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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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La Repubblica - L'Unità Rassegna Stampa
17.11.2008 Hamas rompe la tregua
Stabile e De Giovannageli sono incerti: la colpa per loro potrebbe anche essere di Israele

Testata:La Repubblica - L'Unità
Autore: Alberto Stabile - Umberto De Giovannangeli
Titolo: «I razzi di Hamas rompono la tregua rappresaglia israeliana su Gaza - Razzi di Hamas Olmert: la tregua è ormai rotta»

"Hamas risponde a suon di missili alle operazioni dell'esercito israeliano" scrive Alberto Stabile su LA REPUBBLICA del 17 novembre 2008. Infatti "dopo uno shabat relativamente tranquillo, ieri, di buon mattino l´aviazione israeliana ha colpito ancora, uccidendo quattro uomini dei Comitati di resistenza popolare nel popoloso quartiere di Shujahyieh, alle porte di Gaza. Secondo il portavoce militare si stavano preparando a sparare missili contro il territorio israeliano". Si dovrebbe aggiungere che da giorni i terroristi di Hamas sparano missili contro il territorio israeliano: il che rende piuttosto credibile l'affermazione israeliana. L'articolo di Stabile, però, tende al contrario a dimostrare che, appunto, "Hamas risponde" a un'inesistente aggressione israeliana.

Da pagina 15 "I razzi di Hamas rompono la tregua rappresaglia israeliana su Gaza ":

gERUSALEMME - Hamas risponde a suon di missili alle operazioni dell´esercito israeliano all´interno della Striscia di Gaza, ma il governo Olmert oscilla, incerto, fra scelte opposte sul da farsi: cercare di ripristinare quella sottospecie di tregua, in arabo tahdyieh (calma), che ha funzionato per mesi, fino all´ultima esplosione di violenza, o scatenare un´offensiva militare contro la roccaforte del movimento islamico? Da un lato il ministro della Difesa Barak, dall´altro l´ex capo di Stato maggiore, oggi ministro dei Trasporti, Shaul Mofaz, in mezzo, il primo ministro a termine, Ehud Olmert, in una sorta di scontro di tutti contro tutti la cui posta in gioco consiste nel consenso degli elettori in vista delle prossime elezioni, ovvero, nel caso di Olmert nel tentativo di ottenere dalla storia un giudizio più benevolo di quanto non gli permettano di sperare le molte inchieste a suo carico.
Dopo uno shabat relativamente tranquillo, ieri, di buon mattino l´aviazione israeliana ha colpito ancora, uccidendo quattro uomini dei Comitati di resistenza popolare nel popoloso quartiere di Shujahyieh, alle porte di Gaza. Secondo il portavoce militare si stavano preparando a sparare missili contro il territorio israeliano. Per ritorsione, l´artiglieria dei Comitati ha lanciato due missili artigianali sulla cittadina di Sderot. Uno dei quali ha centrato una casa, ferendo una persona e provocando molto panico.
Ma già prima, aprendo la riunione del Consiglio dei ministri, Olmert aveva fatto la voce grossa. Dopo aver accusato Hamas di aver rotto la tregua, il premier ha informato il governo di aver ordinato agli alti gradi di militari di approntare i piani per una reazione adeguata. Una reazione, tuttavia, «che sarà valutata attentamente», dunque non immediata. Memore delle critiche ricevute per il modo affrettato e dilettantesco in cui ordinò, nel luglio del 2006, l´offensiva contro gli Hezbollah, Olmert sembra adesso più cauto.
Oppure, semplicemente, non vuole prestare il fianco al più tenace dei suoi avversari, il ministro della Difesa, e leader del partito laburista, Ehud Barak. Il quale, fra le tante invocazioni alla guerra contro Hamas, provenienti dalla destra, va ripetendo che l´attacco militare deve essere considerato come una decisione estrema, dopo aver esaurito tutte le possibilità di ristabilire la tregua. E questo per due motivi. Uno, da professionista della materia, Barak sa bene che un´operazione militare contro Gaza non risolverebbe il problema dei missili, a meno di non radere al suolo la Striscia. Due, perché Hamas tiene da due anni e mezzo in ostaggio il sodato Gilad Shalit e in questo lunghissimo periodo il governo israeliano non ha saputo percorrere né la via del negoziato, né quella della fermezza.
Infine, c´è la proposta di Shaul Mofaz di rimettere i dirigenti di Hamas nel mirino, come fece nel 2004, quando era Capo di Stato Maggiore. Dopo di che Hamas non solo è sopravvissuta ma ha anche vinto le elezioni palestinesi. Il punto è che tutte queste soluzioni sono già state sperimentate con scarso successo. Oggi gli analisti concordano che sia Hamas che i governanti israeliani hanno interesse a proseguire la tregua. Ma una tregua senza garanzie certe, senza meccanismi condivisi e di cui sotto sotto ci si vergogna un po´ è destinata a fare la fine delle altre che l´hanno preceduta.

A pagina 15 dell' UNITA' la cronaca di Umberto De Giovannangeli "Razzi di Hamas Olmert: la tregua è ormai rotta" mantiene l'equidistanza tra versione israeliana e versione dei terroristi di Hamas. Leggiamo infatti:

La responsabilità per la rottura della tregua va addossata ad Hamas, afferma il premier israeliano Ehud Olmert Olmert

ma anche, poco dopo

A Gaza Hamas ribatte che è stato Israele a violare la tregua quando a inizio novembre  il suo esercito ha compiuto alcune infiltrazioni e poi ha imposto una prolungata chiusura dei valichi

Nessun cenno, né da parte di Hamas, né da parte di u.d.g., al tentativo di rapire cittadini israeliani per impedire il quale, Israele ha compiuto la sua prima"infiltrazione". Nè ail lanci di razzi kassam che hanno fatto seguito a questo atto di autodifesa, provocando la chiusura dei valichi.

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