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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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L'Unità-Il Manifesto Rassegna Stampa
18.10.2008 Uno ancora comunista, l'altro non più, ma il risultato non cambia
Un DNA indelebile, non c'è speranza

Testata:L'Unità-Il Manifesto
Autore: Umberto De Giovannangeli-Michele Giorgio
Titolo: «Israele, rinviato lo scoop storico delle violenze del '48-Palestinesi fucilati, stop alle immagini. La nakba ritorna tabù.»

L'Unità e il Manifesto sempre più gemelli, Udg uguale a Michele Giorgio, in due corrispondenze quasi identiche. Ovvero, come si monta un caso che non esiste, l'uccisione di un palestinese durante la guerra d'indipendenza del '48. Si noti, di UN palestinese, un quotidiano israeliano che rinvia l'articolo sul tema in attesa di informazioni più approfondite. Giorgio e Udg montano la bufala, CENSURA !, gridano, proprio in un paese come Israele dove la stampa è libera di scrivere tutto quello che vuole. Ci chiediamo come i DS pretendano credibilità quando il loro organo di stampa è la fotocopia del cugino ancora comunista. Pubblichiamo entrambe le corrispondenze, è utile confrontarne lo stile simile. Aggiungiamo che la bufala non è stata ripresa oggi da nessun altro giornale.

L'Unità: "Israele, rinviato lo scoop storico delle violenze del '48"

È IL «GIALLO» delle foto. Prima annunciate e poi «scomparse». È il giallo di uno scoop pubblicizzato e poi, almeno per il momento, accantonato. È il «giallo» di una immagine che riporta indietro nel tempo, e riapre «ferite» e polemiche che ancora vivono,
a sessant’anni di distanza. Contrariamente a quanto anticipato, il quotidiano Yediot Ahronot non ha pubblicato ieri una serie di fotografie scoperte di recente che a suo giudizio documentano la esecuzione di un anziano palestinese da parte di due miliziani ebrei, durante la guerra di indipendenza di Israele di 60 anni fa.
Il giornale spiega di aver ricevuto l’altro ieri dai suoi lettori copiose informazioni su quel drammatico episodio, che necessitano adeguate verifiche. Di conseguenza il servizio per il momento non può essere pubblicato. Le due immagini pubblicate l’altro ieri mostravano un anziano palestinese, prigioniero di due miliziani ebrei, nei minuti che - secondo il giornale - hanno preceduto la sua esecuzione. Una sequenza drammatica, per un capitolo della storia d’Israele, la nascita dello Stato ebraico, che continua a far discutere e a intrecciarsi con gli eventi del presente legati al difficile dialogo israelo-palestinese. «Quelle immagini danno conto di una verità storica che da sempre noi palestinesi affermiamo: la nascita dello Stato d’Israele ha significato l’esodo forzato di decine di migliaia di palestinesi dai loro villaggi, dalle loro case. E chi si opponeva, veniva passato per le armi, anche se si trattava, come il caso delle due fato, di una persona anziana», dice a l’Unità Saeb Erekat, capo negoziatore dell’Anp, tra i più stretti collaboratori del presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen). Storia e politica s’intrecciano indissolubilmente in Terrasanta. «È evidente - riflette ancora Erekat - che una corretta ricostruzione storica di quei drammatici eventi, porta alla conclusione che quello dei profughi del ‘48 non è, come Israele intende, un problema umanitaria ma una questione politica che come tale va affrontata e risolta». Affrontata con coraggio, come è stato fatto dai «nuovi storici» israeliani, il più autorevole dei quali è senza dubbio Benny Morris.
Agli eventi del 1948, Morris ha dedicato un libro accurato, documentato, di grande onestà intellettuale: «1948. Israele e Palestina tra guerra e pace» (Rizzoli, 2004). Tra le testimonianze riportate nel libro, c’è quella di Ezra Danin, consigliere speciale per gli Affari Arabi del ministero degli Esteri (Tel Aviv) a Elias Sasson (Parigi), direttore degli Affari mediorientali del ministero degli Esteri; 24 ottobre 1948: «Ho incontrato Ben Gurion (...) (Ha detto): “Agli arabi della Terra di Israele ormai resta solo un ruolo: quello di chi fa le valigie”...Dopo di che si è alzato, mettendo fine alla conversazione». E ancora: «C’è ragione di pensare che ciò che si sta facendo (...) dipenda da certi obiettivi politici, non solo da esigenze militari (...). In effetti, quello che si sta attuando è il cosiddetto “trasferimento” degli arabi fuori dai confini dello Stato ebraico (...)»: da «La nostra politica araba durante la guerra», memorandum della Commissione politica del Mapam preparato da Aharon Cohen, direttore del Dipartimento arabo del Mapam, 10 maggio 1948.
Gli eventi di quegli anni furono letti dagli arabi come una premeditata e sistematica espulsione, portata a termine dagli israeliani con spietata efficacia; lo Stato d’Israele ha sempre sostenuto invece che fu un «piano» concepito dai capi arabi dentro e fuori la Palestina, che ordinarono ai loro connazionali di andarsene per mettere in difficoltà Israele e lasciare campo libero all’invasione, alla quale sarebbe seguito il ritorno trionfale dei profughi. In verità, ciò che accadde in Palestina, avverte e motiva nel libro Benny Morris, fu molto più complesso e confuso di quanto suggeriscano spiegazioni così coerenti, univoche, rassicuranti. E quelle foto apparse e poi scomparse dal giornale israeliano lo confermano.

Il Manifesto: "Palestinesi fucilati, stop alle immagini. La nakba ritorna tabù ".

Ci si attendeva un servizio shock e invece Yediot Ahronot ha fatto marcia indietro. Ieri in tanti, tra i quali non pochi palestinesi, si sono precipitati all'edicola più vicina per acquistare il quotidiano israeliano, ma non hanno trovato traccia della serie di fotografie che documentano l'esecuzione di un anziano civile palestinese da parte di miliziani ebrei, durante la guerra del 1948.
In pagina undici, in un trafiletto, il giornale ha spiegato di aver ricevuto dai suoi lettori «copiose informazioni» su quel drammatico episodio, «che necessitano adeguate verifiche». Copiose informazioni o vibranti proteste? Il sospetto è legittimo, considerando l'argomento. In Israele si continua a stendere un velo su ciò che accadde nello scontro con i palestinesi nei mesi precedenti e successivi alla fondazione dello Stato.
Un periodo in cui, sostengono da sempre i palestinesi, furono commessi abusi, violenze e anche massacri (come quello di Deir Yassin, alle porte di Gerusalemme) allo scopo di terrorizzare la popolazione araba e costringerla a lasciare villaggi e città all'interno di quella porzione di Palestina che le Nazioni Unite avevano assegnato allo Stato ebraico.
Un'operazione di pulizia etnica raccontata dal noto storico progressista Ilan Pappe in un suo recente libro ma negata dall'altrettanto famoso Benny Morris, studioso avvicinatosi alla destra qualche anno fa.
Ed un episodio, tra i tanti, di quei giorni aveva riportato alla ribalta Yediot Ahronot pubblicando giovedì due fotografie dell'esecuzione di un anziano civile arabo. Un documento eccezionale, perché è la prima volta che immagini mostrano l'uccisione, da parte delle milizie ebraiche, di un palestinese legato e bendato. Nel corso (tra il 1948 e il 1949) e dopo il conflitto arabo-israeliano, circa 400 villaggi palestinesi furono distrutti dall'avanzata delle truppe ebraiche dell'haganah e oltre 800.000 palestinesi (per effetto di veri e propri episodi di pulizia etnica o per paura dell'avanzata delle milizie ebraiche) fuggirono dalla Palestina.
Gli scatti - custoditi in una scatola di scarpe e trovate dai congiunti di un alto ufficiale deceduto da poco - non lasciano dubbi su ciò che accade quel giorno di 60 anni fa.
Nella prima fotografia l'anziano palestinese, magro, con la tradizionale tunica araba, col volto solcato da rughe, non urla, non piange, e sembra spiegare qualcosa a due giovani miliziani, che nel secondo scatto lo tengono stretto.
Nel terzo il vecchio viene bendato. Nel quarto e ultimo, il corpo del palestinese giace per terra, in una pozza di sangue. «Sono fotografie che non avremmo mai voluto vedere», ha scritto l'altro ieri Yediot Ahronot. Infatti non ne abbiamo viste altre. Qualcuno forse ha deciso che la verità storica deve rimanere chiusa in una scatola di scarpe.

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