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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio - La Stampa Rassegna Stampa
20.07.2008 Scenari internazionali, Obama a Kabul e vertice a Ginevra
Commenti e analisi

Testata:Il Foglio - La Stampa
Autore: La redazione- Maurizio Molinari
Titolo: «L'urna di kabul-L'uranio di Teheran - Stretta di mano segreta tra Usa e Iran»

Dal FOGLIO di oggi, 20/07/2008, a pag. 1, due brevi sul viaggio di Barack Obama in Afghanistan e sul vertice di Ginevra. Segue, dalla STAMPA, a pag.6, il commento di Maurizio Molinari sempre sul vertice svizzero.

IL FOGLIO -  " L'urna di Kabul " - Obama cerca in Afghanistan lo slogan che può fargli  conquistare la Casa Bianca.

Washington. Giovedì, tra misure di sicurezza estreme e un piano di viaggio segreto, Obama ha lasciato Chicago alla volta di Jalalabad, in Afghanistan, accompagnato da uno staff in versione light. Con lui ci sono gli uomini dei servizi segreti, la portavoce Linda Douglass e due possibili candidati alla vicepresidenza nel ticket democratico per la Casa Bianca: Chuck Hagel e Jack Reed. “Voglio capire la situazione – ha detto ieri Obama prima di prendere il volo per il medio oriente – Voglio parlare con le persone a capo della catena di comando. Intendo confrontarmi con le loro preoccupazioni, voglio ringraziare le nostre truppe per il loro eroico lavoro”. Il peso mediatico e la valenza elettorale del tour di Obama sono cresciuti a dismisura. Dopo aver passato le ultime settimane a chiarire il proprio programma di politica estera, ora Obama è in cerca della grande suggestione da trasmettere all’America che lo segue da lontano – e forse di qualche nuovo formidabile slogan che potrebbe essere lanciato dai palchi di Berlino o Parigi, prossime tappe del suo tour, dove sono passati gli americani che hanno fatto la storia. Questo viaggio gli offre la possibilità d’impressionare nuovamente l’elettorato americano. La legittimazione in campo internazionale potrebbe far salire ancora il vantaggio sul candidato repubblicano, John Mc- Cain. Secondo gli ultimi sondaggi, il senatore nero sarebbe avanti di sette punti percentuali rispetto al rivale.

IL FOGLIO - " L'uranio di Teheran " - Al vertice di Ginevra l'Iran riesce a parlare di tutto fuorchè del proprio piano nucleare.

Ginevra. Non abbiamo ricevuto una risposta chiara alla richiesta di sospensione dell’arricchimento dell’uranio. Né un sì né un no. Spero di ricevere una risposta a questa e ad altre questioni entro due settimane”. Così l’alto rappresentante per la Politica estera europea, Javier Solana, al termine dell’incontro di ieri con i negoziatori inviati da Teheran per discutere il dossier nucleare iraniano. In realtà il più netto e intransigente “no” – anticipato nei giorni scorsi dall’unico titolare iraniano della trattativa, l’ayatollah Khamenei – è stato ribadito anche a Ginevra con nettezza. Non a porte chiuse, bensì all’esterno, durante la conferenza stampa del capo della delegazione iraniana, Saiid Jalili, che ha dichiarato che l’Iran non intende discutere l’eventuale stop al processo di arricchimento dell’uranio. Né oggi né durante trattative future. Al vertice ha partecipato anche un diplomatico americano, il sottosegretario William Burns. “L’Iran deve scegliere: negoziati o ulteriore isolamento”, ha detto il portavoce del dipartimento di stato americano, John McCormack. La Repubblica islamica prosegue invece con la propria tattica dilatoria, l’unico ostacolo è quello delle sanzioni internazionali. Ma i risultati ottenuti non sono sempre positivi. Come nel caso della Banca Melli, che ha chiuso i depositi in occidente prima che fossero congelati: ora l’Iran opera di nuovo secondo linee di credito occulte a Dubai e in altre piazze asiatiche.

LA STAMPA - Maurizio Molinari - " Stretta di mano segreta tra Stati Uniti e Iran ", un titolo però che esprime però più il pensiero del redattore al desk esteri del quotidiano torinese che non il contenuto dell'articolo. Avremmo scelto, sempre dal pezzo di Molinari, " Fumata nera ", molto più consono al risultato.

Un tavolo ovale, sorrisi formali, acqua minerale a volontà e un’unica stretta di mano, che però nessuno ha visto. L’incontro a più alto livello fra Iran e Stati Uniti negli ultimi 29 anni inizia alle 11 del mattino a Ginevra quando William Burns, numero tre del Dipartimento di Stato, entra nella stessa sala «Alabama» dell’Hotel de la Ville dove nel 1864 fu redatta la prima stesura della Convenzione sui diritti in tempo di guerra. Completo grigio e cravatta scura, Burns entra dietro l’inviato Javier Solana, capo negoziatore della comunità internazionale, e si siede due sedie alla sua destra attorno al tavolo ovale concordato fra le parti per impedire qualsiasi gerarchia. Intorno al tavolo sono in dieci, di fronte a Solana c’è l’inviato di Teheran Saeed Jalili, vestito all’iraniana, e davanti a ognuno c’è una bottiglietta di acqua minerale. Solana e Jalili berranno, Burns non la toccherà neanche.
Inizia Solana, esponendo il «generoso pacchetto di incentivi». Burns e Jalili ascoltano, si guardano di sfuggita. Sanno tutto l’uno dell’altro pur non essendosi mai incontrati. L’iraniano sa di avere davanti l’uomo che nel 2003 ha convinto Gheddafi a rinunciare al nucleare parlandogli nell’arabo imparato ad Amman, reduce dalle tensioni vissute a Mosca nel 2007 con Vladimir Putin sullo scudo antimissile, segno zodiacale Ariete, padre di due figlie avute da Lisa, una diplomatica stakanovista. Per l’americano ciò che conta di Jalili non è tanto il fatto che sia un amico di gioventù di Mahmud Ahmadinejad, quanto che alla sua testa si deve gran parte della lettera che il Presidente iraniano spedì nel 2005 a Bush chiedendogli di convertirsi all’Islam.
Quando Solana termina la presentazione degli incentivi economici e offre la formula metodologica del breve e contemporaneo congelamento di sanzioni Onu e arricchimento dell’uranio iraniano, Burns fa il primo intervento. Sono poche parole. «Sosteniamo pienamente la posizione dell’Onu». Jalili lo guarda, sorride compiaciuto ma la replica è per Solana, al quale dice che tocca alla comunità internazionale esprimersi piuttosto su una proposta iraniana. Nella mezz’ora che segue Burns prende la parola per altre due volte, quasi a monosillabi: «Siamo per una soluzione negoziata», «Siamo impegnati per arrivare a un accordo». Occhi fissi su Jalili, termini studiati a memoria, labbra quasi serrate, Burns recita un ruolo limitato: sottolineare che l’America è al tavolo del negoziato e fa sul serio. L’inviato Ue conta sui brevi interventi di Burns per rompere il ghiaccio con Jalili.
Quando alle 13 la riunione si scioglie e Solana va a pranzo con Jalili nella saletta riservata di un ristorante poco lontano - gli altri, Burns incluso, mangiano nello stesso posto ma in un’altra sala - tenta di sfruttare il pasto per ottenere una pur minima risposta positiva all’offerta della comunità internazionale. Ma Jalili non arretra di un millimetro. Alle 15 si torna nella sala «Alabama», si tratta di decidere come concludere una riunione destinata a finire con una fumata nera. Il tentativo di Solana di giocare la carta Burns per ottenere un’apertura iraniana è fallito. L’inviato di Condoleezza Rice riesce a rispondere ai sorrisi d’occasione che vengono da Jalili, ma non si va oltre. Il gelo resta. Teheran non ha alcuna intenzione di sospendere, neanche per qualche settimana, l’arricchimento dell’uranio. Per evitare il crack negoziale Solana propone di rivedersi fra due settimane. È un mossa da manuale della Guerra Fredda, serve per tenere in piedi un negoziato che non c’è. Preso atto che non si può fare di più, gli attori della non-trattativa si alzano dal tavolo ovale, Solana va incontro a Jalili per l’ultima stretta di mano prima di andare di fronte alle telecamere in attesa.
Di stretta di mano di Jalili ve n’è stata anche un’altra, con l’americano Burns, ma nessuno dei due la ammette o racconta. Ne parlano a tarda sera alcuni sherpa che hanno assistito alla seduta, assicurando che è stata l’unico momento da ricordare di una giornata che entrerà negli annali pur avendo avuto un esito assai modesto. All’uscita Keyvan Imami, braccio destro di Jalili, liquida così la presenza Burns: «Era solo uno dei loro delegati».

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