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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
06.09.2008 Un plauso a Paris Match, per combattere l'orrore bisogna conoscerlo
La cronaca di Massimo Nava

Testata: Corriere della Sera
Data: 06 settembre 2008
Pagina: 15
Autore: Massimo Nava
Titolo: «Talebani in posa con i «trofei» dei soldati francesi uccisi»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 06/09/2008, a pag.15, un servizio di Massimo Nava sulla barbarie dei Talebani. Un plauso al settimanale Paris Match che ha avuto il coraggio di pubblicare le immagini di tanto orrore. Ecco l'articolo:

Parigi-Kabul Il settimanale sotto accusa: così fa il gioco degli assassini. La difesa: no, alziamo il velo sul conflitto in Afghanistan

Talebani in posa con i «trofei» dei soldati francesi uccisi

Polemiche per le foto pubblicate da «Paris Match». Alcune vittime sono morte sgozzate

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Un talebano mostra con orgoglio l'orologio strappato a un soldato. Un altro indossa un elmetto e un altro parti della divisa. Le fotografie di Paris Match dal fronte afghano sono un pugno nello stomaco dell'opinione pubblica francese, già scossa da indiscrezioni (ammesse ieri dallo stato maggiore) che qualcuno dei dieci militari caduti nell'imboscata del 18 agosto sia stato finito all'arma bianca. Morire in combattimento o torturati non cambia molto dal punto di vista di chi ha perso un figlio o un parente al fronte, ma modifica la sensibilità collettiva, fa crescere l'orrore, la pietà e gli interrogativi sulla guerra, impone una domanda di verità su cause e responsabilità.
Il reportage dal fronte, con intervista al capo dei guerriglieri e minacce sulla sorte dei soldati occidentali, è sotto accusa e fonte di polemiche. I giornalisti e la direzione del settimanale si assolvono per uno «scoop» che ha il merito di alzare il velo sul conflitto. Che non è una rassicurante operazione di stabilizzazione del Paese ma è scontro incerto e in campo aperto con le formazioni della guerriglia. «Piantiamola di seguire l'esempio di Bush, andiamo via dall'Afghanistan», ha scritto a Sarkozy la madre di un caduto. Secondo un sondaggio, la maggioranza dei francesi è d'accordo.
Oggi si sa e si ammette (il ministro della Difesa aveva sostenuto il contrario) che ci sono stati combattimenti corpo a corpo e che non tutti i soldati sono caduti per colpi d'arma da fuoco nei primi minuti dell'imboscata.
Ma molti opinionisti (da Max Gallo a Daniel Cohn-Bendit), politici di destra e di sinistra, autorità militari e lo stesso ministro della Difesa, Hervé Morin, accusano senza mezzi termini il settimanale di aver fatto il gioco del nemico, perché quelle foto finiscono per esaltare l'impresa dei talebani, fanno da cassa di risonanza dei loro proclami e umiliano i soldati francesi e i familiari. «Non si tratta di libertà di stampa, ma di morale e di rispetto per i nostri caduti — scrive Max Gallo — Nostri? L'aggettivo è ancora in uso?».
Il confine fra informazione e propaganda indiretta resta incerto quando si tratta di guerre o conflitti di natura terroristica. Anche le notizie sulle torture nelle carceri di Bagdad, su Guantanamo o sui ricorrenti massacri di civili possono fare il gioco del nemico e delegittimare l'intervento militare. Sarebbe giusto non darle? Prima del controverso reportage di Paris Match, altri giornali francesi (il Canard Enchaine, seguito da Liberation e Le Monde)
avevano indagato, riuscendo a smentire in parte le verità dello Stato Maggiore sulla battaglia del 18 agosto, dalla ricostruzione dell'imboscata alla fine dei giovani soldati. «Quattro — scrive Le Monde — sono stati uccisi con un coltello alla gola». Restano punti oscuri: l'organizzazione del pattugliamento, i «buchi» nelle comunicazioni, i tempi di reazione e di arrivo dei rinforzi («tre ore di ritardo», scrive
Le Monde), l'ipotesi che qualche soldato sia stato colpito da fuoco amico durante il bombardamento di caccia Usa. Lo Stato Maggiore esclude comunque errori nella catena di comando e attribuisce il ritardo nelle comunicazioni al fatto che, fra i primi caduti, c'era l'addetto radio, colpito da un cecchino. Ma il sistema di comunicazioni fra forze Nato è all'ordine del giorno. Da ieri, 350 paracadutisti sono in viaggio per l'Afghanistan.
Massimo Nava
GUARDA le foto dei talebani che celebrano l'uccisione dei francesi «Scoop»
Orologi, divise, elmetti: i talebani mostrano i loro trofei ai reporter del settimanale «Paris Match».
Giusto scattare?

 

Orrore in scena

 

«Black Hawk Down» '93: soldato Usa senza vita trascinato per le vie della capitale somala Su una tv italiana: israeliano gettato da una stazione di polizia palestinese e linciato (2000)

 
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