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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - La Stampa - Il Foglio Rassegna Stampa
14.10.2008 Livni e Barak alleati
per formare il nuovo governo israeliano

Testata:Corriere della Sera - La Stampa - Il Foglio
Autore: Davide Frattini - Francesca Paci - la redazione
Titolo: «Barak vice della Livni, alleati con riserva - , la Livni convince Barak. Patto di coalizione - Livni sempre più premier e studia un piano per l'economia»
Tra gli articoli pubblicati oggi, 14 ottobre 2008, sull'avanzamento delle trattative politiche per la formazione del governo israeliano segnaliamo la cronaca di Francesca Paci pubblicata da La STAMPA a pagina 15 ("Israele, la Livni convince Barak. Patto di coalizione") e quella pubblicata da Il FOGLIO a pagina 3 ("Livni sempre più premier e studia un piano per l'economia").

Dal CORRIERE della SERA, riportiamo la cronaca di Davide Frattini (pagina 19):


GERUSALEMME — L'alleanza della diffidenza (reciproca) è stata siglata dopo diciotto ore di negoziati senza interruzione. Tzipi Livni ed Ehud Barak hanno deciso di rimanere insieme al governo, lei premier (sarebbe la prima donna in Israele dopo trentaquattro anni), lui ministro della Difesa e soprattutto «vice- premier senior», una formula per indicare che dopo Livni — e quasi sullo stesso piano — viene il soldato più decorato nella storia del Paese.
«È un'intesa che non nasce da affetto reciproco — commenta Aluf Benn, editorialista del quotidiano
Haaretz —, ma dalle necessità della sopravvivenza. Livni sta formando una coalizione con l'uomo che ha fatto cadere Ehud Olmert, Barak sta entrando in una squadra guidata da Kadima, che minaccia di far sparire il Labour. Solo uno dei due partner si ritroverà tutto di un pezzo alla fine dell'accordo: o Kadima inghiottirà i laburisti o Barak riuscirà a distruggere l'altro partito e piazzarsi alla testa di una coalizione di centrosinistra da guidare alle elezioni».
Barak non ha ottenuto tutto quello che aveva inserito nella lista dei reclami. Avrebbe voluto un potere di veto sulle decisioni da proporre al consiglio dei ministri (per legge toccherebbe solo al primo ministro) ed è riuscito ad avere in cambio l'assicurazione che tutte le proposte verranno definite insieme. Il ministro della Difesa aveva anche domandato di guidare le trattative con la Siria, sarà invece uno dei negoziatori. La crisi economica mondiale ha permesso al leader laburista di rinunciare ad alcune delle richieste economiche: avrebbero reso difficile far approvare il bilancio, il primo passaggio che Livni dovrà affrontare, se alla fine riuscirà a formare un governo.
Soldi è quello che chiedono i religiosi. Eli Yishai, presidente dello Shas, vuole che nella finanziaria vengano inserite nuove garanzie per le famiglie, Roni Bar-On, ministro delle Finanze, è pronto a lasciare, se il budget verrà modificato. Gli ultraortodossi sono corteggiati da Benyamin Netanyahu, che ha incontrato il rabbino Ovadia Yosef, leader spirituale del partito. Sostenere Tzipi Livni — avrebbe detto il capo del Likud — significa dare il via libera alla divisione di Gerusalemme. «Livni aveva davanti a sé — scrive il quotidiano
Yedioth Ahronoth — quattro ostacoli: Ehud Olmert, Shaul Mofaz, Ehud Barak e lo Shas. Ha superato i primi tre, non è sicuro che le riesca con l'ultimo. Se lo Shas non molla sugli aiuti alle famiglie con molti figli, lei si troverà in un vero dilemma. Cedere per formare un governo, ma subire un danno d'immagine — i suoi principi — che fino a questo momento ha evitato».
L'ex avvocato riporterebbe una donna sulla poltrona di primo ministro, dai tempi di Golda Meir. È stata criticata per non aver spiegato in pubblico quale sia la sua ricetta per contrastare lo tsunami economico. «Sarebbe irresponsabile per lei parlare adesso, ancora prima di avere un governo», l'hanno difesa i consiglieri. In televisione è andato l'alleato Bar-On, a proiettare un'immagine di tranquillità.
Il ministro degli Esteri ha fino agli inizi di novembre per creare una coalizione. «La nascita di un governo con un'ampia maggioranza è la cosa più importante per il Paese in questo momento — ha detto —. Gli israeliani non perdoneranno chi si tira indietro », ha aggiunto riferendosi allo Shas. Livni non scarta il progetto di una squadra di emergenza — con Netanyahu come partner — che si concentri sulla crisi economica e la minaccia iraniana. «La parola stabilità — continua Aluf Benn — nasconde l'idea che non c'è nessuna fretta nel concludere i negoziati con i palestinesi o i siriani».
Ehud Olmert — coinvolto in uno scandalo per corruzione — preme ancora per raggiungere un accordo quadro con i palestinesi, prima di andarsene. Il premier potrebbe guadagnare qualche mese al potere, se Livni fallisse. Venerdì incontra Abu Mazen, il presidente palestinese, come ha continuato a fare anche dopo le dimissioni.

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