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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Repubblica - Il Manifesto - L'Unità Rassegna Stampa
26.11.2008 La visita di Napolitano in Israele
rassegna di cronache corrette e scorrette

Testata:Corriere della Sera - La Repubblica - Il Manifesto - L'Unità
Autore: Marzio Breda - Paolo Passarini - la redazione- Giorgio Battistini -la redazione - Michele Giorgio - Marcella Ciarnelli
Titolo: «Napolitano sostiene Israele «No ai proclami deliranti» - Napolitano difende Israele “Folle chi vuole cancellarlo” - Spy story a Teheran - Napolitano rassicura Israele No al nucleare iraniano»

Frattini alla Livni: invitati anche voi al G8 guidato dal nostro Paese - Giorgio Napolitano a Gerusalemme: fermezza con l'Iran -Napolitano: Non rinviabile legge sul fine vita

I quotidiani del 26 novembre 2008 dedicano ampio spazio alla visita in Israele del Presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano, e alle sue dichiarazioni sulla minaccia iraniana.
Tra le cronache corrette, citiamo quella di Paolo Cacace sul MESSAGGERO ("Napolitano: Israele l'Italia è al tuo fianco", pagina 16), quella di Marco Sassano dal GIORNO ("Napolitano rassicura Peres "Stop al nucleare iraniano", pagina 20) quella di Nicole Neveh da AVVENIRE (Napolitano a Gerusalemme: no ai proclami contro Israele, pagina 17), quella di Anna Momigliano dal RIFORMISTA ( "Napolitano dall'amico Shimon Peres Insieme contro minaccia iraniana", pagina 14).

Da pagina 16 del CORRIERE della SERA,riportiamo la cronaca di Marzio Breda "Napolitano sostiene Israele «No ai proclami deliranti» ":


GERUSALEMME - «Ancora oggi deliranti proclami si levano da parte di chi vorrebbe negare il diritto di Israele a vivere e prosperare come Stato ebraico e torna a evocare scenari di morte e distruzione. Lo Stato italiano non può che reagirvi con indignazione e rafforzare il proprio impegno affinché tali voci siano per sempre bandite e mai più l'umanità torni a rivivere le aberrazioni del passato».
E' netto fino all' asprezza ed esplicito per quanto lo consentono le regole della diplomazia, Giorgio Napolitano, nel discorso che apre la sua visita a Gerusalemme. Infatti, nessuno ignora chi sia l'autore dei «deliranti proclami» che ha appena censurato: il leader iraniano Ahmadinejad. Contro le cui ossessioni politiche garantisce al vecchio amico Shimon Peres «tutta la nostra determinazione e solidarietà». Eppure il suo cenno non sembra sufficiente, ai cronisti israeliani. I quali evidentemente tradiscono quanto siano ancora tenaci certi dubbi che l'opinione pubblica di questo Paese nutre verso l'Italia. Lo dimostrano tre loro domande consecutive, giocate tra le recriminazioni sui rapporti d'affari tra Roma e Teheran e le richieste sul perché il presidente non abbia «nominato l'Iran», se pensi che si faccia «abbastanza per bloccare l'Iran», e se il nostro governo non dovrebbe «fare di più contro l'Iran».
Un test che il presidente della Repubblica affronta con stupita pazienza. Spiega che «l'Italia (oltre ad aver ridotto del 22 per cento in un anno l'interscambio con lo Stato degli ayatollah) condivide totalmente l'impegno della comunità internazionale per impedire lo sviluppo di armi nucleari e dà appoggio al quintetto al lavoro su un'opera di mediazione, attenendosi con convinzione a ogni decisione dell'Onu in materia di sanzioni». E, dopo aver precisato che comunque «non siamo gli unici ad avere sviluppato rapporti commerciali con l'Iran», ribadisce la nostra adesione a «una strategia che ricerchi una soluzione pacifica attraverso un negoziato e che sia al tempo stesso di fermezza». «Che altro dovrei aggiungere?», sbotta, mentre il ministro degli Esteri Frattini mette a verbale un solenne «bisogna fare di più».
Peres lo affianca alternando preoccupazione («credo che l'Iran sia un pericolo per tutto il mondo, non solo per Israele... ne ho parlato con alcuni leader arabi e so che considerano pericolose le ambizioni di Teheran») a una calibrata «fiducia nell'iniziativa saudita per arrivare alla pace in Medio oriente».
Infine, dopo la parentesi po-litica, dominata anche dai possibili esiti delle vicine elezioni, la tappa al Museo della Shoah, compreso lo sconvolgente padiglione dedicato alle vittime più piccole, i bambini. Dice Napolitano al momento di congedarsi: «Se esistesse una graduatoria dell'orrore, nulla fu più brutale e turpe dello sterminio dei bambini, perché con esso si volle annientare il futuro del popolo ebraico... un progetto che fallì, ma questa è la testimonianza del prezzo pagato».

Da pagina 14 de La STAMPA riportiamo l'articolo di Paolo Passarini "Napolitano difende Israele “Folle chi vuole cancellarlo” ".
Vi si sostiene che "una gran parte della classe politica israeliana è giunta alla conclusione che, fissate le opportune garanzie, il settore arabo della città santa è destinato a diventare la capitale del futuro stato palestinese".
Il realtà, il futuro di Gerusalemme è ancora una questione molto discussa in Israele: la conclusione di Passarini, che per altro non cita le sue fonti, è quanto meno affrettata. Inoltre, la cronaca di Passarini parte dall'errato presupposto che tutto ciò che servirebbe per raggiungere  la pace sarebbe un accordo israeliano con Abu Mazen. Una visione che trascura l'esistenza di Hamas, e del suo governo golpista a Gaza. Il gruppo islamista considera Abu Mazen un collaborazionista "succube degli Stati Uniti e di Israele, in nome dei quali ci offre un governo debole e prono ai desideri di Washington", come ha dichiarato Mahamud Al Zahar. Il problema dunque, non è tanto quello della possibilità, da verificare,  di un accordo tra Israele e l'Autorità palestinese, ma piuttosto quello dell'effettivo potere di Abu Mazen, sempre più incerto e indebolito, e delle posizioni oltranziste di Hamas.
Ecco il testo dell'articolo:

Nel corso della parte riservata del colloquio svoltosi ieri tra Giorgio Napolitano e il suo omologo israeliano Shimon Peres, quest’ultimo ha sviluppato un ragionamento molto interessante sulle conseguenze positive che le dichiarazioni aberranti e le minacce nucleari proferite dal presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad contro Israele possono paradossalmente produrre sul processo di pace in Medio Oriente. «L’Iran - ha spiegato Peres - sta spaventando anche tutti i Paesi arabi della regione e rende loro più desiderabile la pace». Ma il fatto è che, a dispetto della lungimiranza del presidente israeliano, l’opinione pubblica del suo Paese, o gran parte di essa, appare estremamente preoccupata per le minacce iraniana.
Così Napolitano, che già era rimasto sfavorevolmente sorpreso dal titolo con cui il quotidiano «Yedioth Ahronoth» aveva pubblicato una sua intervista di presentazione della visita (sul permanere di buoni rapporti economici tra Italia e Iran), è stato molto netto, nella dichiarazione seguita all’incontro con Peres, nel denunciare i «deliranti proclami» di chi, ancora oggi, vorrebbe negare il diritto all’esistenza dello Stato di Israele e «torna a evocare scenari di morte e distruzione». «Lo stato italiano - ha dichiarato - non può che reagire a questi proclami con indignazione e rafforzare il proprio impegno affinché tali voci siano per sempre bandite e mai più l’umanità torni a rivivere le aberrazioni del passato».
Il principale destinatario di questa indignazione era evidentemente Ahmadinejad, ma questo non è bastato, lì per lì, a tranquillizzare la stampa israeliana. Nella breve conferenza-stampa seguita alle dichiarazioni ufficiali, tutte e tre le domande dei giornalisti israeliani hanno in qualche modo insinuato una tendenza all’«appeasement» del governo italiano verso il governo degli ayatollah: «Perché non ha citato per nome L’Iran?»; «Ma l’Italia non dovrebbe fare di più contro l’Iran?».
Napolitano, dopo aver risposto per due volte che «l’Italia condivide l’impegno della comunità internazionale per impedire lo sviluppo delle armi nucleari», che appoggia le sanzioni dell’Onu ed è pronta ad allinearsi a ogni nuova decisione al riguardo, alla terza domanda ha alzato gli occhi al cielo: «Cosa altro dovrei rispondere?». Rendendosi conto dell’imbarazzo del presidente, che, per limiti fissati dalla Costituzione, non ha alcuna titolarità in materie di governo e in particolare sulla politica estera, l’attuale capo della Farnesina, Franco Frattini, anch’egli a Gerusalemme, ha cercato di eliminare ogni possibile equivoco: «L’Italia può fare di più perché siano adottate sanzioni credibili e forti contro la proliferazione nucleare e i programmi iraniani». Una dichiarazione che, se fatta da Napolitano, sarebbe stata interpretata come un attacco al governo e avrebbe scatenato polemiche istituzionali.
La diffidenza dell’opinione pubblica israeliana, prodotto di una paura senz’altro giustificata, appare anche come uno strumento per sollecitare una solidarietà attiva. Ma, nonostante l’approssimarsi di elezioni in Israele rinvii la possibilità di clamorosi passi avanti ufficiali nel processo di pace, la delegazione italiana è stata informata che i colloqui riservati stanno procedendo piuttosto bene. Ormai appare evidente che l’unico vero ostacolo al raggiungimento della pace è lo status di Gerusalemme. E anche una gran parte della classe politica israeliana è giunta alla conclusione che, fissate le opportune garanzie, il settore arabo della città santa è destinato a diventare la capitale del futuro stato palestinese. Ecco perché, Napolitano, pur giungendo in Israele per una visita ufficiale in un momento estremamente delicato, non ha esitato a sostenere che «il momento della pace non può più essere differito».

Da pagina 14 de La STAMPA segnaliamo la breve "Spy story a Teheran":

La procura di Teheran ha chiesto la condanna a morte per tre presunti agenti iraniani accusati di essere legati al Mossad, il servizio segreto israeliano. Il procuratore Saeid Mortazavi accusa i tre di essere stati addestrati a Tel Aviv per condurre azioni terroristiche, collocando bombe in luoghi pubblici, e per utilizzare congegni satellitari e altro materiale supertecnologico, ma sarebbero stati arrestati prima di poter avviare qualsiasi operazione.

Giorgio Battistini su La REPUBBLICA scrive di "ossessione israeliana verso l'Iran e le sue roboanti minacce" diffusa però più "nelle domande dei giornalisti che nelle obiezioni dei dirigenti del governo" che temerebbero maggiormente le armi date ai gruppi terroristici.
Certo, il sostegno a Hezbollah e Hamas è per ora l'aspetto concreto della retorica iraniana, ma le minacce di distruzione pronunciate da Ahmadinejad non possono essere liquidate come "ossessione psicomotoria", come fa Battistini, visto che il regime degli ayatollah si sta costruendo l'atomica.
Di seguito, l'articolo completo, da pagina 18: "Napolitano rassicura Israele "No al nucleare iraniano" ":

GERUSALEMME - Una visita per ricordare i sessant´anni dello Stato di Israele e identica età della Costituzione italiana, un parallelo che diventa buona ragione per festeggiare insieme. Una visita per aggiungere qualcosa, se possibile, ai «già ottimi rapporti" tra i due Stati (dice Simon Peres) e alla «straordinaria ricchezza e intensità tra i nostri popoli» (aggiunge Giorgio Napolitano). Una visita che da parte israeliana tuttavia si preferisce caricare con le angosce del momento, le minacce iraniane, l´esigenza di sentirsi capiti e appoggiati da amici e alleati dell´Occidente.
In questa sua prima giornata della visita in Israele, aperta dall´incontro tra i due presidenti, Giorgio Napolitano (accompagnato dalla signora Clio) s´è sentito ripetere spesso le ragioni profonde dell´ossessione israeliana verso l´Iran e le sue roboanti minacce. Più nelle domande dei giornalisti però che nelle obiezioni dei dirigenti di governo, timorosi semmai che Teheran continui ad armare i gruppi violenti estremisti della regione, visto che l´agitazione psicomotoria iraniana sembra aver reso per contrasto i paesi arabi più disponibili. Sullo sfondo di tanti irriducibili conflitti resta la profezia di Henry Kissinger sul futuro di Gerusalemme, città destinata prima o poi alla divisione: «Sappiamo tutti come finirà. Purtroppo non sappiamo quando».
Concetto ripreso di recente anche da Olmert. Adesso, dice Napolitano «bisogna saper guardare lontano», verso l´ineludibile traguardo della pacifica convivenza di due Stati sovrani». Israele «può contare sulla nostra determinazione e sulla nostra solidarietà».
Napolitano e Peres, i due presidenti, si conoscono da anni. L´israeliano ha sempre considerato l´italiano un socialista e traccia di questa sua opinione è presente già nelle parole di benvenuto, ieri mattina. «Come si può dire solo per pochi politici», dice di lui Peres, «non ha mai fatto compromessi con la propria coscienza, sempre alla base della sua condotta. Tutte le persone che lo conoscono lo ammirano per questo. La sua visita aggiunge qualcosa ai nostri già ottimi rapporti».
Curiosamente è toccato alla stampa israeliana, nel breve fuoco di file di domande seguito all´incontro ufficiale (ormai quasi sempre soppresse le conferenze stampa che chiudono i vertici e talora aprono conflitti politici). Una, due, tre domande da parte israeliana. Gli dicono: «Lei si indigna contro chi nega l´esistenza di Israele, perché allora non contro l´Iran? Si fa abbastanza per bloccare Teheran? L´Italia non dovrebbe fare di più?».
Mentre Peres definisce l´Iran un «pericolo per tutto il mondo, non soltanto per Israele, serve adesso una politica unitaria Europa, Usa, Russia e altri», Napolitano (superando un momento di fastidio per l´eccesso di interesse polemico) replica che «l´Italia condivide l´impegno internazionale per impedire lo sviluppo iraniano di armi nucleari. Aderiamo alla strategia di ricerca d´una soluzione pacifica del negoziato e al tempo stesso di fermezza assoluta. Siamo impegnati a evitare una nuova proliferazione nucleare per bloccare quei programmi che da parte iraniana sconfinano nella produzione di armamenti. Che altro dovrei aggiungere adesso» dice alla fine.
«L´Italia fa la sua parte nella politica delle sanzioni Onu. Non siamo gli unici a mantenere rapporti commerciali con l´Iran. Se fare di più lo deciderà la comunità internazionale». «Sì forse è vero, dobbiamo fare di più, ci vogliono sanzioni più forti», sembra quasi rettificare, pochi metri più in là, il ministro degli Esteri Franco Frattini. Che al museo della Shoah saluta e se ne va. Annunciando di essere in partenza per il Messico. «My God», finge di stupirsi Simon Peres.

Sempre REPUBBLICA a pagina 18 pubblica l'articolo
"Frattini alla Livni: invitati anche voi al G8 guidato dal nostro Paese ":
 

GERUSALEMME - Nel colloquio di lunedì sera a Tel Aviv con il suo omologo Tzipi Livni, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha parlato tra l´altro di G8 e di Iran in relazione alle preoccupazioni per il programma di arricchimento dell´uranio.
«Ho proposto alla Livni - ha annunciato Frattini dopo l´incontro - di partecipare con un suo rappresentante alla prossima riunione preparatoria del G8, di cui l´Italia ha la presidenza, per approfondire la proposta italiana di inserire all´ordine del giorno, tra i temi principali che riguardano il futuro del pianeta, iniziative per la non proliferazione nucleare». Frattini ha sottolineato che l´Italia considera la prospettiva che l´Iran possa dotarsi dell´arma nucleare «una reale minaccia per il mondo intero». Per l´Iran «ci vogliono sanzioni forti» e l´Italia se ne deve fare promotrice. Il titolare della Farnesina ha ricordato che «l´Italia ha già avuto una diminuzione dell´interscambio commerciale ma si deve fare di più perché il ´5+1´ (il gruppo di negoziatori formato dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell´Onu più la Germania, ndr) non sta funzionando».
L´ambasciatore iraniano in Italia Fereidoun Haghbin non ha voluto commentare le parole del presidente Napolitano e del Ministro degli Esteri ma - ospite di un convegno della Confindustria a Udine - ha ricordato come l´Italia si confermi anche nel primo semestre 2008, tra tutti i 27 Paesi della Ue, il primo partner commerciale dell´Iran con un totale di 2.943 milioni di euro, seguita da Germania (2.095 milioni di euro), Francia e Paesi Bassi.

In attesa che Michele Giorgio venga eletto Presidente della Repubblica, quello che a suo parere Napolitano avrebbe dovuto dire agli israeliani si può leggere sul MANIFESTO 
L'obiettività, come sempre, è meglio cercarla altrove. I suggerimenti di Giorgio potrebbero arrivare direttamente dall'ufficio propaganda di Ahmadinejad:

Pagina 10, "Giorgio Napolitano a Gerusalemme: fermezza con l'Iran":

A Gerusalemme riecheggiavano le reazioni in Italia alla sua lettera al Movimento per la vita, in cui ha definito «non più procrastinabile» una legge in materia di fine della vita, ma il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ieri, al termine dell'incontro con il suo omologo Shimon Peres, è stato impegnato a fronteggiare l'offensiva di domande dei giornalisti israeliani che insistevano sui rapporti economici e commerciali tra Italia e Iran. Non soddisfatti dalle sue dichiarazioni sui «deliranti proclami» contro lo Stato ebraico che «si levano da parte di chi vorrebbe negare il diritto di esistere e di vivere in pace per Israele e torna ad evocare scenari di morte e distruzione», evidentemente riferite al presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, i giornalisti israeliani hanno chiesto a Napolitano di chiarire la posizione italiana rispetto alle sanzioni internazionali contro Teheran. Il capo dello stato ha dovuto precisare, e più di una volta, che avere rapporti commerciali con l'Iran «non significa non fare la propria parte nella politica di fermezza decisa dalla Comunità internazionale e nell'applicazione delle sanzioni volute dall'Onu». Napolitano ha ricordato che l'interscambio con l'Iran è diminuito del 22% in un solo anno e affermato che se ci saranno nuove decisioni contro il programma nucleare iraniano - che, secondo Israele e Stati Uniti, avrebbe finalità militari - «l'Italia farà la sua parte per l'attuazione della politica di sanzioni decisa dalla Comunità internazionale». Si è guardato bene invece dal fare riferimento all'arsenale segreto israeliano che, secondo stime internazionali, conterrebbe almeno 200 testate nucleari. E non ha commentato le affermazioni di Peres quando ha detto che l'Iran «colonialista» è un pericolo non solo per Israele ma per tutto il mondo e per «gli stessi arabi». Sarebbe stato utile ricordare che la continua colonizzazione ebraica dei Territori occupati palestinesi è uno dei problemi più difficili per la ricerca di una soluzione politica del conflitto israelo-palestinese. Napolitano ha però concesso che la pace e la sicurezza per Israele è un concetto che deve essere esteso anche agli altri popoli dell'area, riaffermando la formula dei «due popoli, due Stati» che lui stesso aveva ribadito meno di un mese fa al Cairo all'incontro con la Lega araba. Per la pace «servono scelte coraggiose», ha puntualizzato il presidente della repubblica. Si spera che siano chiamati a farle anche gli israeliani e non solo i palestinesi già privi della quasi totalità della loro terra. Napolitano dopo aver visitato il Memoriale dell'Olocausto di Gerusalemme, ha inaugurato nel pomeriggio la conferenza «Letteratura e impegno» che vede riuniti a Gerusalemme decine di scrittori israeliani e italiani, tra i quali A.B. Yehoshua, David Grossman, Ascanio Celestini, Corrado Augias, Susanna Tamaro, Claudio Magris e Lidia Ravera. Nel suo intervento il capo dello stato italiano ha voluto tornare sul caso dell'ultima Fiera del libro di Torino, che ha avuto come ospite d'onore Israele e che per questo era stata al centro di proteste e manifestazioni di organizzazioni in sostegno dei diritti del popolo palestinese. Napolitano ieri ha ribadito di aver voluto «inaugurare personalmente la Fiera del libro di Torino a dispetto di qualche residua contestazione faziosa». Parole che, forse, innescheranno nuove polemiche.

Sull' UNITA'la visita di Napolitanoè brevemente menzionata in un articolo a pagina 13 dedicato fin dalla titolazione a tutt'altro :"Napolitano: "Non rinviabile legge sul fine vita" . Nessun cenno alle dichiarazioni sull'Iran, ma solo al ricordo della Shoah.
L'UNITA' è l'unico giornale che affronta in modo giornalisticamente così insoddisfacente l'argomento.

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