Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
La propaganda arriva in porto "Free Gaza" e "Liberty" attraccano, la disinformazione fa il resto
Testata:La Repubblica - Il Manifesto Autore: Fabio Scuto - Michele Giorgio - Vittorio Arrigoni Titolo: «La vittoria delle»
La REPUBBLICA e Il MANIFESTO del 24 agosto 2008 dedicano ampio spazio all'avvenuta "rottura del blocco di Gaza". Che cosa si può trovare negli articoli dedicati alla vicenda ? Prevedibilmente, entusiamo per l'arrivo a Gaza dei "pacifisti" imbarcati su "Free Gaza" e "Liberty", mancanza di informazione sui motivi di sicurezza che impongono i controlli israeliani ai confini e al largo delle coste di Gaza, sull'assistenza medica che Israele fornisce gratuitamente a palestinesi provenienti da Gaza, sulla natura del regime che Hamas ha imposto nella Striscia e che operazioni come la forzatura del blocco di fatto sostengono: regime di terrore interno (si ricordino le retate contro Fatah), di militarizzazione dell'infanzia, spinta all'odio e incitatata alla violenza, di guerra e di preparazione alla guerra.
Ecco la cronaca di Fabio Scuto, da La REPUBBLICA :
GERUSALEMME - Alla fine sono arrivati, accolti come liberatori da una folla che in barca nel porto, sul lungomare, sulla spiaggia si accalcava festosa. Dai rappresentanti delle Ong locali, della Mezzaluna Rossa, del Medical Relief e del Centro di Gaza per i Diritti Umani, alla gente comune che sventolava le bandiere palestinesi. Alcuni ragazzini presi dall´entusiasmo si sono gettati nelle acque del porto mentre i gozzi dei pescatori, pavesati a festa, attorniavano le due barche del movimento pacifista arrivate da Cipro. Nemmeno loro, i militanti di "Free Gaza Movement" e di "International Solidarity Movement", lo credevano possibile. Venerdì da Cipro al telefono Raji Sourani diceva: «Nessuno crede che le nostre barche possano infrangere il blocco navale israeliano, ma questo è un messaggio morale». Invece eccoli attraccare, accolti dal premier di Hamas, Ismail Haniyeh. «Ho portato i miei figli così potremo tutti ringraziare gli organizzatori di questa iniziativa, grazie per non averci dimenticato», dice commossa sul molo del porto Jamila Hassan ai microfoni della tv Al Aqsa, controllata da Hamas. L´assedio di Gaza è stato spezzato dopo oltre un anno, da quando gli israeliani lo decretarono in seguito al "golpe" di Hamas che ha preso il controllo della Striscia. Niente carri armati, niente pistole, niente diplomazia, niente scambi segreti stavolta ma la forza di un´idea, di un gesto per riportare l´attenzione su 1,5 milioni di palestinesi che vivono "prigionieri" nella Striscia in condizioni al limite dell´emergenza umanitaria. «Abbiamo dimostrato che la Storia viene fatta dalla gente semplice e che la pace è possibile», dice l´italiano Vittorio Arrigoni che ha partecipato all´iniziativa di questo pugno di pacifisti provenienti da tutto il mondo. Hanno navigato per 240 miglia nautiche per raggiungere Gaza da Larnaca portando nelle stive della "Liberty" e di "Free Gaza" duecento apparecchi acustici per bambini sordi e migliaia di palloni. Una sfida disarmata alle vedette da guerra israeliane che pattugliano il mare davanti alla Striscia, un blocco fino a ieri impenetrabile. Ma ieri all´ultimo momento, prima che ci fosse un contatto visivo con le vedette israeliane, dopo una riunione d´urgenza fra il premier Olmert, il ministro degli Esteri Livni e quello della Difesa Barak, da Gerusalemme è venuto l´ordine: «Lasciate passare quelle barche». Un sì a denti stretti. Che immagine avrebbe dato Israele se la sua Marina militare fosse intervenuta contro due battelli che avevano a bordo 46 pacifisti, fra loro una suora cattolica ultraottantenne, una nota sopravvissuta all´Olocausto, canuti militanti americani della non-violenza, un deputato greco, la cognata di Tony Blair, impegnata pacifista inglese? Le autorità greche e cipriote avevano ispezionato le due imbarcazioni e perquisito gli attivisti a bordo prima della loro partenza da Larnaca garantendo a Israele che non trasportavano armi. Nonostante il ritiro israeliano da Gaza, nel 2005, le acque della Striscia sono attentamente sorvegliate dalla marina dello Stato ebraico, ufficialmente per impedire il traffico di armi ma in realtà viene impedito a qualsiasi nave di avvicinarsi. Ai pescatori palestinesi è stato anche imposto un limite di pesca di 6 miglia nautiche, cosa che ha causato il crollo di un´attività che rappresentava la fonte principale di reddito per molte centinaia di famiglie, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria della Striscia dove 1 milione di abitanti vive solo con gli aiuti dell´Onu e del Pam.
La cronaca di Michele Giorgio, dal MANIFESTO
Poco dopo le 5 del pomeriggio, quando la Free Gaza e dalla Liberty sono apparse all'orizzonte, sulla spiaggia di Gaza e nel piccolo porto è esplosa la gioia delle migliaia di persone in attesa. I bambini si sono tuffati in mare, gli adulti hanno applaudito e cantato, decine di persone a bordo di piccole barche si sono dirette verso le due navi di legno per essere le prime a dare il benvenuto ai 44 pacifisti, di tutto il mondo, anche israeliani, che hanno avuto il coraggio di violare il blocco navale attuato da Israele. «Ho portato i miei figli per ringraziare chi ha pensato a questa iniziativa, perché non ci hanno dimenticato» ha detto Jamila Hassan, una giovane mamma di Gaza city. Ad abbracciare i pacifisti, provati da due giorni di mare, c'erano palestinesi giunti da ogni punto di Gaza, mobilitati dal «Comitato popolare contro l'assedio». La festa è proseguita poi sino a sera, tra abbracci, baci, strette di mano e bicchierini di tè e dolci offerti a ripetizione a ognuno dei pacifisti. Soprattutto alle due «nonnine», la suora cattolica Anne Montgomery, 81 anni, e la sopravvissuta all'Olocausto Hedy Epstein, 84 anni, apparse affaticate anche se felici e sorridenti. «Abbiamo dimostrato che si possono ottenere risultati importanti con metodi pacifici, solo con determinazione e forza di volontà. Spero che questi viaggi in mare verso Gaza diventino routine», ha commentato l'attivista israeliano Jeff Halper appena ha messo piede a terra. Halper è stato il primo pacifista ebreo israeliano a entrare a Gaza, senza il permesso dell'esercito, da alcuni anni a questa parte. La legge infatti vieta ai cittadini israeliani di entrare nelle aree autonome palestinesi e ciò impedisce agli attivisti di avere contatti con la popolazione di Gaza. «Pensavamo di non farcela. A un certo punto i nostri strumenti di navigazione sono andati in tilt perchè sottoposti a una tempesta elettronica: ma alla fine (gli israeliani) ci hanno fatto passare. La cosa all'inizio ci ha sorpreso, poi abbiamo festeggiato», ha raccontato le ultime ore di navigazione Huwaida Arraf, fondatrice dell'International Solidarity Movement. Solo all'ultimo momento infatti Israele ha deciso di lasciar passare la Free Gaza e la Liberty. Il premier Ehud Olmert, il ministro degli esteri Tzipi Livni e il ministro della difesa Ehud Barak si sono consultati a lungo: poi devono aver pensato che mandare navi da guerra a caccia di due imbarcazioni di legno cariche di pacifisti sarebbe stato un autogol. «Gli organizzatori di questa iniziativa cercavano una provocazione, e si è deciso di lasciarli attraccare per prevenire questa provocazione», ha spiegato un funzionario israeliano. Il ministero degli esteri da parte sua ha definito i 44 pacifisti una «banda di provocatori» desiderosi di contribuire al successo del «regno degli orrori» che Hamas avrebbe instaurato a Gaza. Il sito del quotidiano Yediot Ahronot, citando un anonimo «attivista palestinese», ha riferito di una «grande delusione» tra la gente accorsa al porto nella convizione che dalle due navi sarebbero stati scaricati ingenti quantitativi di generi di prima necessità. Per la verità il «Comitato popolare contro l'assedio» sapeva bene che a bordo della Free Gaza e della Liberty erano stati caricati 200 apparecchi acustici, 5mila palloncini per i bambini e poco altro, visto che la missione aveva uno scopo politico e simbolico. Nelle stesse ore, nei forum israeliani in rete, si scaricava la rabbia per l'arrivo delle due navi a Gaza: Linda Ravera da New York ha accusato i pacifisti di «aiutare il Jihad globale», Alfred Inselberg da Ranaana (Israele) ha suggerito di lasciare i pacifisti a Gaza sino a quando non otterranno la liberazione del soldato Ghilad Shalit, Marlene da Filadelfia ed altri hanno accusato il governo Olmert di non avere «spina dorsale», infine Guido da Milano ha proposto uno strip alla anziana suora Montgomery in modo che possa avere «un momento di gloria laica». I 44 pacifisti, che si sono tenuti a distanza da Hamas - il premier del movimento islamico, Ismail Haniyeh, ha comunque salutato con favore l'iniziativa -, dovrebbero rimanere a Gaza per qualche giorno. Israele intanto ha fatto sapere che fermerà le due navi se a bordo verranno fatti salire anche palestinesi di Gaza (gravemente ammalati), secondo l'intenzione annunciata dagli organizzatori.
Sempre dal MANIFESTO l'intervento di Vittorio Arrigoni, tra i partecipanti all'inziativa. Arrigoni dà la misura del livello del distacco dalla realtà e dell'odio antisraeliano che hanno guidato i partecipanti all'iniziativa. Accusa Israele di realizzare un "totalitarismo mascherato da leggitima difesa" e un "lento genocidio". Parole che squalificano chi le scrive, e tolgono ogni dubbio (qualora vi fosse stato) sulla natura "umanitaria" dell'iniziativa. Nel viaggio della "Free Gaza" e della "Liberty" non vi è stato nulla di umanitario. Si è trattato di un'iniziativa propagandistica. Propaganda d'odio rivolta all'opinione pubblica occidentale, complementare a quella che a Gaza insegna ai bambini palestinesi a desiderare di massacrare i civili israeliani.
Ecco il testo:
A momenti si ribaltava la nave: abbiamo saltato e danzato di gioia, quando abbiamo sentito alla radio israeliana l'annuncio del governo: avevano deciso di lasciarci andare, la marina militare di Israele non avrebbe impedito il nostro passaggio. Ora siamo a 7 miglia dalla costa, ormai in vista di Gaza, coi nostri vascelli Liberty e Free Gaza. Non è stata impresa facile: eravamo salpati da Cipro contro ogni avaria, sabotaggio, minacce di morte e conseguenti defezioni dei capitani, contro condizioni marittime avverse. Ora sembra proprio che ce l'abbiamo fatta: abbiamo dimostrato che la storia viene fatta dalla gente comune, e che la pace è possibile. A Gaza ci attendono i rappresentati di una decina di Ong che ci hanno invitato. Oltre a questi, sappiamo che decine di migliaia di palestinesi sono pronti a festeggiare l'approdo delle prime barche internazionali sulle coste di questo territorio dal 1967. Navigando su acque internazionali, ed essendo invitati dai palestinesi, non abbiamo ritenuto doveroso informare Israele. Il nostro obiettivo è rompere l'assedio israeliano di Gaza, dimostrando tutta la nostra solidarietà alla popolazione palestinese. Importando a Gaza, insieme a qualche genere di prima necessità, anche noi stessi: insegnanti, medici, operatori umanitari e attivisti per i diritti umani. Desideriamo andare ad aiutare nelle scuole, negli ospedali, sulle ambulanze. Sebbene cittadini di 18 nazionalità diverse, ci sentiamo tutti appartenere a un medesimo emisfero del mondo, che ripudia la violenza che offende e opprime, quel totalitarismo mascherato da leggitima difesa che reclude in una prigione a cielo aperto un milione e mezzo di persone, come oggi è ridotta la popolazione di Gaza. Siamo stanchi dell'inerzia della comunità internazionale, è ora che qualcuno si muova per cercare di frenare questo lento genocidio di innocenti. Cercando di rompere l'assedio, vogliamo restituire ai palestinesi una parte della loro libertà negata. Israele non ha alcun diritto di ostacolarci, di impedire a persone pacifiche di raggiungere Gaza navigando in acque internazionali e palestinesi, soprattutto dal momento che Israele ha dichiarato che non c'è più occupazione in Gaza. Portiamo con noi delle reti: sbarcati, per prima cosa porteremo al largo a pescare con noi i pescatori palestinesi, oggi ridotti a bersagli galleggianti per i cecchini sulle navi da guerra israeliane. Sulla via del ritorno verso Cipro, vogliamo portare con noi tutti quei malati che necessitano di cure mediche urgenti e immediate. Avvistando le coste di Gaza, ci siamo avvicinati alla più grande prigione che sia mai stata edificata - dove i secondini, l'esercito israeliano che ne presidia i confini, impongono la fame come punizione collettiva ai civili, commettendo crimine contro l'umanità. Una occupazione che, come dice Jeff Helper, ebreo israeliano imbarcato con noi, rappresenta un atteggiamento all'opposto della vera essenza della religione, cultura e morale ebraica. Ad alcuni di noi capita che trilli il telefono. Numero occultato, e sono minacce di morte. «Ciao O., hai deciso come vuoi morire oggi?». Non solo i palestinesi imbarcati con noi, ma anche la famiglia di Luaren Booth, cognata di Tony Blair, è stata pesantemente minacciata. Per fugare ogni dubbio, abbiamo chiesto alle autorità portuali cipriote di ispezionare minuziosamente le nostre barche, per scongiurare possibili sabotaggi, e dimostrare che non trasportiamo armi o merce di contrabbando.