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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Messaggero - L'Opinione Rassegna Stampa
24.09.2008 Attentato a Gerusalemme: qualcuno prova a negare che sia stato terrorismo
ma i fatti parlano chiaro: Qassem al Mughrabi voleva fare quante più vittime possibili

Testata:Il Messaggero - L'Opinione
Autore: la redazione - Michael Sfaradi
Titolo: «la Livni rassicura i palestinesi: I negoziati andranno avanti - La famiglia araba non celebra il suo “martire” -»
Il MESSAGGERO del 24 settembre 2008 nella sua cronaca cerca di seminare dubbi sulla natura terroristica dell'aggressione contro i passanti compiuta a Gerusalemme il 22 settembre 2008:

Se sia stato in realtà un attentato politico, un gesto adoloscenziale di disperazione oppure un banale incidente stradale ancora non è chiaro. Per una strana coincidenza Israele e Hamas propendono per la prima possibilità. Per una strana coincidenza Israele e Hamas propendono per la prima possibilità. Hamas, da Gaza, si è felicitato per il gesto compiuto dal 19enne Qassem al Mughrabi. Anche il ministro israeliano della difesa Ehud Barak non ha dubbi che al-Mughrabi volesse intenzionalmente seminare la morte. Ma la polizia israeliana non è convinta che al-Mughrabi avesse interesse per la politica. Di recente, ha appreso la polizia, aveva saputo con profondo dispiacere che una sua cugina non avrebbe accettato di sposarlo. I famigliari di al-Mughrabi, da parte loro, non hanno dubbi: si è trattato, affermano, di un tragico incidente

"Disperato" o meno per il rifiuto della cugina, Mughrabi, secondo i testimoni, si è lanciato contro la folla per uccidere. Quali che fossero i suoi motivi personali, il suo è stato chiaramente un atto di terrorismo.
Si deve anche rilevare che il quotidiano romano non spiega che la famiglia Mughrabi ha un preciso  interesse a negare che il figlio abbia compiuto un atto terroristico: "il ministro della Difesa Ehud Barak e il Capo di Stato Maggiore dell’esercito Generale Gaby Ashkenazy, hanno rinnovato la richiesta al tribunale supremo di legalizzare la distruzione delle case delle famiglie degli attentatori"

Lo spiega Michael Sfaradi in una cronaca pubblicata
da L' OPINIONE del 24 settembre 2008:

Kasem Mugarbi aveva 19 anni ed abitava nel quartiere Giabel Mukaber a Gerusalemme Est. Lunedì sera ha lanciato la sua Bmw nera sul marciapiede dove un gruppo di pedoni, fra i quali numerosi militari, aspettavano l’autobus e il risultato del suo gesto è costato 23 feriti, di cui 13 ancora ricoverati in ospedale, fra i quali una donna in gravi condizioni. Un ufficiale dei carristi, presente al fatto, ha reagito sparando con la sua pistola d’ordinanza contro l’autista uccidendolo. L’attentato a Gerusalemme, il terzo di questo tipo in poco tempo (i primi due furono fatti con dei bulldozer rubati) ha scatenato reazioni sia da parte delle autorità israeliane che da quelle palestinesi. Il malcontento è dovuto al fatto che, nonostante i ripetuti attentati da parte di arabi con passaporto israeliano, non sono stati ancora presi provvedimenti necessari a scoraggiare il ripetersi di azioni di questo tipo. Il ministro della Difesa Ehud Barak e il Capo di Stato Maggiore dell’esercito Generale Gaby Ashkenazy, hanno rinnovato la richiesta al tribunale supremo di legalizzare la distruzione delle case delle famiglie degli attentatori. Questa punizione rimane l’unica azione capace di bloccare aspiranti attentatori. “Sapere che la famiglia rimarrà senza casa è l’unico deterrente rimasto per chi non ha rispetto per la sua stessa vita”. Ha dichiarato il Generale durante un’intervista. Da parte palestinese un’agenzia di stampa ha fatto sapere che il ragazzo alla guida della macchina era un affiliato di Hamas. A Gaza già viene osannato come eroe.

La notizia, però, è stata prontamente smentita dalla famiglia, che vive in queste ore nella paura di vedersi distruggere la casa da un momento all’altro. I genitori dell’attentatore hanno assicurato che il figlio non era un affiliato a nessuna organizzazione terroristica e che loro non si interessano alla politica. Nel patetico racconto viene alla luce una storia di “cuore infranto” e la disperazione di uomo rifiutato spiegherebbe il gesto. Ma la realtà però, come fanno notare degli specialisti dell’antiterrorismo, è che l’obbiettivo del terrorista era chiaro e mirava a fare quante più vittime possibili; se non fosse stato freddato dai due colpi sparati dall’ufficiale presente sul teatro dell’attentato, il conteggio finale sarebbe molto più grave. Nelle parole dei genitori dell’attentatore solo giustificazioni per il figlio, ma non un cenno di dispiacere per le vittime e nessun augurio di pronta guarigione.
Per chi capisce il gergo usato dalle famiglie arabe in queste occasioni, è chiaro che l’attentatore era stato ben guidato e che la sua famiglia non festeggia “l’evento”, come avrebbero fatto famiglie arabo-palestinesi, solo per paura di essere accusata di compartecipazione all’attentato.

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