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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera - Il Foglio Rassegna Stampa
17.08.2008 Accuse a Israele per coprire il totale fallimento di Unifil 2
che non solo non ha disarmato Hezbollah, ma ha assistito inerte al suo riarmo

Testata:Corriere della Sera - Il Foglio
Autore: Davide Frattini - la redazione
Titolo: «Missione in Libano Israele contro Graziano - Hezbollah è cinque volte più potente, ma per Unifil “E’ tutto ok”»
Le incredibili dichiarazioni del generale Graziano, nella cronaca di Davide Frattini, dal CORRIERE della SERA del 17 agosto 2008:

GERUSALEMME — «Nessuno va in giro armato nell'area che controlliamo. Tranne noi, l'esercito libanese e qualche cacciatore ». Il generale Claudio Graziano, capo delle forze Unifil, e il governo israeliano sono d'accordo solo su un punto: la risoluzione 1701 viene violata. Il comandante accusa i sorvoli dei jet dello Stato ebraico («un'infrazione continua della tregua»), lo Stato Maggiore ed Ehud Barak, ministro della Difesa, denunciano i traffici di armi da parte degli Hezbollah. «La risoluzione— ha detto Barak — è un fallimento. Il movimento sciita ha accumulato un arsenale superiore a quello che aveva prima della guerra e continua a costruire bunker nelle sud del Libano».
Le zone a sud del fiume Litani sono quelle dove invece Graziano assicura girino «solo cacciatori». Il generale ha ammesso di non poter garantire che «l'area sia impenetrabile, ma non ci sono prove di contrabbando di armamenti e non c'è movimento di miliziani ». Graziano ha denunciato il controllo israeliano sul villaggio di Ghajar come «occupazione permanente » e ha criticato il rifiuto da parte dei militari di fornire le mappe delle zone bersagliate con le bombe a grappolo, durante i trentaquattro giorni di conflitto, due anni fa. Il comandante delle truppe Onu ha spiegato — in una conferenza stampa a New York — che l'Hezbollah coopera con i suoi militari e che l'organizzazione filoiraniana rispetta la risoluzione.
L'ambasciatore Dan Carmon, capo della delegazione israeliana alle Nazioni Unite, ha incontrato il generale italiano per ribadire la posizione del governo di Ehud Olmert. «Il rapporto di Graziano — spiega una fonte al sito Ynet — è fazioso e ignora le violazioni strategiche di Hezbollah». L'intelligence israeliana teme che il movimento fondamentalista attacchi i jet che sorvolano il Libano con sistemi antiaerei ottenuti dalla Siria e dall'Iran. Israele considera i voli di ricognizione oltreconfine necessari per monitorare le attività di Hezbollah.
La risoluzione 1701, che ha posto fine alla guerra dell'estate 2006, è diventata per gli israeliani anche una disputa di politica interna. Barak accusa Tzipi Livni, ministro degli Esteri e in corsa per la guida del partito Kadima, di aver negoziato un cessate il fuoco e un accordo che stanno danneggiando la sicurezza del Paese.

L'analisi del FOGLIO

Beirut. Unifil fa rapporto sulla situazione in Libano e quello che viene fuori è: l’organizzazione paramilitare Hezbollah è ferma e dopo la guerra del 2006 – più di quattromila razzi sparati contro Israele – non avrebbe più tentato di riarmarsi; le uniche violazioni alla pace bucolica a sud del fiume Litani sarebbero invece i voli radenti degli aerei israeliani. Il generale Claudio Graziano, capo delle forze Unifil, ha fornito una versione a senso unico: l’invasione dello spazio aereo libanese da parte dei jet dell’esercito di Israele e il rifiuto di rendere pubbliche le mappe delle aree dove Israele avrebbe lanciato bombe a grappolo durante la guerra con il Libano costituiscono una “violazione permanente della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite”. Ma nella conferenza stampa di giovedì al Palazzo di vetro, Graziano ha aggiunto che il partito sciita di Hezbollah rispetta le condizioni della risoluzione e pratica una “eccellente cooperazione con le forze Unifil”. Al di sotto del fiume Litani: soltanto “cacciatori locali e uomini dell’esercito regolare libanese”. L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Dan Carmon, ha incontrato venerdì il generale Graziano, e ha espresso la sua preoccupazione per le violazioni della risoluzione da parte di Hezbollah negate dal comandante Unifil. Incalzato dalle domande dei cronisti sul contrabbando di armi dalla Siria destinate alle milizie di Hezbollah, Graziano ha detto che “non c’è nessuna prova evidente che avvenga un passaggio di armi al confine, anche se non possiamo garantire che l’area sotto la nostra giurisdizione sia impenetrabile”. Versione contestata da Carmon, che si augura che le forze Unifil riferiscano al segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon, del traffico di armi tra Siria e Libano. Le stesse Nazioni Unite che hanno ascoltato Graziano hanno già condannato il governo di Beirut per aver lasciato passare impunemente convogli di armi provenienti dall’Iran e destinati a rifornire il micidiale arsenale di Hezbollah, per esempio nel febbraio del 2007, con voti ufficiali. “Ma ammettere un traffico di armi vorrebbe dire ammettere il fallimento delle forze dell’Onu nel far rispettare la risoluzione 1701”, dice Carmon. Intanto Hezbollah prepara meticolosamente il secondo tempo della guerra dell’estate del 2006: accumula razzi a lunga gittata, mine e missili controcarro, e riempie i magazzini occultati sotto bersagli civili scuole, ambulatori, centri civici – per ostacolare i raid aerei. In realtà il compito di Unifil sarebbe ancora più ambizioso del mantenimento dello status quo, non ottenuto. Il disarmo completo delle milizie sciite di Hezbollah era tra gli obiettivi della risoluzione 1701, approvata nell’agosto del 2006 dopo i trentaquattro giorni di scontri. E’ successo il contrario. Per Thomas Smith Jr. , analista e defence correspondent di Usa Today, la “potenza politica di Hezbollah rende possibile al gruppo terrorista l’addestramento di milizie private e la costruzione di un potente sistema parallelo di telecomunicazioni”. E’ lo stesso sistema che in maggio ha innescato l’azione di forza dei miliziani di Hezbollah, che si rifiutavano di smantellare le strutture di comunicazione parallela – garantiscono continuità di trasmissione in caso di guerra – come richiesto dal governo libanese. Nei mesi successivi i giornali arabi hanno parlato di un numero crescente di esercitazioni paramilitari di Hezbollah. Esplorazioni, operazioni in mare, esercitazioni notturne. La maggior parte dei movimenti avvengono in modo provocatorio al confine. Già pochi mesi dopo la risoluzione 1701, l’esercito israeliano guardava con preoccupazione al riarmo di Hezbollah. Nel novembre 2006 il generale israeliano Gad Eisenkott, parlava di “controllo serrato del riarmo di Hezbollah: i peacekeepers delle Nazioni Unite e l’esercito libanese non impediscono il contrabbando di armi dalla Siria. Razzi Fajr-3 e Fajr-5, quelli usati per colpire i bersagli israeliani”. Ora, sostiene il direttore del Terrorism project for the foundation for the defense of democracies, Walid Phares, le milizie di Hezbollah sono “cinque volte più forti rispetto al giugno del 2006, quando scoppiò il conflitto con Israele”. In occasione del secondo anniversario dell’armistizio con Israele (tre giorni fa), il leader del Partito di Dio, Hassan Nasrallah, non ha tralasciato in televisione un accenno allo stato del riarmo: “Nessuno si può aspettare che io dica pubblicamente se abbiamo nuove armi oppure no. Il segreto è parte della forza di Hezbollah; è parte della battaglia di resistenza contro il nemico israeliano”. Il ministro degli Esteri di Israele, Ehud Barak, durante una visita alle truppe sulle alture del Golan ha risposto: “Non ci stiamo esercitando qui per caso”.

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