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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.07.2008 Il terrorismo colpisce una Turchia resa fragile dallo scontro tra laici e islamisti
l'analisi di Antonio Ferrari

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 luglio 2008
Pagina: 32
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «La fragile Turchia»
Dal CORRIERE della SERA del 29 luglio 2008:

Hanno pienamente ragione alcuni esperti Usa quando sostengono che la Turchia è un Paese imperscrutabile. La sua democrazia si rafforza, mentre le istituzioni, quasi inseguendo un effetto compensativo, si indeboliscono. La strage dell'altra notte, dopo l'attentato terroristico contro il consolato Usa di Istanbul, al di là della volontà degli esecutori — siano essi o no separatisti curdi — pare infatti conseguenza di una sorda lotta tra apparati dello Stato: laici contro islamici, giustizia contro partiti, riformisti contro conservatori, legalità contro sottobosco di interessi assai poco trasparenti.
Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, che non è mai stato così forte e così rappresentativo della volontà popolare, in realtà è un leader fragilissimo: può essere spazzato via in un attimo assieme al suo partito. La corte costituzionale, riunita da ieri mattina, potrebbe emettere una sentenza di decapitazione politica, ritenendo l'Akp e i suoi capi una pericolosa centrale eversiva, con l'obiettivo di sovvertire i principi secolari della repubblica per introdurre la legge del Corano.
Il tremebondo governo, pur essendo legittimato dal trionfo elettorale di un anno fa (quasi la metà dei voti e quasi due terzi dei seggi), è ridotto a gestire l'ordinaria amministrazione, perché a rischio di cancellazione. Assieme a Erdogan, temono il «confino politico» per 5 anni 70 personalità del blocco islamico moderato.
Le forze armate, potentissime custodi del laicismo voluto dal fondatore Ataturk, impegnate contro i separatisti curdi del Pkk, devono eleggere tra qualche giorno il nuovo capo di stato maggiore. Si sa il suo nome, Ilker Bashbou, se ne conosce il pedigree militare e caratteriale, assai simile a quello del duro predecessore Yasar Buyukanit. Ma nessuno sa se Bashbou potrà essere formalmente investito, perché la firma del provvedimento deve essere quella del premier. Il quale, in teoria, potrebbe non esserlo più quando si riunirà, per decidere, il consiglio di sicurezza nazionale.
La polizia ha avviato da settimane una ruvida retata contro ex generali, colonnelli, industriali, uomini d'affari e noti editorialisti laici sospettati di aver creato le premesse per un colpo di Stato. Ma l'opposizione accusa la maggioranza di aver pilotato gli investigatori per colpire settori secolari della società turca. Il giornale «di sinistra»
Cumhuriyet è arrivato a scrivere che c'è sì il rischio di un colpo di Stato, ma contro la magistratura.
L'economia dopo aver segnato il passo per qualche tempo è tornata a brillare: si riaffacciano copiosi investimenti stranieri e si intrecciano nuovi accordi commerciali. Segno che il mondo degli affari non crede al tramonto dell'esecutivo Akp, che da anni garantisce stabilità. Anche in politica estera la Turchia, che continua a puntare sull'ingresso nell'Ue, confortata dal crescente favore dell'opinione pubblica dopo una lunga stagione di disamoramento, si muove con perizia. La soddisfazione con cui Erdogan ha accolto l'annuncio dell'avvio di negoziati fra le due parti di Cipro il 3 settembre ne è dimostrazione.
Eppure tutto potrebbe crollare, come un castello di carte.
Nel momento del dolore per l'ultima strage, il primo ministro lancia un vigoroso appello all'unità nazionale.
Rivolto alla gente, ma soprattutto ai giudici della suprema corte, ai quali spetta ora la responsabilità più grande.

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