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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - L'Opinione Rassegna Stampa
11.11.2008 Rivelazioni sulla guerra al terrorismo
la collaborazione della Siria e le operazioni segrete autorizzate nel 2004

Testata:Il Foglio - L'Opinione
Autore: la redazione - Michael Sfaradi
Titolo: «Manovre sulla via della Siria - Ben vengano quelle azioni “illegali”che ci proteggono»

Dalla prima pagina del FOGLIO dell'11 novembre 2008, riportiamo l'articolo "Manovre sulla via della Siria":

La Siria ha collaborato con gli Stati Uniti per colpire al Qaida sul proprio territorio. L’ha scritto prima il quotidiano israeliano Yedioth Ahronot, che ha fonti a Washington e nei servizi segreti di Gerusalemme, e poi l’ha scritto il Times di Londra. Secondo Marie Colvin, corrispondente dall’Iraq del quotidiano britannico, gli americani hanno contatti con i servizi segreti dell’aviazione di Damasco – Idarat al Mukhabarat al Jawiyya. Secondo Ronen Bergman, esperto militare di Gerusalemme, questo spiega perché i reparti dell’antiaerea a terra, sempre sul chi vive, hanno ricevuto dai superiori lo strano ordine: “Non sparate”, anche domenica 26 ottobre, quando le squadre speciali americane per la “caccia ed eliminazione” sono sbarcate dagli elicotteri per portare via Abu Ghadiya, comandante del pezzo siriano di al Qaida che trasporta uomini, armi e denaro in Iraq. Secondo un’inchiesta pubblicata ieri dal New York Times, quello non è stato il primo raid in Siria. Ne sono stati compiuti anche altri, grazie a una direttiva presidenziale segreta del 2004, l’“Al Qaida Network Exord”, dove exord sta per executive order: autorizza i blitz contro i terroristi in paesi stranieri (è successo anche in Pakistan e Somalia) . Eppure quello di ottobre è il solo raid a essere stato denunciato con proteste veementi dal governo di Damasco, che ha inscenato manifestazioni di regime anti Washington e per rappresaglia ha chiuso una scuola e un centro culturale americani nella capitale. Verosimilmente il raid è stato denunciato come “crimine di guerra” soltanto perché è andato storto: un uomo di al Qaida ha visto gli elicotteri in avvicinamento e ha sparato una granata a razzo, i commando americani hanno risposto al fuoco, ci sono stati otto morti. Anche se i servizi segreti siriani hanno circondato subito la zona, allontanando gli abitanti, questa volta non potevano fare finta di nulla. L’esistenza delle operazioni autorizza a pensare che l’Amministrazione Bush avesse contatti con Damasco e che la Siria tacesse i blitz perché si sentiva minacciata dall’estremismo islamico. Il regime sa di essere diventato un bersaglio di al Qaida: lo scorso 27 settembre un’autobomba ha ucciso diciassette persone nella capitale, quindici giorni dopo la polizia ha preso tre volontari suicidi con corpetti esplosivi nel campo profughi di al Yarmouk. A Damasco comanda la setta degli alawiti, una minoranza sciita alleata con l’Iran, con Hezbollah e con Hamas, ma il settanta per cento della popolazione è sunnita e scontento come l’esercito di al Qaida. Secondo le indiscrezioni trapelate, i servizi segreti siriani avrebbero “invitato” sul proprio suolo le squadre americane, che lavorano alle strette dipendenze del Centro antiterrorismo della Cia, a Langley. Negli ultimi mesi il presidente Basher el Assad ha mostrato segni di apertura nei confronti dell’occidente, come dimostrano i colloqui di pace indiretti – mediati dalla Turchia – con Israele e gli incontri con il presidente francese, Nicolas Sarkozy. Anche se ha ancora i suoi segreti sporchi: l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, notizia di ieri, ha rinvenuto tracce di uranio “non naturale” sul sito bombardato l’anno scorso da Israele. Secondo il network televisivo Abc, anche il generale americano David H. Petraeus ha chiesto di incontrare Assad, ma poi l’Amministrazione Bush gli ha chiesto di non procedere per non rompere ancora il distacco diplomatico tra i due paesi. Il regime potrebbe sfruttare anche l’impatto simbolico dell’arrivo della nuova Amministrazione. Le televisioni turche mostrano i pastori dell’Anatolia che sgozzano agnelli per festeggiare la vittoria di Barack Obama. Spetta a lui chiudere la missione intrapresa da Bush: strappare la Siria all’influenza dell’Iran e convincere Damasco che i legami con Hezbollah e Hamas sono un affare pericoloso. Un editorialista considerato portavoce ufficioso del regime, Sami Moubayed, ha scritto un lungo “invito a Damasco” destinato a Obama, che i siriani chiamano Abu Hussein (padre di Hussein, perché sono convinti che, se avesse un figlio, lo chiamerebbe Hussein come il nonno). Se l’America aprisse alla Siria, scrive Moubayed, il regime ricambierebbe volentieri.

A pagina 2 dell'inserto del FOGLIO, l'articolo di Daniele Raineri "I sunniti si preparano al voto. Di nuovo guai ad Anbar" tratta del riemergere del terrorismo nelle provincie sunnite irachene, dovuto anche alla scarsa flessibilità del governo a maggioranza sciita verso la minoranza sunnita.

Da L'OPINIONE, il commento di Michael Sfaradi, "Ben vengano quelle azioni illegali che ci proteggono"

E’ di ieri la notizia, rivelata dal New York Times, che cita come fonte alti funzionari del Ministero della Difesa statunitense, che dal 2004 il Pentagono ha dato ordine di effettuare attacchi basi del terrorismo islamico dislocate in vari paesi. L’ordine che prevedeva autorizzazioni diversificate e diversi livelli, a seconda del territorio dentro al quale si andava a colpire, permetteva la momentanea violazione della sovranità delle nazioni dove le basi nel mirino erano state installate. I paesi che sono stati rivelati sono: Siria, Pakistan, Yemen, Arabia Saudita ed altri Stati ancora non identificati. Le azioni di commando avevano il fine di stroncare sul nascere azioni terroristiche in Occidente, distruggere i campi di addestramento dei terroristi e, quando ce n’era la possibilità, far saltare gli arsenali. Queste operazioni sono state autorizzate da un ordine classificato firmato dall’ex segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld con l’approvazione del presidente Bush. La segretezza che circondava la faccenda aveva due diverse ragioni: la prima di sicurezza, cioè garantire ai militari impegnati il fattore sorpresa, e la seconda per non inficiare l’eventuale raid a seguire. Ora che le notizie sono venute alla luce, la prima e più scontata reazione da parte di coloro ai quali va tutto bene pur di sparare a zero sugli Stati Uniti ed i suoi veri alleati, Israele in prima fila, sarà sicuramente: è illegale agire con la forza violando la sovranità ed invadendo il territorio di Paesi sovrani, e questo è un modo di agire che viola le leggi internazionali.

Israele, ad esempio, che da molti anni si difende dal terrorismo cercando di prevenirlo, è stata più volte condannata per aver violato la sovranità territoriale altrui. Ricordiamo alcune di queste azioni, quelle più eclatanti: il Raid di Entebbe, che portò alla liberazione degli ostaggi, israeliani ed ebrei di altre nazionalità, passeggeri del volo Air France Atene–Parigi. Nella condanna che ne seguì non si fece minimamente riferimento né al dirottamento, né alla selezione dei passeggeri fra ebrei e non ebrei, effettuata con sistema nazista. A seguire il bombardamento aereo del quartier generale dell’Olp a Tunisi, anche in questo caso si evitò accuratamente di ricordare che fu una reazione alla barbara uccisione, da parte di elementi di Forza 17, il corpo scelto palestinese che garantiva la sicurezza di Arafat, di tre cittadini israeliani i cui corpi furono issati sull’albero maestro della loro barca. Infine, la distruzione del reattore nucleare di Osirak in Iraq dove gli ingegneri nucleari di Saddam Hussein progettavano l’atomica che avrebbe dovuto distruggere lo Stato ebraico.

Chi ha a cuore la sicurezza dell’Occidente, giudica le notizie di questo tipo con più pragmatismo. Innanzitutto la violazione della sovranità altrui è sempre una conseguenza delle scelte fatte da quei governi che alimentano la destabilizzazione mondiale, perché chi finanzia Al Qaeda (o una delle altre sigle ad essa collegate) o ne ospita le basi operative sul proprio territorio, sa che prima o poi dovrà renderne conto. Anche se certe scelte non si prendono mai a cuor leggero, dopo averle prese rimane la sensazione di aver scelto il male minore. L’Occidente non può permettersi altri attentati devastanti come quelli che hanno insanguinato New York, Madrid o Londra e se per prevenirli si è costretti ad agire al di fuori delle regole, ben vengano quelle azioni che sono si “illegali”, ma che ci permettono di continuare a vivere in relativa tranquillità.

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