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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - L'Unità Rassegna Stampa
16.10.2008 Barack Obama e Israele
Jesse Jackson lo vedrebbe come il liberatore dell'America dal "potere sionista", sette generali israeliani lo sostengono

Testata:Il Giornale - L'Unità
Autore: la redazione - Umberto De Giovannangeli
Titolo: ««Barack ci libererà dal potere sionista» - Israele, in un video sette generali della riserva per tifare Barack»
Da Il GIORNALE del 16 ottobre 2008:

Washington. Il reverendo Jesse Jackson secondo il «New York Post», avrebbe fatto dichiarazioni imbarazzanti per la campagna del candidato democratico. Avrebbe detto che, in caso di vittoria di Barack Obama, gli Stati Uniti si libereranno del controllo «sionista», che per «decenni» ha condizionato la politica americana. Intervenuto al World Policy Forum, in Francia, il reverendo nero, punto di riferimento del movimento dei diritti civili, ha parlato di «cambiamenti fondamentali». Quello più grande sarebbe per lui in Medio Oriente, dove si metterebbe fine «a decenni in cui sono stati anteposti gli interessi di Israele».

Umberto De Giovannangeli su L'UNITA' riferisce del pubblico sostegno a Obama da parte di sette generali israeliani.
Il sottotitolo recita "Il candidato democratico non attaccherà l’Iran e ha promesso di impegnarsi per risolvere il conflitto mediorientale"-
Dall' articolo risulta però che i generali appoggiano le trattative con l'Iran, non la rinuncia all'opzione militare che, comunque, nel programma di Obama non c'è. L'idea di trattare senza precondizioni con Teheran è controversa e pericolosa. Una politica simile è già sostanzialmente fallita con la Corea del Nord. Tuttavia, si tratta di una politica molto diversa da quella del pacifismo assoluto e suicida auspicata da L'UNITA'.

Ecco il testo:


Sette generali. Sette eroi di guerra. Hanno combattuto per il loro Paese. Hanno dato la caccia ai terroristi più pericolosi. Sette generali d’Israele per Obama. Sette dei più importanti generali israeliani della riserva hanno manifestato il loro sostegno al candidato democratico alla Casa Bianca. Una presa di posizione importante. Per le personalità che l’hanno presa. E per la forza delle argomentazioni che sono alla base di questa presa di posizione. Una scesa in campo che si è tradotta in un video a sostegno del senatore dell’Illinois. Tra gli ufficiali che hanno accettato di partecipare al video per la campagna di Obama, ci sono l’ex capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, il generale Amnon Lipkin Shahak, e l’ex capo del Mossad, Efraim Halevy. Secondo gli ufficiali, il candidato repubblicano John McCain rappresenta la continuazione della politica del presidente Bush in Medioriente che è stata «un fallimento» e Obama porterà con sé «nuove speranze». Nel video gli israeliani elogiano soprattutto l’intento dichiarato di Obama di avviare un dialogo con l’Iran e di coinvolgersi in maniera più intensa nella soluzione del conflitto israelo-palestinese. Per Obama si schiera anche Yael Dayan, già deputata laburista, scrittrice, figlia dell’eroe della Guerra dei Sei Giorni: il generale Moshe Dayan. «Obama - dice Yael Dayan a l’Unità - rappresenta una speranza di cambiamento che va oltre l’America. Inoltre in tempi non sospetti ha preso posizione contro la guerra in Iraq; una guerra che non ha certo aiutato la stabilizzazione del Medio Oriente, semmai è vero il contrario». «Una cosa è certa - rileva ancora Yael Dayan -: il modo migliore per dimostrare da parte di Barack Obama amico di Israele, è quello di imprimere un’accelerazione ai negoziati di pace fra Israele e l’Autorità nazionale palestinese».
Obama da parte sua cerca di rassicurare Israele, e indirettamente, la comunità ebraica statunitense. L’entourage del candidato democratico alla Casa Bianca ha respinto con forza l’editoriale scritto dal quotidiano conservatore New York Post secondo cui il reverendo e attivista afroamericano Jesse Jackson avrebbe affermato che con Obama presidente l’influenza di Israele su Washington si ridurrà. Lo stesso Jackson ha denunciato quanto scritto dall’editorialista Amir Taheri «per aver selettivamente imposto il suo punto di vista e aver distorto il mio» nel commento apparso l’altro ieri sul New York Post. Secondo l’articolo, Jackson da Evian avrebbe detto che con Obama alla Casa Bianca non verranno più messi gli interessi di Israele prima di tutto come si è fatto per decenni e gli sionisti avrebbero perso il loro peso. La portavoce di Obama per la sicurezza nazionale, Wendy Morigi, ha invece affermato che il senatore dell’Illinois intende impegnarsi per mantenere ottimi rapporti con Israele e, da presidente, garantirà a Israele di potersi difendere da qualsiasi minaccia. Le parole di Jackson sono rimbalzate sulle pagine del quotidiano israeliano Haaretz che ne mette in risalto la parte relativa a Israele.
Il reverendo Jackson ha infatti previsto «cambiamenti fondamentali» nella politica americana se dovesse realizzarsi l’ascesa di Obama. Tra questi una svolta decisiva in Medio Oriente dove si smetterà «di mettere per primi gli interessi di Israele come si è fatto per decenni». Jackson continua affermando che Bush ha fallito in Medio Oriente proprio per paura di disturbare Israele, ma con Obama tutto questo cambierà perché, spiega, «finché i palestinesi non avranno giustizia, il Medio Oriente rimarrà una fonte di pericolo per tutti noi». Immediata la reazione dell’entourage di Obama: «Il sostegno a Israele è un punto fermo della politica estera che Obama intenderà portare avanti se verrà eletto alla Presidenza», sottolinea Wendy Morigi.


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lettere@unita.it

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