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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità - Il Manifesto - Liberazione Rassegna Stampa
18.11.2008 Obama e gli israeliani "pazzi": arriva la smentita
ma a qualcuno la frase, vera o falsa che sia, piace troppo per essere dimenticata

Testata:L'Unità - Il Manifesto - Liberazione
Autore: Umberto De Giovannageli - Michele Giorgio - Stefania Podda
Titolo: «Palestina, Obama riparte da Camp David - Ok Usa al piano arabo ?Israele lo affonderà - Il neo presidente sa che pace colonie sono inconciliabili -Medio Oriente, Obama appoggia il piano saudita del 2002 - Blackout a Gaza: il 70 per cento della Striscia sen»

Umberto De Giovannangeli sull' UNITA' del 18 novembre 2008 scrive, sulla scorta delle dichiarazioni diel consigliere Dennis Ross, che il piano di Obama per il Medio Oriente riparte da Camp David ("Palestina, Obama riparte da Camp David", pagina 22)

A pagina 23, l'intervista di u.d.g. al negoziatore palestinese Saeb Erekat, "Il neo presidente sa che pace colonie sono inconciliabili", titolo fedele al contenuto delle parole di Erekat che alla domanda "Quale atto concreto nell'immediato potrebbe dare il senso di una svolta risponde "Il blocco della colonizzazione dei territori. Pace e colonizzazione sono inconciliabili".

Peccato u.d.g. non gli chieda se secondo lui la propaganda che l'Autorità palestinese continua a diffondere sui media e nelle scuole, negando il diritto all'esistenza di Israele e glorificando i "martiri", cioè i terroristi, è "compatibile" con la pace.

Come di regola, una questione marginale e risolvibile nell'ambito di un accordo, quella dei coloni, viene trasformata nell'ostacolo unico alla pace in Medio Oriente, dimenticando la predicazione d'odio che allontana la popolazione palestinese dalla prospettiva di una convivenza pacifica con Israele.

Sul MANIFESTO, Michele Giorgio riporta la smentita di Dennis Ross alle affermazioni del Sunday Times, secondo il quale Barack Obama avrebbe detto ad Abu Mazen che gli israeliani sarebbero dei "pazzi" a non accettare il piano saudita (che prevede il ritiro negli insicuri confini del 67, la divisione di  Gerusalemme e un imprecisato accordo sul "diritto al ritorno" dei profughi palestinesi del 48 e dei loro discendenti)
"Ero anch'io a quel meeting e Obama non disse quelle cose, la storia è falsa" ha dichiarato Ross.
A Giorgio però, vera o falsa che sia, la dichiarazione attribuita a Obama piace molto, e nel corso dell'articolo ribadisce il concetto: per lui, in realtà,  tutti i profughi palestinesi dovrebbero poter entrare in Israele e qualsiasi proposta che preveda meno di questo dovrebbe essere accolta da Israele come la grazia da un condannato a morte.

Su LIBERAZIONE a pagina 7 Stefania Podda esalta la presunta disponbilità di Obama alle trattative semnza precondizioni con Hamas, cioè con un gruppo terroristico che vuole distruggere Israele.
L'articolo si intitola: "Medio Oriente, Obama appoggia il piano saudita del 2002".
Ecco il testo:


«Barack Obama non ha mai detto di appoggiare il piano saudita, la notizia è completamente falsa». E' costretto a una smentita ufficiale il team del futuro presidente e lo fa per bocca di Dennis Ross, autorevole consulente di Obama sul Medio Oriente.
Sul britannico "Sunday Times", venivano infatti riportate indiscrezioni secondo le quali, nella visita di luglio a Ramallah, l'allora candidato democratico avrebbe detto al presidente palestinese Abu Mazen di condividere la proposta di pace saudita. Posizione peraltro in sintonia con quella dell'attuale premier Ehud Olmert che ha più volte detto di trovarla interessante e di poterla considerare una base di discussione, pur con delle obiezioni. Secondo il Sunday Times, Obama avrebbe rassicurato Abu Mazen sullo sviluppo delle trattative a partire dal piano, dicendogli che gli israeliani sarebbero stati dei «pazzi a rifiutare un accordo che potrebbe garantire loro la fine delle ostilità e la pace con l'intero mondo musulmano». «Io ero all'incontro di Ramallah - ha precisato ieri Ross - e l'allora senatore Obama non hai mai detto nulla del genere».
Il piano saudita, che è sulla tavola formale e informale delle trattative dal 2002, prevede il ritorno di Israele entro i confini del 1967 in cambio della normalizzazione delle relazioni diplomatiche con i paesi arabi. Tra i punti qualificanti, Gerusalemme est capitale del futuro Stato palestinese, la restituzione alla Siria delle alture del Golan e il riconoscimento del diritto al ritorno dei profughi palestinesi, temperato dal potere di veto di Israele. Il piano, peraltro votato e adottato da tutti i paesi della Lega Araba, torna ciclicamente in gioco come via d'uscita allo stallo causato dal fallimento della road map che resta comunque, ad oggi, l'unico percorso condiviso verso un accordo.
Sul Medio Oriente, Obama ha una posizione moderata e pragmatica, al di là delle dichiarazioni di principio, e alcune anche di sostanza, che gli servono per rassicurare Israele. Si sa che, diversamente dal suo predecessore, è convinto che non debbano esserci troppe precondizioni a bloccare l'avvio del dialogo. Non è dunque detto che Hamas non possa essere considerato un interlocutore da convocare al tavolo, così come reputa necessario arrivare ad un accordo con la Siria, anche come pedina da giocarsi nella partita iraniana. In più, Obama sa di non avere molto tempo, la tensione nell'area potrebbe giovare alle ambizioni nucleari di Teheran e rendere più difficile per Washington il confronto diplomatico. Inoltre la sua priorità non è il conflitto israelo-palestinese, ma l'Afghanistan e l'Iraq. Se vuole fare pressione su Israele e l'Anp per arrivare ad un'intesa, deve farlo nei primi mesi del mandato quando la sua popolarità sarà ancora forte e non intaccata dalla gestione dei tanti dossier che si troverà sul tavolo. Lo staff che con lui lavora sulla questione Medio Oriente guarda con favore all'iniziativa saudita, appoggiata soprattutto dall'ex segretario di Stato democratico, Zbigniew Brzezinski e il l'ex consigliere di Bush, il repubblicano Brent Scowcroft. Un sostegno bipartisan che potrebbe dare ad Obama la copertura necessaria per una svolta.

Nella stessa pagina una breve denuncia "Blackout a Gaza: il 70 per cento della Striscia senza corrente".
In realtà Hamas, come si è dimostrato in passato, aumenta (o  addirittura simula) volontariamente i disagi causati dai blocchi di forniture di carburante attraverso i valichi con Israele, per trarne vantaggi propagandistici.

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