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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Giornale - Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
20.08.2008 Terrorismo jihadista all'offensiva
cronache e analisi

Testata:Il Giornale - Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Gian Micalessin - Guido Olimpio - la redazione
Titolo: «L'offensiva del terrore islamico - Il tridente talebano: Nato e civili sotto tiro - Perché l'Algeria delle stragi è l'incubatrice della nuova Al Qaeda»
Terrorismo islamista all'offensiva, in Afghanistan, Pakistan e in Algeria

Da Il GIORNALE del 20 agosto 2008, la cronaca di Gian Micalessin sulla strage di soldati francesi in Afghanistan

Li hanno massacrati nella stessa valle dove avevano ucciso il maresciallo italiano Giovanni Pezzullo. La valle di Uzbi, 60 chilometri ad est di Kabul nel distretto di Surubi, è destinata a venir ricordata negli annali francesi come la valle della morte. In dieci ore di durissimi combattimenti iniziati nella serata di lunedì e continuati fino a ieri mattina, le truppe francesi hanno lasciato sul terreno dieci morti ed evacuato una dozzina di feriti. I talebani, secondo fonti governative, avrebbero perso almeno 23 uomini.
L’ecatombe francese di Uzbi sembra solo uno dei capitoli di una più vasta offensiva dei talebani contro le forse della Nato e le truppe americane impegnate nell’ambito della missione Enduring freedom. Camp Salerno, nella provincia di Khost, considerato lo snodo strategico per tutti gli spostamenti nel sud-est delle truppe americane, ha subito una serie di attentati suicidi conclusisi, secondo fonti americane, con l’uccisione di almeno 15 kamikaze. Insomma, una raffica di bombe umane entrate in azione simultaneamente contro un singolo obiettivo. Più dei kamikaze a raffica preoccupa però la geometrica potenza di fuoco dispiegata dai talebani nel distretto di Surubi. I caduti e i feriti francesi appartengono al fior fiore dei reparti d’Oltralpe, come il Secondo reparto paracadutisti della Legione Straniera, l’Ottavo reggimento dei fanti di marina e il Reggimento de marche du Tchad.
I guerriglieri talebani, pur perdendo 23 uomini, sono riusciti insomma a mettere alle corde il meglio dello schieramento militare francese. A rendere il tutto più eclatante contribuisce la durata della battaglia: dodici ore di combattimenti con il quasi certo intervento dell’aviazione dovrebbero in teoria garantire una scontata supremazia tecnologica e militare alle forze della Nato. Ma nella valle di Uzbi non sembra essere andata così. Anzi, il protrarsi dei combattimenti, che a quanto si sa erano ieri sera ancora in corso, ha solamente aggravato le perdite francesi. Dunque i fanti di marina e i parà della Legione non sono soltanto caduti in un’imboscata, ma si sono ritrovati impantanati in una ben pianificata «zona della morte». In quella trappola i talebani hanno sfruttato al meglio la superiorità numerica e la conoscenza del territorio. Secondo alcune fonti militari della Nato l’attacco sarebbe iniziato con un’agguato a una pattuglia d’avanguardia seguita a distanza da alcuni mezzi blindati. L’intervento dei veicoli corazzati francesi, appoggiati da un deciso fuoco di mitragliatrici pesanti, non è però bastato a rompere l’accerchiamento. Gli insorti, sfruttando la conoscenza della valle, hanno continuato a bersagliare i mezzi francesi, bloccandone i movimenti a colpi di razzi anticarro.
Per trovare un’altra giornata così infausta per le truppe d’Oltralpe bisogna tornare al settembre 1983, quando una settantina di paracadutisti francesi acquartierati a Beirut vennero fatti a pezzi da un camion bomba di Hezbollah. Quella volta la strage di parà francesi e marine americani portò al ritiro della forza di pace dal Libano. Questa volta l’ecatombe francese rischia di avere serie ripercussioni per il morale di tutte le truppe Nato impiegate in Afghanistan.
Il periodo tra la fine d’agosto e settembre è storicamente il periodo delle grandi offensive afghane, quello in cui si giocano i destini del successivo inverno. Un colpo al cuore del contingente che ha da poco assunto il comando della zona di Kabul rischia di compromettere gli assetti strategici nella zona circostante la capitale.
Il contraccolpo è stato durissimo anche in Francia. Il presidente Nicolas Sarkozy non ci ha pensato un minuto di più, e, lasciando da parte il dossier Georgia, ha annunciato la partenza per Kabul in giornata per sostenere le sue truppe. «Dirò ai militari francesi - ha affermato - che il paese, duramente colpito, è al loro fianco, perchè la causa è giusta». La battaglia, ha spiegato, è quella contro il terrorismo, per la democrazia e la libertà».
La decisione di rafforzare di 700 soldati la presenza militare francese in Afghanistan portandola ai 3.000 di oggi - annunciata da Sarkozy nell’ aprile scorso - era stata duramente criticata dall’ opposizione di sinistra. I socialisti avevano anche presentato una «mozione di censura» contro il governo, fatto quasi insolito in un paese unito in politica estera. I socialisti hanno chiesto un dibattito in Parlamento ma ieri con il paese in lutto non c’ è stato spazio per la polemica Solo il leader dell’ estrema destra, Jean-Marie Le Pen, ha trotto il muro della solidarietà nazionale: «I nostri soldati - dice - non devono farsi ammazzare per lo zio Sam».

La cronaca sulla strage in Pakistan

In Pakistan, il primo giorno del dopo Musharraf è stato un giorno di violenze - un attentato in un ospedale ha ucciso 23 persone, militari e talebani si sono dati battaglia nelle aree tribali - e lotte politiche - la coalizione di governo infatti si è spaccata su numerose questioni d’attualità. A meno di 24 ore dalle dimissioni del presidente, si sono verificati violenti attacchi che hanno lasciato sul terreno decine di morti. Nel nord-ovest del Paese, almeno 23 persone sono state uccise nell’esplosione provocata da un attentatore suicida all’interno di un ospedale nel distretto di Dera Ismail Khan. E nella notte, poche ore dopo l’annuncio delle dimissioni di Musharraf, che rischiano di rendere ancora più fragile il quadro politico del Paese, al confine con l’Afghanistan si sono verificati scontri tra le forze governative e i militanti islamici filo-talebani.
Anche la zona in cui è avvenuto l’attentato all’ospedale, il distretto di Dera Ismail Khan, si trova vicino a zone tribali dove l’esercito pachistano combatte contro gli islamici radicali vicini ad Al Qaida e contro i talebani afgani. Dietro l’attentato di oggi si nascondono però le tensioni tra sunniti e sciiti locali. La strage si è infatti verificata mentre decine di sciiti protestavano davanti all’ospedale per la morte di un commerciante, un loro leader, vittima della violenza di un gruppo sunnita. Nelle ultime tre settimane, scrive la Bbc, almeno 15 persone sono rimaste uccise nel distretto di Dera Ismail Khan in lotte settarie. A Bajaur, roccaforte talebana, negli scontri avvenuti tra esercito e militanti filo-talebani sono morte 19 persone. La scorsa settimana, riferiscono fonti militari, sempre in questa zona sono stati uccisi 150 talebani e 13 soldati. I temi della sicurezza e della lotta ai fondamentalisti saranno tra i nodi cruciali da sciogliere per chiunque assumerà la guida del Paese.

Dal sito web del GIORNALE, le ultime notizie dall'Algeria:

Algeri - Due autobombe hanno fatto almeno 11 morti e 31 feriti in Algeria. Gli attentati, che seguono quelli di ieri in cui sono morte 43 persone, sono avvenuti a Buira. Lo ha riferito la radio algerina. Le esplosioni sono avvenute di fronte all’hotel Sophie e ai quartieri militari della città. Buira dista circa 120 chilometri da Algeri. Sono ancora una volta civili le vittime del doppio attacco compiuto questa mattina a Bouira, in Cabilia, est di Algeri. Secondo un comunicato del ministero dell’interno, diramato dall’Aps, due autobombe esplose alle 6 nel centro della cittadina hanno fatto 11 morti, tutti civili, e 31 feriti, 27 civili e 4 militari. La prima deflagrazione ha distrutto un edificio militare ferendo i quattro militari. C’è ancora confusione sul luogo del secondo attacco: mentre l’agenzia ufficiale Aps riferisce di un’esplosione avvenuta vicino al comune di Buira, la radio nazionale parla dell’Hotel Sophie. Il doppio attentato arriva 24 ore dopo la strage compiuta a Issers, sempre in Cabilia, dove un kamikaze si è scagliato contro un’accademia della gendarmeria provocando la morte di 43 persone, tra cui 42 civili in gran parte giovani tra i 18 e i 25 anni. Molti universitari erano in fila davanti all’ingresso dell’edifico per partecipare ad un concorso d’ammissione al corpo militare. Nessuno degli attentati è ancora stato rivendicato.

L'analisi di Guido Olimpio sull'offensiva talebana, dal CORRIERE della SERA :

 È il tridente dei neotalebani. Con la prima punta minacciano le vie di rifornimento dell'Isaf. Con la seconda mettono sotto tiro le basi dell'alleanza. Con l'ultima portano il terrore in Afghanistan e in Pakistan. I militanti lo avevano promesso quasi un anno fa. Strangoleremo Kabul e useremo nuove tattiche, era stata la minaccia del mullah Brador. E i talebani si sono presi tutto il tempo necessario, anche perché non sono una realtà omogenea, ma risentono di rivalità e interessi locali. Per mesi hanno reclutato forze fresche (9 euro al giorno al «soldato», premio di 120 al kamikaze), hanno cementato le relazioni con gli insorti che operano nell'area tribale del Pakistan, hanno trovato aiuto in molti 007 del-l'Isi (l'intelligence di Islamabad).
Gli insorti hanno iniziato a sabotare le linee di rifornimento che dal porto di Karachi (Pakistan) raggiungono l'Afghanistan. Due le rotte: la prima attraversa Torkham nella famosa Kyber Agency e termina a Kabul; la seconda tocca Chaman e si chiude a Kandahar. Un percorso che può essere coperto in 7-8 giorni a patto di non incontrare agguati. Inquieti, gli americani hanno chiesto in passato ai russi il permesso di far affluire rifornimenti da nord, ma si tratta comunque di quantità modeste. E nel tentativo di dare maggiori garanzie ai convogli di camion, Washington si è comprata la «fedeltà» (incerta) di alcuni capi clan. Ma ciò non è bastato a tenere lontani i talebani, che hanno colpito mettendo in campo anche formazioni robuste. In un caso, quasi quaranta Tir sono stati ridotti in rottami fumanti. Un recente rapporto ha sottolineato come la provincia di Wardak, ad appena 45 minuti da Kabul, sia sotto il controllo ribelle.
I filo-qaedisti hanno poi adottato lo schema iracheno piazzando mine, cariche esplosive e ordigni improvvisati sulla poche strade usate dalle pattuglie Nato. In alcuni casi — come in quello costato la vita ai soldati francesi— hanno creato micidiali «trappole di fuoco»: i mezzi alleati sono attaccati con la detonazione di ordigni sistemati ai lati e quindi investiti da tiri di mortaio e lanciagranate.
Dimostrando grande agilità operativa, i ribelli sono andati all'offensiva in piccoli gruppi — difficili da individuare con la ricognizione aerea — oppure con contingenti composti da centinaia di militanti. Uno di questi nuclei è quasi riuscito, in luglio, a entrare nell'avamposto di Wanat uccidendo 9 soldati americani. I talebani, di nuovo, si sono mostrati risoluti e sfuggenti. Questo perché i capi sono «i giovani leoni» che hanno preso il posto di molti veterani e agiscono in coordinamento con il network di Sirajuddin Haqqani. Negli assalti contro basi, i talebani non hanno esitato a impiegare «la falange kamikaze»: diversi uomini-bomba che fanno da ariete per spezzare la difesa di un convoglio o di una installazione. È quanto è avvenuto, nelle ultime 48 ore, nel-l'attacco a Camp Salerno, vicino a Khost. Tra i trenta assalitori non erano pochi coloro che indossavano cinture esplosive. E, stando alle ricostruzioni, tra i 3 e i 6 le hanno attivate.
Le «unità scelte» degli insorti, infine, si sono dedicate al terrore puro nelle campagne — per impedire che i civili collaborino con le autorità — come nelle città. Decapitano le presunte spie, distruggono le infrastrutture, danno la caccia ai gruppi di ricostruzione nell'intento di ostacolare il pur minimo segnale di normalizzazione. Una strategia ripetuta dai militanti pachistani. L'ultima strage ieri a Dera Ismail (Pakistan) con 27 civili dilaniati da un kamikaze davanti ad un ospedale. Una prova del filo rosso che lega i due fronti.

Dal FOGLIO , un'analisi sull'Algeria

Algeri. “Un carnaio orrendo”. Così un testimone scampato alla strage descrive la scena dell’ultimo attentato di al Qaida in Algeria. Le quarantatre vittime della carneficina di ieri, in maggioranza giovani universitari, erano in fila davanti a una caserma di Issers per partecipare a un concorso della Gendarmerie Nationale. Un’automobile carica di esplosivo, guidata da un kamikaze, si è scagliata sulla fila ed è esplosa, creando un cratere di molti metri di diametro. Il testimone anonimo, ascoltato da France Presse, descrive così la scena: “Un orrore. Ero a bordo dell’autobus Orano- Tizi Ouzou e sono stato colpito da una scossa tremenda. Sulle prime ho pensato a un incidente ma subito dopo l’esplosione e la fiamma enorme mi hanno fatto capire che era un attentato. Tutto era avvolto in una coltre di fumo nero. Mi sono buttato dal finestrino e sono caduto su un cadavere schiacciato al suolo. C’erano cadaveri ovunque e qua e là brandelli di carne umana dell’attentatore. Feriti che si contorcevano dal dolore e correvano alla ricerca di soccorso. Sono un miracolato”. Fra le vittime ci sono i familiari di un politico algerino che era andato a comprarsi le sigarette e aveva lasciato il padre, la madre e un fratello a tenere il posto nella fila. E’ il quarto attentato suicida compiuto in meno di un mese in Cabilia. Il 10 agosto otto civili sono morti in un attacco kamikaze contro una caserma, a Zemmouri El Bahri. Il 3 agosto, 25 persone sono rimaste ferite a Tizi Ouzou, il capoluogo della regione berbera; il 23 luglio un kamikaze a bordo di una moto si è fatto esplodere al passaggio di un convoglio dell’esercito a Lakdaria, settanta chilometri ad est di Algeri, ferendo tredici militari. Gli ultimi due attentati sono stati rivendicati da al Qaida per il Maghreb islamico (l’ex Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento). L’attentato di ieri, per le sue dimensioni e per la scelta dell’obiettivo, dimostra che è ormai pienamente riuscito l’inserimento del gruppo qaidista nelle tensioni etniche sempre più forti che l’assolutismo centralizzatore del regime di Algeri ha scatenato in Cabilia. I cabili non sono arabi ma berberi, popolazioni autoctone preesistenti all’invasione araba del Seicento dopo Cristo che hanno saputo mantenere una forte omogeneità etnica, tanto che nella regione si parla – come in alcune zone del Marocco e della Tunisia – la loro lingua millenaria, il Tamazight. Il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, nel corso della campagna elettorale di due anni fa, aveva promesso ai cabili – scesi in piazza per anni per rivendicare forme di autonomia – anche la libertà d’insegnare la loro lingua nelle scuole. Promessa totalmente disattesa, assieme a quella di autonomia amministrativa e di riforma del codice di famiglia. Proprio l’assenza di politiche riformiste e la rigidità assolutista di un regime sostanzialmente controllato dai servizi segreti – continue sono le proteste dei media francesi per lo stato di vessazione cui è sottoposta la stampa algerina d’opposizione – hanno fatto fallire il progetto di “grande riconciliazione nazionale”, lanciato da Bouteflika tre anni fa con la proposta di amnistia per i terroristi. Hanno, al tempo stesso, offerto ad al Qaida un fertile terreno d’intervento. Nuovi militanti terroristi provenienti dall’Afghanistan – dotati di molte armi e di molti fondi –, hanno riunito negli ultimi tre anni vari gruppi algerini, mauritani, ciadiani e marocchini in un unico complesso terrorista che ha modificato tattiche e strategie dei gruppi sopravvissuti alla guerra civile algerina, che tra il 1992 e il 1998 aveva fatto 150mila vittime. Alle piccole, ma continue, scaramucce d’usura contro i militari nelle zone periferiche, al Qaida ha sostituito una mezza dozzina di grandi attacchi l’anno, come quello che ha colpito, l’11 aprile 2007, il palazzo del governo ad Algeri (causando 30 morti), quello contro la caserma della Guardia costiera a Dellys dell’8 settembre 2007, quelli contro la sede delle Nazioni Unite e del Consiglio costituzionale ad Algeri dell’11 dicembre 2007 e ieri quello di Isser

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