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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Martin Buber Storie e leggende chassidiche ; Woody Allen con Eric LaxConversazioni su di me 29/09/2008

 Storie e leggende chassidiche          Martin Buber

 

 

a cura di Andreina Lavagetto

 

 

Mondatori                                                  Euro 55

 

 

 

 

 

Woody Allen con Eric Lax

 

 

Conversazioni su di me

 

Traduzione di Carlo Prosperi

 

 

Bompiani                                                   Euro 21,50

 

 

 

 

 

Il tema del festival di Torino nelle leggende chassidiche di Martin Buber e nelle conversazioni di Woody Allen “su di me e tutto il resto”

 

 

 

Nel lessico della Bibbia “speranza” – tema conduttore degli incontri di “Torino Spiritualità”, ancora oggi e domani – è una parola molto accogliente. S’innesta infatti in una radice dal significato aperto, formata con tre consonanti dal suono via via sfuggente: Qwh inizia con una tonalità dura, decisa, ma finisce con una debole aspirazione. Da questa radice deriva una vasta gamma di parole: “linea” (qaw) ma anche “bacino”, “spazio di confluenza” (miqweh) e, chissà perché, persino “speranza” (tiqwah). Nonostante il suono evasivo, questa radice di significati ha in fondo una connotazione molto concreta, quasi geografica. Non a caso, nella Bibbia ebraica la speranza è spesso richiamata con la metafora della porta. E, cosa a ben pensarci un poco strana, il libro che più insiste con questa parola è quello di Giobbe (dove persino l’albero “ha speranza” –14,7). Forse perché questo sentimento gioca da sempre a rimpiattino con lo scetticismo.

 

 

E’ insomma una specie di ambivalenza, quella della speranza: per un verso l’ebraico la innesta in una radice semantica che perviene alla geometria piana, per l’altro essa si situa fuori da ogni perimetro – cioè a margine della fede. Perché, come dice la parola stessa, fede è certezza – non possibilità. Convinzione incrollabile, non attesa di un’eventualità. In fondo, per chi crede la speranza è un po’ tabù: è un impulso al confine con l’eresia. E’ anche, però, il trait d’union tra l’assoluto e l’arbitrario, irrinunciabile perché come scrive Martin Buber facendo parlare il Baalschem – fondatore del misticismo ebraico moderno -, “chi sta in alto ha bisogno di chi sta in basso, ma anche viceversa”. Questo principio di mediazione fra cielo e terra informa tutta la narrazione chassidica, dove le storie si dipanano proprio per trovare una “quadra” all’incolmabile distanza fra sotto e sopra, fra il Creatore e le sue creature. Ora questo magnifico corpus di leggende cui Martin Buber – il maggior pensatore della contemporaneità ebraica – lavorò lungo decenni, è disponibile al lettore italiano nella sua interezza: “Storie e leggende chassidiche, a cura di Andreina Lavagetto nei “meridiani”.

 

 

Sarà anche in virtù di questa natura un poco ibrida di luogo dove fede e tempo, certezza e dubbio, s’affrontano, se la speranza è un sentimento così umano. Così fuori da ogni schema, tanto che persino Woody Allen si concede il lusso di incastonarla fra i suoi possibili titoli: “Speranza – un filo di speranza – speranza e oscurità – flebile speranza”. Proprio lui che è da sempre tanto affascinato dal caso, quella cosa imperscrutabile in virtù della quale “un mediocre pusillanime di Brooklyn (cioè lui) sta arrivando a ritirare un premio più consono alla scoperta del radio, o quantomeno del Tupperware” (si trattava del principe de Asturias, consegnatogli dal re di Spagna in persona…).

 

 

Di questo e di tanto altro discorre Woody Allen in Conversazioni su di me e tutto il resto insieme a Eric Lax. In questa summa del pensiero alleniano si troverà di tutto, ma soprattutto non solo ciò che ci si aspetta. Si scoprirà ad esempio che lui passa delle ore sotto la doccia a maturare idee. Che è un perfezionista quasi maniacale. Si troverà ovviamente una sua teoria dell’umorismo, che è improvvisazione solo all’apparenza. Far ridere, spiega, è una specie di salvezza: “Ho sempre la sensazione di potermi cavare di impaccio con la comicità”, ma è anche “enormemente complicato”.

 

 

Un po’ come la speranza, insomma, anche la risata è il modico armamentario di cui l’uomo dispone per guardare alle cose più grandi di lui. Che sono tante. Narrare l’attesa e la speranza, magari con un sorriso, è una specie di salvezza che non offre certezze ma solo un temporaneo rifugio dall’ignoto. Le leggende dei chassidim si dipanano in questa raccolta di Buber e attraversano le generazioni nella consapevolezza che l’unico antidoto allo smarrimento sia la fiducia di un tempo a venire. E questa fiducia serve non solo ad aspettare, ma anche a costruire il presente. Rabbi Nachman, ad esempio, “inizia a raccontare storie durante la drammatica estate del 1806, quando l’attivismo messianico, raggiunto il suo apice, trapassa rapidamente nella coscienza del fallimento”. Perché in fondo, “il messianesimo degli ebrei è sempre stato un volere l’impossibile”, scrive Buber. Dal Talmud, gli fa eco quel maestro che un giorno disse, ma sottovoce: il messia non verrà mai, ma noi dobbiamo credere fermamente nella sua venuta, ogni giorno che passa di più. La speranza, mite impulso che non cova certezze ma soltanto desideri – non importa se ragionevoli o folli – è l’unico modo che abbiamo per non rassegnarci all’impossibile, per non alzar una muta bandiera bianca davanti al caso.

 

 

 

 

 

 

 

 

Elena Loewenthal

 

 

Tuttolibri – La Stampa

 

 


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