadertalebani.Mac’èancoratempoper cambiare strada o è ormai tardi?
«La situazione sul terreno è peggiorata moltissimo nell’arco degli ultimi due anni. I talebani sono già dentro Kabul. Tengono sotto la propriaminaccia lo stesso Pakistan.El’Europa oggi è molto più in pericolo rispetto a prima, molto più vulnerabile ad attacchi terroristici che non gli stessi Usa. Le stragi di Mumbai hanno dimostrato quanto Al Qaeda sia attiva e capace di condurre azioni coordinate e ben pianificate. Vedo nella situazione attuale rischi maggiori ma anche più grandi opportunità. Confido tuttora che il popolo afghano, per quanto deluso dall’impegno occidentale nella ricostruzione del Paese, non voglia il ritorno dei talebani. Se l’Occidente persegue unapolitica adatta, otterrà risposte positive sia dal popolo afghano che dallo stesso Pakistan».
Lei dunque non è d’accordo con quegli analisti secondo cuièaumentatoil livello diconsenso, o per lo meno di accettazione, in Afghanistan verso i cosiddetti “studenti del Corano”?
«Nel sud e nell’est del Paese, dove già erano forti, hanno guadagnato un certo sostegno. Masolo in parte è una scelta volontaria. Perlopiù è il frutto di una campagna di terrore, attuata costringendo le famiglie ad arruolare almenoun componente nelle milizie integraliste, convincendo i ragazzi a diventare attentatori suicidi, sgozzando gli avversari, deturpando con l’acido le donne che non si rassegnano alla schiavitù. Non credo che agli afghani piaccia essere governati da gente simile. Teniamo presente poi che una grossa fetta di persone se ne sta seduta sul ciglio della via a guardare. Non vogliono il ritornodei talebani,mahanno perso fiducia nel governo di Kabul e negli Usa, e aspettano di vedere quali atti concreti arriveranno dagli uni o dagli altri. Noidobbiamo sforzarci di dare risposte positive, per il bene del popolo afghano e per arrestare una minaccia che incombe sul mondo».
Cosa concretamente dovrebbe fare la comunità internazionale, e gli Usa in particolare?
«Obama ha parlato di un aumentodella presenza militare, ma anche di una crescita in altri campi. Più aiuti allo sviluppo, maggiore impegno nella ricostruzione civile,più rapida formazione di un esercito nazionale, e così via. Diversamente da Bush non vuole limitarsi ad un approccio di tipo bellico. Ma per uno sforzo onnicomprensivo di questo tipo, necessita il supporto della Nato e dell’Europa. Gli Stati Uniti non possono farcela da soli. Sono già sovraimpegnati sia in termini di truppe che di risorse economiche dispiegate, e per di più sono loro cometutti nel pieno di una crisi finanziaria globale. Tocca all’Europa avere un ruolo più attivo, perché la minaccia terroristica riguarda anche lei».
Karzai si dice pronto ad un’intesa con i capi Talebani, mullah Omarincluso. È l’iniziativa di un leader saggio o disperato?
«Molte iniziative politiche di Karzai hanno a che fare con la volontà di ricandidarsi alla presidenza nelle elezioni del prossimo ottobre. Tante sue recenti dichiarazioni si spiegano in quella luce. Vuole accreditarsicome l’artefice della riconciliazione. Conoscendo i diffusi atteggiamenti anti-occidentali, fa anche appello al sentimento nazionale afghano. Karzai sa però perfettamente che se le forze straniere partissero ora, lui crollerebbe. Bisogna quindi interpretare con un po’ di acume le sue uscite pubbliche. Parte sono rivolte all’audience interna, parte alla platea internazionale».
Mettendo tra parentesi le motivazioni strumentali di tipo elettorale, un accordo fra Kabul e gli integralisti è un’ipotesi ragionevole?
«Noncredo che i leader talebani siano disposti a compromessi con Karzai o gli Usa. Sono gli stessi leader che difesero sino all’ultimo Osama Bin Laden nel 2001 quando avrebbero potuto tranquillamente disfarsene. È vero piuttosto che fra i combattenti e i comandanti, molti non sono animati da ragioni ideologiche. Partecipano alla rivolta per vendicare un fratello ucciso o la casa distrutta dalle bombe americane. Sono frustrati dai fallimenti governativi. A loro ci si può rivolgere certo,ma solo semuniti di un piano articolato di proposte, che oggi manca. Ora come ora se uno di loro si arrende, finisce a Guantanamo. Bisogna prospettare loro la certezza di un’amnistia, indennizzi per i danni materiali subiti, rientro alla vita civile nei villaggi di provenienza, e così via».
Maesisteunavera fazionemoderataall’interno del movimento talebano? «Al momento no.
Scavare un solco fra gli irriducibili e gli altri, la maggioranza, che non sono ideologicamente votati alla jihad e ad al Qaeda, è una buona idea. Ma oggi chi si opponesse a Omar ed ai suoi fedelissimisarebbe eliminato.Unascelta utile sarebbe dialogare con i dirigenti talebani che si sono già arresi. Se costituissero un movimentopolitico e si presentassero alle elezioni, molti loro ex-compagni ancora in armi, che oggi hanno paura a mollare, potrebbero seguirli ed aderire».
La stabilitàafghanapassaperil Pakistan.Ildopo- Musharraf offre prospettivemigliori?
«Il presidente Zardari ha un relazione stretta con Karzai, e questo è un grosso mutamento rispetto al rapporto antagonistico che quest’ultimo aveva con Musharraf». Ma le stragi di Mumbai sono opera di terroristi venuti dal Pakistan... «Sì, è gente addestrata da Al Qaeda, con ogni probabilità in Pakistan. L’obiettivo strategico di Al Qaeda è alleviare la pressione sul confine fra Pakistan e Afghanistan dove le sue milizie subiscono l’attacco delle forze americane, afghane e anche pachistane. Vogliono che Islamabad richiami le sue truppe e le sposti alla frontiera con l’India,comegià accadde nel2002dopo l’attentato al Parlamento di New Delhi. Sarebbe errato da parte indiana incolpare lo Stato pachistano, perché questo è esattamente ciò che vuoleAlQaeda: rinfocolare la tensione fra New Delhi e Islamabad e spingere i due governi a convogliare truppe sulle loro frontiere comuni, liberando Al Qaeda dalla morsa in cui si sentono presi nelle zone tribali al confine fra Pakistan ed Afghanistan».
Ma quanto sono affidabili l’esercito e l’intelligence di Islamabad?
«In Pakistan militari e civili hanno storicamente avuto un rapporto conflittuale, i primicercando costantemente di imporsi ai secondi. Per sottrarsi al controllo dei generali, ai civili serve il sostegno internazionale, economicoin particolare. Lentamente,non dall’oggi al domani, la democrazia si rafforzerebbe. Il processo è avviato. Spero vada avanti».

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