Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Verso Israele, faziosità e ambiguità ma per qualcuno, lo Stato ebraico dovrebbe rinunciare a difendere la propria causa
Testata:Il Messaggero - Il Riformista Autore: Eric Salerno - Paolo Cacace - Grazia Lissi Titolo: «Olmert pressa gli Usa: priorità al processo di pace - E Napolitano ripropone la linea bipartisan - Burg , noi prigionieri del culto della Shoah»
A pagina 19 del MESSAGGERO del 25 novembresegnaliamo due articoli: "Olmert pressa gli Usa: priorità al processo di pace", Eric Salerno, e "E Napolitano ripropone la linea bipartisan", di Paolo Cacace.
Salerno è convinto che il processo di pace sia bloccato da Israele. In particolare: dall'imminenza delle elezioni e dalla possibile vittoria elettorale di Netanyahu. I razzi kassam, le divisioni tra palestinesi, l'influenza iraniana, e ogni altro fattore che non riconduca alla responsabilità dello Stato ebraico è sottaciuto o sminuito.
La denuncia del rafforzamento di Hezbollah da parte del ministro israeliano della Difesa Barak è messa in dubbio da virgolette e condizionali, le tensioni tra Hamas e Fatah sono surclassate, tra le preoccupazioni dei palestinesi, dal fantomatico "assedio" israeliano.
La pace, per Salerno, richiederebbe poi la restituzione da parte di Israele delle "terre rubate" ai palestinesi. Posto che Salerno si riferisca ai territori contesi conquistati da Israele in una guerra difensiva nel 67 ( e non stia negando la legittimità stessa di Israele), questa espressione segnala comunque un approccio del tutto partigiano al conflitto, secondo il quale Israele sarebbe il delinquente che deve restituire il maltolto.
Più equilibrato l'articolo di Cacace, che però mette sullo stesso piano, come pericoli per il processo di pace, l'"irrigidimento negoziale israeliano" che sarebbe portato da un'eventuale vittoria elettorale di Netanyahu, e la prospettiva che i "falchi" di Hamas rialzino la testa a Gaza. I "falchi di Hamas", però, sono terroristi che vogliono distruggere Israele e sostituirlo con uno stato islamico, non sono un partito democratico di destra, equivalente palestinese del Likud.
Cacace sembra prendere anche le distanze dall'equivalenza tra antisionismo e antisemitismo: è soltanto il "pensiero" di Napolitano scrive. Senza spiegare cosa, allora, giustificherebbe la negazione agli ebrei del diritto alla propria patria, riconosciuto a tutti gli altri popoli.
Ambiguità e faziosità, qulle che troviamo sul MESSAGGERO, che potrebbero servire a porre nella giusta luce posizioni come quelle Avraham Burg, che intervistato da Grazia Lissi per Il RIFORMISTA del 25 novembre ("Burg , noi prigionieri del culto della Shoah", pagina 27) ribadisce le sue posizioni: Israele deve avvicinarsi all'Europa, rinunciare alla consapevolezza dell'ostilità che lo circonda, alimentata dalla memoria della Shoah.
L'antisionismo e l'incapacità di denunciarlo, le visioni unilaterali del conflitto arabo-israeliano, la disinformazione, dimostrano che quelle di Burg restano per il momento solo delle (pericolose) utopie.