Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
"Compromesso", basta la parola e l'Iran diventa ragionevole conclusioni affrettate ispirate da un articolo Ali Akbar Velayati, consigliere dell'ayatollah Khamenei
Testata:La Repubblica - Il Messaggero Autore: Bernard Guetta - Ali Akbar Velayati - Eric Salerno Titolo: «Nucleare, la svolta di Teheran Khamenei»
La REPUBBLICA del 2 luglio 2008 pubblica un articolo di Ali Akbar Velayati, consigliere della guida suprema Khamenei, affidando a Bernard Guetta una sorta di introduzione, che formula un giudizio molto ottimistico: l'articolo di Velayati riaprirebbe gli spazi per un compromesso tra Iran e comunità internazionale.
Ecco il testo di Guetta
L´Iran recupera l´uso del termine "compromesso", che da tre anni a questa parte era stato bandito dal suo vocabolario. «Per le preoccupazioni comuni all´Iran e agli altri Stati si potrà trovare un compromesso», scrive oggi su Repubblica in questa pagina una delle personalità più influenti della Repubblica islamica, Ali Akbar Velayati, il cui ruolo dà un peso decisivo a quest´apertura della teocrazia iraniana sul nucleare. Ministro degli Affari esteri per quasi diciassette anni, quest´uomo del regime è il consigliere diplomatico dell´ayatollah Khamenei, la Guida Suprema che troneggia al vertice delle istituzioni religiose che sovrastano le istituzioni della Repubblica. A Teheran non esiste autorità superiore all´ayatollah Khamenei e questo articolo del suo consigliere annuncia che d´ora in avanti sarà lui a gestire i negoziati sul nucleare, o, in altre parole, che solleva da questa responsabilità Mahmoud Ahmadinejad, presidente mistico che si compiace di rilasciare dichiarazioni esplosive. La formulazione non è stata così diretta. Il linguaggio politico iraniano, contorto e sempre caratterizzato da un´untuosità ecclesiastica, non permetterebbe una formulazione così esplicita, nondimeno il messaggio è chiaro. Primo punto, «la Guida Suprema non interviene se non in casi di estrema importanza», ma, «se si tratta di questioni strategiche fondamentali», è a lui che «la Costituzione conferisce la decisione ultima» e «in funzione di questo principio si può prevedere il corso della diplomazia» iraniana. L´unico interlocutore delle grandi potenze è ormai la Guida Suprema, che «basa le sue azioni», secondo punto, sulla «convinzione che la pace mondiale passa per il riconoscimento della sovranità degli Stati e il rispetto delle frontiere internazionali». Questo significa che, contrariamente a Mahmoud Ahmadinejad, l´ayatollah non intende "spazzar via Israele dalle carte geografiche" perché, scrive Ali Akbar Velayati, ritiene che «il destino politico delle principali popolazioni attualmente presenti in quella regione debba essere oggetto di elezioni democratiche il cui risultato sarà accettato e rispettato se tutti – musulmani, ebrei e cristiani – vi parteciperanno liberamente». In altri termini, se una votazione palestinese approvasse, un giorno, un accordo di pace concluso sulla base della coesistenza di due Stati, la Repubblica islamica vi si adeguerebbe e potrebbe quindi riconoscere Israele. È quello che diceva anche l´ex presidente riformista Mohammad Khatami. Ed è quello che non si sentiva più dire a Teheran dall´elezione dell´attuale presidente, nel giugno 2005. Dopo tre anni di retorica guerrafondaia, con questo articolo l´Iran cambia orientamento. Non vuole più distruggere uno Stato ma coltivare le virtù del "dialogo" e della "buona volontà", quel "senso di responsabilità" che la Guida, secondo quanto afferma il suo consigliere, avrebbe sempre dimostrato in "ciascuno dei suoi incontri" internazionali. Enunciato esplicitamente, questo voltafaccia avrebbe una ragione. L´Iran, spiega Ali Akbar Velayati, aspira a «consolidare in modo duraturo» – terzo punto – quel posto di «partner imprescindibile per la sicurezza della regione e del mondo» che George Bush gli ha effettivamente assicurato andando a mettere gli sciiti al potere a Bagdad. Questo regime non vuole più rischiare di perdere tutto con la guerra. Così come vuole "conservare la tecnologia e la disponibilità del nucleare civile", conclude Ali Akbar Velayati, allo stesso modo «si potrà trovare un compromesso» per il Trattato di non proliferazione che attribuisce all´Iran «dei diritti in contropartita per suoi impegni». Che cosa bisogna pensarne? I più pessimisti diranno che questo regime vuole solo prendere tempo, ostentare buona volontà per potersi munire della bomba prima che l´aviazione americana o quella israeliana distruggano i suoi impianti nucleari. È possibile, tuttavia colpisce il fatto che quell´articolo non faccia nessuna allusione alla sospensione delle operazioni di arricchimento dell´uranio, condizione che le grandi potenze collocano all´apertura dei negoziati e che l´Iran ha finora respinto. Le parole indisponenti non vengono più pronunciate. Si esprimono altre preoccupazioni. Cambiano le circostanze e diventa perfettamente concepibile che, a quattro mesi dalle presidenziali americane, l´Iran voglia mostrare un reale desiderio di veder riconosciuto dagli Stati Uniti il suo ruolo nella regione in cambio di garanzie sul nucleare – di offrire e tentare un colpo grosso. Tutto lo spingerebbe in questa direzione, in ogni caso: le manovre dell´esercito dell´aeronautica israeliana, l´impatto delle sanzioni internazionali sulla sua economia, il riaffiorare dei Taliban afgani, oggetto di dichiarata inquietudine a Teheran, e, soprattutto, i negoziati di pace che il suo alleato siriano ha riaperto con Israele. Ci sono ragioni molto concrete per credere a questa riapertura. Basterebbe qualche contatto per accertarne la veridicità. Quando una mano viene tesa, ad afferrarla non si perde nulla.
Ed ecco il testo di Velayati, pubblicato anche sul quotidiano francese LIBERATION:
Un interlocutore europeo mi ha recentemente chiesto chi governasse in Iran. La risposta è chiara. Se si tratta di questioni strategiche fondamentali, è alla Guida Suprema che la Costituzione, approvata con suffragio universale, attribuisce la decisione in ultima istanza. In funzione di questo principio, della pratica che ne è derivata e delle principali decisioni prese dall´Ayatollah Khamenei nel corso degli ultimi vent´anni si può giudicare il passato e prevedere il corso della nostra diplomazia. Malgrado la portata della sua autorità, la Guida Suprema (...) interviene soltanto in casi estremamente importanti, lasciando ai responsabili dello Stato il compito di regolare direttamente gli altri problemi. Sotto l´Imam Khomeini come sotto l´Ayatollah Khamenei, la diplomazia iraniana ha lavorato allo sviluppo dei rapporti con gli altri paesi (...). Ricevendo i dirigenti e i Capi di molti Stati e corrispondendo con essi, l´uno e l´altro hanno dato innegabili esempi della presenza cruciale della Guida nella diplomazia dell´Iran. In tutti questi anni, gli interventi della Guida Suprema si sono basati sulla convinzione che il mantenimento della pace mondiale passasse attraverso la sovranità degli Stati e il rispetto delle frontiere internazionali. Questa convinzione non deriva unicamente dalla carica di Guida Suprema ma è anche il risultato della personalità dell´ayatollah Khamenei, della sua fede profonda e della sua esperienza personale, al fianco dei nostri combattenti sui campi di battaglia contro l´invasione di Saddam Hussein. L´affermazione delle sue posizioni sulla questione palestinese e sui diritti delle popolazioni di quella regione deriva dunque dalla sua dedizione alla difesa degli oppressi e alla creazione di un mondo di pace privo di violenza. È convinto che il destino politico delle principali popolazioni attualmente presenti in quella regione debba essere oggetto di elezioni democratiche, il cui risultato sarà accettato e rispettato se tutti – musulmani, ebrei e cristiani – vi parteciperanno liberamente. In tutti i suoi colloqui (...) la Guida Suprema ha voluto condurre un dialogo fondato sul rispetto dei diritti dell´altro e sulla buona volontà. (...) In ciascuno dei suoi incontri ha affermato il senso di responsabilità dell´Iran davanti ai problemi del mondo e della regione. Il nostro paese si trova al centro di grandi crisi internazionali. (...) La vicinanza di Saddam Hussein o dei Taliban è stata difficile da gestire, così come è difficile gestire la presenza alle nostre frontiere di flotte o eserciti stranieri. All´epoca dell´invasione dell´Iran e poi del Kuwait da parte di Saddam Hussein, dell´occupazione del Kuwait, del crollo dell´Unione Sovietica, dell´occupazione del nord dell´Iraq da parte della Turchia, dei fatti dell´11 settembre, della guerra civile tagika, della guerra in Karabakh, dell´occupazione dei territori libanesi da parte dell´esercito israeliano, della guerra degli Stati Uniti contro i Taliban e contro Saddam Hussein, le minacce erano molteplici e non riguardavano soltanto l´Iran. Il nostro paese non doveva solo far fronte all´animosità e all´ostracismo dell´Occidente riguardo alla sua rivoluzione, alle pressioni economiche e alla necessità di occuparsi dello sviluppo della sua gioventù, ma anche al terrorismo e alla droga. (...) Durante quei 19 anni di crisi, l´attività della Guida Suprema, la sua personalità, il suo coraggio, la sua responsabilità e la sua capacità decisionale hanno consentito la consolidazione del ruolo regionale e internazionale dell´Iran. Ha saputo trasformare l´Iran in un partner imprescindibile per la sicurezza della regione e del mondo. Egli desidera che l´Iran continui a rivestire stabilmente questo ruolo. La Guida Suprema trae la forza necessaria a imprimere il suo orientamento al paese dal sostegno del popolo, e il sostegno e la partecipazione del popolo sono al centro delle preoccupazioni dell´Iran sulla sicurezza, ciò che lo distingue dai suoi vicini nuclearizzati. Per la Guida Suprema non è la potenza delle armi a garantire la sicurezza perché l´esperienza dei paesi più armati, e perfino di quelli che dispongono di armi nucleari, dimostra che gli armamenti non possono compensare un´assenza di legittimità politica e sociale. Di fronte alle sfide, il destino storico dell´Iran costringe la Guida Suprema ad agire, conformemente alle sue responsabilità. La tecnologia e il possesso del nucleare civile iraniano devono essere preservati per il futuro. Rappresentano una conquista per gli obbiettivi pacifici dell´Iran e un´eredità della generazione della rivoluzione. Questo imperativo si esprime nella partecipazione al Trattato di non proliferazione nucleare al quale l´Iran ha aderito e che gli dà dei diritti in compenso ai suoi impegni. Ecco perché si potrà trovare un compromesso sulle preoccupazioni comuni all´Iran e agli altri Stati. (traduzione di Elda Volterrani)
Osserviamo che Velayati non dice nulla sulla sostanza della questione. Nel suo articolo non c'è il minimo cenno a una disponbilità a sospendere l'arricchimento dell'uranio, che è quanto la comunità internazionale chiede a Teheran e quanto è necessario per avere la garanzie che il regime degli ayatollah non costruisca la bomba atomica. Forse l'uso della parola "compromesso" è un po' poco per dichiarare con certezza che un accordo è possibile.
Sul MESSAGGERO Eric Salerno sostiene che vi sarebbe una convergenza tra Velayati eil Dipartimento di Stato americano nell'opporsi al "crescendo di retorica nello scontro in atto" . Il Dipartimento di Stato avrebbe espresso questa opposizione definendo "irresponsabile e non basata su informazioni valide" l'affermazione di una fonte del Pentagono alla rete televisiva Abc, circa presunti piani di attacco israeliani contro gli impianti nucleari iraniani. Ma per Salerno è "ancora più importante" che Velayati abbia "usato parole ancora più severe nei confronti del governo di Teheran e, dunque, del presidente Ahmadinejad".
La tesi di Salerno è ovviamente tutta da dimostrare:quella del Dipartimento di Stato potrebbe essere soltanto una smentita, e le vere intenzioni del regime non sono ancora state verificate.
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