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Chi sta affamando davvero Gaza 06/06/2025

Chi sta affamando davvero Gaza
Video di Naftali Bennett a cura di Giorgio Pavoncello

Chi sta affamando Gaza? Gli aiuti alimentari da Israele alla popolazione della Striscia sono aumentati ormai del 40% rispetto al periodo pre-bellico. Eppure continuiamo a vedere scene di persone affamate che si accalcano per accaparrarsi il cibo. La realtà è che Hamas usa gli aiuti alimentari come strumento per assoggettare la popolazione. Un video dell'ex premier Naftali Bennett (tradotto con intelligenza artificiale) pieno di dati e prove, ve lo dimostra.



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.07.2008 Il terrorismo colpisce una Turchia resa fragile dallo scontro tra laici e islamisti
l'analisi di Antonio Ferrari

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 luglio 2008
Pagina: 32
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: «La fragile Turchia»
Dal CORRIERE della SERA del 29 luglio 2008:

Hanno pienamente ragione alcuni esperti Usa quando sostengono che la Turchia è un Paese imperscrutabile. La sua democrazia si rafforza, mentre le istituzioni, quasi inseguendo un effetto compensativo, si indeboliscono. La strage dell'altra notte, dopo l'attentato terroristico contro il consolato Usa di Istanbul, al di là della volontà degli esecutori — siano essi o no separatisti curdi — pare infatti conseguenza di una sorda lotta tra apparati dello Stato: laici contro islamici, giustizia contro partiti, riformisti contro conservatori, legalità contro sottobosco di interessi assai poco trasparenti.
Il primo ministro Recep Tayyip Erdogan, che non è mai stato così forte e così rappresentativo della volontà popolare, in realtà è un leader fragilissimo: può essere spazzato via in un attimo assieme al suo partito. La corte costituzionale, riunita da ieri mattina, potrebbe emettere una sentenza di decapitazione politica, ritenendo l'Akp e i suoi capi una pericolosa centrale eversiva, con l'obiettivo di sovvertire i principi secolari della repubblica per introdurre la legge del Corano.
Il tremebondo governo, pur essendo legittimato dal trionfo elettorale di un anno fa (quasi la metà dei voti e quasi due terzi dei seggi), è ridotto a gestire l'ordinaria amministrazione, perché a rischio di cancellazione. Assieme a Erdogan, temono il «confino politico» per 5 anni 70 personalità del blocco islamico moderato.
Le forze armate, potentissime custodi del laicismo voluto dal fondatore Ataturk, impegnate contro i separatisti curdi del Pkk, devono eleggere tra qualche giorno il nuovo capo di stato maggiore. Si sa il suo nome, Ilker Bashbou, se ne conosce il pedigree militare e caratteriale, assai simile a quello del duro predecessore Yasar Buyukanit. Ma nessuno sa se Bashbou potrà essere formalmente investito, perché la firma del provvedimento deve essere quella del premier. Il quale, in teoria, potrebbe non esserlo più quando si riunirà, per decidere, il consiglio di sicurezza nazionale.
La polizia ha avviato da settimane una ruvida retata contro ex generali, colonnelli, industriali, uomini d'affari e noti editorialisti laici sospettati di aver creato le premesse per un colpo di Stato. Ma l'opposizione accusa la maggioranza di aver pilotato gli investigatori per colpire settori secolari della società turca. Il giornale «di sinistra»
Cumhuriyet è arrivato a scrivere che c'è sì il rischio di un colpo di Stato, ma contro la magistratura.
L'economia dopo aver segnato il passo per qualche tempo è tornata a brillare: si riaffacciano copiosi investimenti stranieri e si intrecciano nuovi accordi commerciali. Segno che il mondo degli affari non crede al tramonto dell'esecutivo Akp, che da anni garantisce stabilità. Anche in politica estera la Turchia, che continua a puntare sull'ingresso nell'Ue, confortata dal crescente favore dell'opinione pubblica dopo una lunga stagione di disamoramento, si muove con perizia. La soddisfazione con cui Erdogan ha accolto l'annuncio dell'avvio di negoziati fra le due parti di Cipro il 3 settembre ne è dimostrazione.
Eppure tutto potrebbe crollare, come un castello di carte.
Nel momento del dolore per l'ultima strage, il primo ministro lancia un vigoroso appello all'unità nazionale.
Rivolto alla gente, ma soprattutto ai giudici della suprema corte, ai quali spetta ora la responsabilità più grande.

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